Il fascismo non è una catastrofe naturale, ma si sviluppa in base a delle condizioni storiche specifiche che possono variare a livello nazionale e regionale.
Pubblichiamo su Pressenza in tre parti questo interessante articolo. Ecco la prima parte di 3:
Il fascismo è qualcosa che può essere combattuto o invece promosso. In Germania abbiamo assistito dal 2020 fino ad oggi alla comparsa di diversi fenomeni, che elencheremo senza la pretesa di essere esaustivi: (neo-)fascismo, (neo-)nazismo, populismo di destra, xenofobia e discriminazione, razzismo, autoritarismo, patriottismo, nazionalismo, etnocentrismo, sciovinismo, predominio, estremismo di destra e radicalismo di destra (che non sono la stessa cosa). Tuttavia, non siamo qui per dare una definizione per ogni singolo concetto.Ci appare invece interessante notare cosa lega queste ideologie tra loro, poiché alla radice si basano tutte su tre elementi in comune: a) l’immaginario collettivo e le rappresentazioni sociali che vedono contrapporsi il “noi” al “loro”, b) la conseguente gerarchizzazione che legittima l’oppressione e, c) non da ultimo il potere, la violenza e il disprezzo, sfiorando perfino l’eliminazione fisica di determinati gruppi di individui.
Per quanto queste idee e affermazioni di destra possano apparire surreali e crude, le loro origini non vanno ricercate ai margini della società, bensì proprio al centro di essa. Spesso, per quanto assurdo possa sembrare, sono solo la risposta alle condizioni sociali che affliggono queste persone: sentimenti di impotenza, che si fondono con elementi deliranti e, nei movimenti di destra, con una forte brama di potere. Una combinazione sociale pericolosa che sta nascendo nel cuore di una società di stampo democratico-capitalista e che cresce ogni giorno che passa, alimentando così il fascismo.
Attaccare la dignità
La dignità umana deve essere calpestata, sfruttata e considerata un rischio per la sicurezza dello Stato.
La dignità umana è inviolabile, almeno così recita la legge fondamentale della Germania che illustra cosa sono i diritti, il diritto in sé e i diritti fondamentali. La legge è paziente, ma la sua violazione sembra avere gravi conseguenze solo quando ad essere nel torto è la parte sbagliata, e questa consapevolezza si sta facendo strada negli animi sempre più delusi delle persone che prendono le distanze dai bei discorsi domenicali: persone che si sentono umiliate, schiavizzate, molestate, imprigionate, espropriate dei loro mezzi di sussistenza e derubate nei modi più disparati.
Come disse nel 1894 il Premio Nobel per la letteratura, Anatole France, “La legge, nella sua maestosa uguaglianza, proibisce ai ricchi e ai poveri di dormire sotto i ponti, di chiedere l’elemosina per la strada e di rubare il pane”, se non fosse che alcuni rimangono più uguali degli altri (tratto liberamente da George Orwell: La fattoria degli animali).
Pierre-Joseph Proudhon riassunse questa umiliazione nel modo seguente: “Essere governati significa essere osservati, analizzati, interrogati, incaricati, subordinati, nominati, indottrinati, persuasi, sorvegliati, tassati, messi alla prova, limitati e inviati in giro per il mondo da uomini che non hanno né il diritto, né la conoscenza, né la virtù per farlo. Questo è il potere, questo è il loro diritto e la loro morale” (Proudhon parla di uomini perché all’epoca, nel XIX secolo, non c’erano donne al potere. Non bisogna nascondere che la critica di Proudhon al potere non considerava la questione del genere: era un pronunciato antifemminista). Dopo tutto, nello Stato capitalista le persone sono percepite solo come “capitale umano” e allo stesso tempo come un potenziale rischio per la sicurezza.
Dobbiamo sempre a Proudhon il famoso detto “la proprietà è un furto”, perché ciò che appartiene ad alcuni viene sottratto ed espropriato da altri. In una società nella quale la proprietà privata significa tutto e il bene comune non significa nulla, non ci può essere spazio per la dignità umana, e la destra ha colto da tempo il messaggio, e si adopera di conseguenza, con l’unica differenza che lo fa alla luce del giorno rispetto agli altri partiti: non servono i discorsi della domenica, il disprezzo della destra per la dignità umana è puro disprezzo per l’umanità, verso coloro che non vi appartengono. Ed è qui, nella promessa di un ritorno della dignità rubando in cambio quella degli altri, che risiede la falsa convinzione dei suoi elettori.
Incutere paura
È necessario fomentare la paura per accrescere il consenso alla politica autoritaria e all’idea di uno “Stato forte”.
Come dice il proverbio, la paura è una cattiva consigliera, e infatti è proprio la paura ad assoggettare le persone al potere di altre persone, come scoprì Etienne de La Boetie 500 anni fa.
Il capitalismo stesso fin dai suoi esordi ha da sempre agito sulla società tramite la paura, rendendo le persone più inclini alla collaborazione e facilmente sfruttabili. Infatti, ancora una volta, è stata la paura il mezzo adoperato fin dall’inizio della pandemia di coronavirus, ne è la prova un documento trapelato dal governo tedesco. Quando nel 2020 il numero delle infezioni era sceso dopo settimane, la Cancelliera Merkel ne ha approfittato per gettare nuovamente benzina sul fuoco: “Non dobbiamo abbandonarci a un senso di sicurezza nemmeno per un secondo “. Nemmeno per un secondo, un solo secondo. Ma che cos’è la paura? La paura è un sentimento potente che provoca la paralisi disattivando le sinapsi, è una sorta di lockdown per il corpo che induce il cervello ad arrestarsi, a spegnersi, infatti, non è un caso che Christof Wackernagel l’abbia definito come un virus mortale della psiche.
La gestione della crisi del coronavirus è stata riassunta in maniera precisa e sintetica dal politologo Wolfgang Merkel come “una forma di governo della paura”. In effetti, la paura è da tempo uno strumento collaudato da parte dei governi. Quando funziona, la stragrande maggioranza delle persone è disposta a sopportare senza lamentarsi anche le privazioni più dure, come le case fredde, l’aumento dei prezzi e le tasse speciali, e perfino ad approvare politiche autoritarie, incluse leggi sulla sicurezza molto restrittive che altrimenti una società civile in tempi normali non accetterebbe mai così facilmente. In fondo, “la paura costante è il miglior mezzo di potere”, afferma lo psicoanalista Hans-Joachim Maaz.
Se in passato la paura era intesa come una risorsa “naturale”, frutto dell’evoluzione e strutturalmente limitata, oggi invece è da considerarsi un fenomeno che può essere facilmente indotto e usato consapevolmente. Il problema è che la paura in sé ci protegge dai pericoli reali, ma la sua strumentalizzazione può creare dipendenza dagli altri e non da ultimo, da istituzioni come lo Stato che si vede percepito come un “protettore” del cittadino, ciò che ogni Stato desidera essere in fondo. In intesi, come affermato da Alexander Mitscherlich, siamo di fronte alla manipolazione ideologica della paura. Naturalmente, è una tattica che funziona molto bene in tempi di guerra, basta partire dal presupposto, ad esempio, che “i russi” sono già alle porte, e sono armati fino ai denti, così come “gli arabi”, essendo visti come un “nemico interno”. In un contesto del genere le parole del Ministro della Difesa tedesco Pistorius, secondo cui il Paese deve essere “pronto alla guerra”, cadono già su un terreno fertile e diventano facilmente verità.
Purtroppo i partiti di destra sono sempre stati tra i grandi sostenitori di uno Stato potente e sono stati anche particolarmente abili nel creare paura inscenando situazioni di pericolo con lo scopo di trovare consenso nell’opinione pubblica. Dal 2020 il governo tedesco ha fatto spesso ricorso alle politiche tipicamente di destra e quasi nessuno sembra essersi espresso in disaccordo, segnando un punto a favore della destra che ora può sfregarsi le mani e aizzare la popolazione contro i rifugiati con le campagne contro la sostituzione etnica e sciocchezze simili. Curioso notare come le campagne elettorali dei partiti di destra vengano sempre condotte all’insegna della paura, in particolare per quanto riguarda l’immigrazione, sia in Svizzera che in Italia, in Germania, in Svezia, in Polonia o altrove. Tuttavia, la paura riesce persino a produrre un effetto controproducente nei suoi elettori, ovvero incentivare le persone ad agire contro i loro stessi interessi. Questo spiega in parte perché gli elettori di destra, solitamente appartenenti ad uno strato sociale precario, sono disposti ad accettare l’adozione di politiche ancora più ingiuste, come l’aumento delle tasse per finanziare l’esclusione di certi gruppi deboli come i rifugiati o la difesa da presunti nemici con l’ausilio delle guerre.
Polarizzare l’opinione pubblica
I dibattiti devono essere polarizzati operando una divisione marcata tra “buoni” e “cattivi”, negando ogni possibilità per un dialogo.
Dal 2020 abbiamo assistito ad un’allarmante crescita di una tendenza preesistente di divisione sociale tra vaccinati o non vaccinati, dove il trattamento riservato ai non vaccinati ha assunto durante gli anni del coronavirus dei tratti tipicamente totalitari. Vera Shalev, sopravvissuta all’Olocausto, ci aveva prontamente avvertito che eravamo nel bel mezzo di una evoluzione sociale che avrebbe potuto portare all’instaurazione di un sistema dittatoriale simile a quello del nazionalsocialismo. Bene o male, l’esemplificazione di tale dualismo potrebbe sembrare il frutto di un pensiero infantile (un paragone perfino offensivo per i bambini), ma ahimé questa discriminazione fondata su un programma di vaccinazione è divenuta una dottrina di Stato. Una polarizzazione del pensiero antistorica e antiscientifica simile è stata applicata anche alla guerra in Ucraina, ma quando c’è in ballo la paura, la ragione finisce per venire meno.
È stato definito cattivo chiunque abbia provato a contestualizzare la guerra, compresa la sua storia (senza minimamente giustificare l’attacco di Putin, attenzione, perché è possibile fare entrambe le cose, ossia condannare un’aggressione senza ignorare gli sviluppi degli anni precedenti). Il messaggio veicolato in definitiva è stato quello di schierarsi obbligatoriamente da una parte, prendere una posizione. Tuttavia, quando si parla di vaccinazioni è bene decidersi se essere a favore o contro, non c’è altro modo, non esiste un’altra via di mezzo. Forse ognuno di noi ha le sue buone ragioni personali per decidersi, ma perché mai sarebbe necessario invece schierarsi dalla parte di uno Stato, senza riserve? Nell’attacco di Hamas contro Israele abbiamo assistito ancora una volta al trionfo di questo bi-pensiero infantile di bene e male. Non ci si è lontanamente chiesti come era possibile che uno dei migliori servizi segreti al mondo – quello israeliano – non fosse per niente al corrente dei preparativi dell’attacco, mentre si dice che l’Egitto ne fosse invece a conoscenza. Siamo forse di fronte all’ennesima teoria del complotto?
Il discorso di Robert Habeck (vice cancelliere tedesco, del Partito dei Verdi, NdR) contro l’antisemitismo, invece, è stato applaudito su vasta scala praticamente da tutti i media. Come è breve la memoria… Poco più di un anno fa Habeck ha concluso un accordo per il gas proprio con il Qatar, paese islamista che ospitò i Mondiali di calcio (aveva appena accolto migliaia di lavoratori, morti in seguito per un evento sportivo commerciale), senza dimenticare che il Qatar è uno dei principali finanziatori di Hamas.
Questa ipocrisia della politica dei Verdi viene poi presentata sotto le mentite spoglie di una politica morale, in modo perfino sublime. Alla fine la Ministra degli Esteri Baerbock ha deciso di non limitarsi a “rovinare” la Russia, ma anche di distruggere Hamas. Infatti, ora richiede l’espulsione dei rifugiati “criminali” di origine araba. Ma nel polarizzare la destra li supera tutti, quindi non stupitevi se gli alloggi dei richiedenti asilo andranno nuovamente a fuoco.
Creare il consenso
È necessario creare una società del consenso, la quale per avere maggior stabilità ha necessariamente bisogno di puntare il dito contro i dissidenti e gli emarginati.
La società del consenso è l’altra faccia della polarizzazione del pensiero. Immanuel Kant disse, “Abbi il coraggio di usare la tua ragione”, peccato che nella società del consenso non ci sia più spazio per questa massima. Uno studio di Dennis Gräf e Martin Hennig, pubblicato sulla rivista dell’Università di Passau nel settembre 2020, ha esaminato 93 programmi televisivi “speciali” di ARD e ZDF sul coronavirus mandati in onda fino a giugno 2020 – ma, considerando la frequenza del formato del programma stesso, non poteva che rivelarsi controproducente. Il risultato è stato molto chiaro: c’è stata una retorica unilaterale sulla crisi, in cui le misure per il contenimento del coronavirus venivano presentate come le sole “naturali” e “possibili”, mentre l’unica narrativa di salvezza era offerta dal rapido sviluppo di un vaccino. Non sono state ammesse prospettive diverse da quelle ufficiali, se non in una forma apparentemente ridicolizzata dai “fact check”. Questi si sono diffusi come un virus durante tutta la pandemia, dove chiunque non professava la fede di Stato era considerato alla stregua di uno stupido o di una persona pericolosa e quindi automaticamente escluso dal dibattito. I mass media hanno fatto un uso massiccio dei “fact-checker” per ridicolizzare o demonizzare qualsiasi critica che non potesse essere ignorata, e chiunque facesse notare le lacune di tale resoconto e mettesse in dubbio la narrativa ufficiale, veniva immediatamente aizzato contro i cani dei “fact-checker”, che con i loro controlli non facevano altro che alimentare la disinformazione, anziché fare chiarezza.
In molti casi, queste risposte “epidemiche” di fronte ad ogni indagine critica, a volte persino formulate in misura preventiva contro possibili domande sgradite, erano messe insieme in modo così miserabile da rendere necessaria una verifica dei fatti. Ogni critica alla scienza, ai media e alle aziende, così come era stata mossa in epoche passate (e non parliamo di chissà quanti anni fa), è stata immediatamente eliminata. Così è stato per il coronavirus e per le nuove guerre, perché si sa, la prima vittima della guerra è sempre la verità, e lo abbiamo visto ancora una volta con la guerra in Ucraina.
Nell’era dei social media le guerre si sono trasformate in guerre di informazione, o meglio in veri teatri di disinformazione, un altro motivo in più per analizzare esattamente chi dice cosa e con quale possibile interesse. Anche in questo caso però, qualsiasi indagine critica è stata silurata con i “fact check”. L’obiettivo prefissato è stato raggiunto: riunire le voci dei dissenzienti dichiarandoli persone indifese incanalando così il dissenso in un unico coro prescritto. Questo ha agevolato la destra a recitare la propria parte, come meglio sa fare, ovvero quella della vittima.
Rendere i poveri ancora più poveri
Le persone devono essere sottoposte a condizioni di vita insicure ed esposte a un continuo impoverimento.
La povertà rappresenta un problema mondiale e cresce nelle masse in proporzione alla ricchezza dei ricchi, a livello globale, nazionale e anche locale. Fino a qualche anno fa la differenza di aspettativa di vita media tra i quartieri più ricchi e quelli più poveri di Brema si attestava sui sette anni. Significa che, se una persona è ricca e benestante riesce a vivere sette anni in più. Oggi questa stima si applica a tutta la città di Brema, che ingloba due mondi paralleli, dove l’uno coesiste accanto all’altro all’interno di un piccolo spazio (non insieme, piuttosto l’uno contro l’altro), dove ci si riunisce come succede nel calcio, quando si tifa la nazionale: allora tutte le contraddizioni si annullano, simile all’effetto del collante del nazionalismo a livello statale (solo che il presunto “allegro patriottismo di partito” alla Coppa del Mondo non è affatto innocuo).
La retorica comunitaria dall’alto (panem et circenses) non può però ignorare i poveri, specie quando sono d’intralcio, ovvero quando si tratta di gentrificare la città o quando cercano di guadagnarsi qualcosa in più oltre alla consueta pagnotta (lavorando in nero ad esempio). Allora vengono rapidamente stigmatizzati come “parassiti sociali”. Nel frattempo invece leggiamo sui giornali notizie su quanti miliardi sono stati sprecati negli ultimi anni a causa dei pacchetti di salvataggio delle banche, dei test PCR (per il Covid, NdR), delle losche attività del cancelliere di CumEx (frode fiscale, NdR), ancora in carica che sembra però soffrire di amnesia, delle fughe fiscali legittimate dallo Stato. A detta di queste persone onorevoli, ognuno di questi incarichi è solo un multiplo della presunta “frode sociale”-, ma i miliardi svaniti sono uno schiaffo per chi si vede costretto a lottare per ogni singolo centesimo.
Quante sono le persone stanno che scontando “pene detentive sostitutive”, solo perché non possono permettersi i biglietti del trasporto pubblico (per non parlare poi delle multe)? Uno studio recente condotto dalla Fondazione Hans Böckler a sostegno dei sindacati, ha mostrato che la fiducia dei cittadini nella politica e nei partiti politici sta diminuendo a pari passo con il reddito, ovvero le persone povere non credono più nella politica. Se poi si analizza il fattore della felicità all’interno della società (indipendentemente dalla propria opinione su questi studi), il risultato non stupisce. È in linea con le aspettative: un senso di comunità (a sua volta legato all’uguaglianza relativa) è presente laddove il divario tra ricchi e poveri è minore, ovvero, la comunità e l’unione sono più che possibili senza bisogno di calcio e di nazionalismo. Tuttavia, finché l’esistenza di milioni di persone è a rischio, queste persone devono condurre una lotta quotidiana per la sopravvivenza e vengono perfino accusate di frode. Non c’è da stupirsi se continueranno ad allontanarsi, e probabilmente lo faranno prendendo la direzione sbagliata.
Le altre 2 parti verranno pubblicate prossimamente su Pressenza.
Di Gerald Grüneklee
Traduzione dal tedesco di Maria Sartori. Revisione di Thomas Schmid.