Ieri, 6 febbraio, era l’anniversario di quel maledetto giorno in cui il nativo americano Leonard Peltier venne arrestato in Canada, ingiustamente accusato di aver ucciso due agenti dell’FBI durante uno scontro a fuoco – e di nuovo anche quest’anno il comitato milanese Free Leonard Peltier ha inscenato nella centralissima Piazza Duomo di Milano il suo collaudato flash mob: lunghissimo striscione arancione trattenuto da una ventina di attivisti dinnanzi ai passanti che si fermavano incuriositi, mentre l’infaticabile Andrea De Lotto (principale ‘anima’ di questa campagna nel nord d’Italia, come ben sanno i lettori di Pressenza) rievocava al megafono i particolari della vicenda e le circostanze del suo arresto appunto il 6 febbraio di 48 anni fa – davvero troppi per un’accusa che persino gli accusatori di Peltier definirono poi ‘gravemente viziata’ per cui ‘infondata’.
L’incidente, come venne eufemisticamente definito, si era verificato qualche mese prima, 26 giugno 1975, a Pine Ridge, una poverissima riserva indiana abitata dagli Oglala Lakota, territorio da tempo sotto assedio durante quello che ancora adesso i nativi americani ricordano come ‘il periodo del terrore’. Erano anni di acuta turbolenza un po’ ovunque negli Stati Uniti, e parallelamente alle crescenti mobilitazioni dei neri nel movimento delle Black Panthers, anche i nativi si erano organizzati nell’American Indian Movement, nel tentativo di difendere ciò che rimaneva delle loro terre dall’aggressione dell’estrattivismo – e stavano diventando un problema.
La sparatoria costò la vita a due agenti dell’FBI oltre a uno dei nativi, e dopo un’impressionante caccia all’uomo il Number One Wanted Leonard Peltier venne estradato dal Canada dove si era rifugiato, con prove così fasulle, così evidentemente estorte con l’intimidazione, che lo stesso governo canadese non poté fare a meno di protestare successivamente con il governo degli Stati Uniti. Ma Peltier, individuato come il perfetto capro espiatorio anche perché dotato di notevole carisma all’interno dell’ AIM, era ormai stato consegnato alla ‘giustizia’ che lo condannò con ben due ergastoli, l’equivalente di una condanna a morte. E una condanna che – nonostante l’instancabile mobilitazione dei vari comitati americani da tempo attivi su questa storia, nonostante l’infinità di appelli da parte delle personalità più in vista nel mondo intero, nonostante le innumerevoli prove di innocenza, nonostante le ammissioni di irregolarità procedurale ammesse dallo stesso pubblico ministero che aveva ‘istruito’ il caso – non gli è stata ancora revocata. Una decisione che dipenderebbe unicamente dal Presidente degli Stati Uniti sotto forma di ‘clemenza’ e neppure Joe Biden (come già in passato Bill Clinton e lo stesso Barack Obama) ha avuto il coraggio di sfidare la potentissima FBI durante il suo mandato.
Prima di Milano si era già mobilitato sabato scorso 3 febbraio, il Comitato Leonard Peltier di Barcellona, che dodici anni fa inaugurò la sua campagna con una lunga stagione di presidi, per ben otto mesi di fila, davanti al Consolato US – quello di quest’anno si è limitato alla centralissima Piazza Sant Jaume ed è stato riuscitissimo.
Oggi, 7 febbraio, sarà la volta di Parigi, Place de la Concorde, dove l’incarcerazione di Leonard Peltier sarà ennesimamente denunciata insieme a quella di Mumia Abu Jamal, l’attivista e giornalista americano, membro delle Pantere Nere, che venne inizialmente condannato a morte per l’omicidio nel 1981 del poliziotto David Faulkner – condanna poi commutata in ergastolo a vita, a causa di alcuni vizi procedurali riscontrati durante la fase processuale.
E particolarmente in Germania le manifestazioni di solidarietà per Leonard Peltier sono state anche quest’anno numerose, con presidi nell’arco del pomeriggio di ieri a Dusseldorf, Leipzig. Berlino e una prossima mobilitazione il 17 febbraio a Francoforte, grazie al coordinamento di varie organizzazioni, tra cui Tokata-LPSG RheinMain che fa capo a Michael Kock, amico personale di Peltier, oltre alla berlinese Free Them All e altre.
Il ciclo di iniziative sulla vicenda di Leonard Peltier, si concluderà di nuovo a Milano venerdì 9 febbraio al COA di Via dei Transiti 28, con la proiezione del filmato Tate Wikuwa (Il vento che insegue il sole) che il documentarista Andrea Galafassi ha realizzato a stretto contatto con le tre native americane, Carol Goeke, Jean Roach e Lona Knight, che dagli Stati Uniti si sono spinte fino in Europa per caldeggiare in varie sedi (in particolare presso il Forum Permanente dei Popoli Indigeni all’interno delle Nazioni Uniti di Ginevra) la gravità di questa lunga detenzione, considerando soprattutto l’età avanzata del detenuto: Leonard Peltier compirà infatti 80 anni il prossimo 12 settembre, è gravemente malato e soprattutto è provatamente innocente. La sua perdurante privazione di libertà è uno scandalo incompatibile con qualsiasi pretesa di civiltà e democrazia.
Foto e video di Lucia Zamparo