La maggioranza di governo ignora tutte le richieste di mantenere alti controllo e trasparenza sulle vendite di armi all’estero, approvando in prima lettura al Senato un testo di modifica della Legge 185/90 tutto a vantaggio degli affari armati dell’industria militare.
La Rete Pace Disarmo ribadisce il proprio impegno per forte mobilitazione per impedire che le vendite di armi tornino ad essere circondate da una pericolosa opacità.
Con l’approvazione di ieri dell’Aula del Senato (83 voti a favore 42 voti contrari) si è conclusa la prima fase di discussione parlamentare del Disegno di legge di iniziativa governativa 855 che va a modificare pesantemente la legge sull’export di materiali d’armamento (Legge 185/90). Una modifica che, se diventerà legge, renderà meno incisivi i meccanismi di decisione e controllo (eliminando inoltre gli strumenti di trasparenza) relativamente a una questione importanti e con gravi conseguenze sulla pace, la sicurezza comune e il rispetto dei diritti umani come la vendita di armi italiane all’estero.
La Rete Pace Disarmo, così come già espresso durante le fasi del dibattimento al Senato, non può che ribadire la propria preoccupazione e contrarietà rispetto alla strada intrapresa dalla maggioranza di Governo, che si è messa a servizio degli interessi dell’industria militare trascurando di considerare le conseguenze e gli impatti negativi delle armi, come invece evidenziano chiaramente le norme internazionali sul tema cui anche il nostro Paese aderisce. La Rete Pace Disarmo aveva indicato (sia in audizione sia con approfonditi documenti presentati all’attenzione dei senatori) una serie di punti problematici e di modifiche necessarie, attivando un confronto costruttivo (che infatti considerava positivi alcuni aspetti del DDL) che è stato completamente trascurato.
“Personalmente mi infastidisce soprattutto che alcuni gruppi politici abbiano usato la solita, stantia retorica del ‘realismo’ per giustificare questo voto – sottolinea Francesco Vignarca, Coordinatore campagne della RIOPD – quando invece è proprio l’analisi di dati e fatti a suggerire altre direzioni: non è vero che c’è un problema di eccessivi controlli sull’esportazione di armi delle armi e non è vero che questa modifica della Legge185/90 favorirà una maggiore sicurezza per l’Italia in un momento di crisi internazionale. Al contrario facilitare la vendita all’estero di armi che sicuramente finiranno nelle zone più conflittuali del mondo aumenterà l’insicurezza globale, e quindi anche quella di tutti noi, solo per garantire un facile profitto di pochi”.
Anche nel corso del dibattito in aula, dopo quanto successo in Commissione Esteri e Difesa, il governo e la sua maggioranza non hanno voluto dare ascolto a nessun tentativo di attenuazione dei problemi che questo testo comporterà: ringraziamo comunque i parlamentari di opposizione, che (anche riprendendo nostre proposte) hanno cercato di riproporre emendamenti che avrebbero migliorato il DDL impedendo le modifiche più problematiche e anche la Relatrice di maggioranza in Commissione che aveva presentato proposte in tal senso, tutte scartate.
La Rete Pace Disarmo aveva invece chiesto con forza l’inserimento nel testo del DDL di modifica di un riferimento esplicito al Trattato sul commercio di armamenti ATT (i cui criteri sono prevalenti in quanto norma internazionale). Nonché il bilanciamento esplicito tra la responsabilità politica di decisioni quadro concernenti l’export di armi (cosa positiva e che viene garantita dalla reintroduzione del CISD) con una capacità amministrativa degli uffici preposti, in particolare al MAECI, di poter verificare l’allineamento delle licenze all’export con i criteri e i principi previsti dalla legge. Non è chiaro invece, con il testo che è stato votato e ora attende il passaggio alla Camera, chi si potrà prendere la responsabilità di intervenire immediatamente per fermare vendite di armi in caso di conflitto o violazione di diritti umani. Decisioni che devono essere assunte con rapidità in base al contesto internazionale e che non possono derivare solo da considerazioni genericamente “politiche”.
La chiusura di governo e maggioranza a ogni confronto e la natura di favore all’industria di questo provvedimento sono poi ampiamente dimostrati dall’eliminazione dell’Ufficio di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio, che aveva compiti di promuovere progetti di riconversione dell’industria bellica (obiettivo che rimane nella legge, ma che non ha più nessun organo ad attuarlo), dalla cancellazione del riferimento ad ONG e organizzazioni della società civile come fonti di riferimento per valutare le violazioni dei diritti umani e dall’integrale eliminazione della Relazione annuale al Parlamento sulle interazioni tra banche e aziende a produzione militare.
“Sappiamo bene che questa modifica della Legge 185/90 parte da lontano – evidenzia Giorgio Beretta, analista di Opal e di RIPD – perché da anni la lobby dell’industria militare e i centri di ricerca e di pressione ad essa collegati chiedono a gran voce di poter praticamente liberalizzare l’export di armi. A chi fa affari vendendo nel mondo strumenti di armi e sistemi militari non fa piacere che ci sia trasparenza e controllo anche da parte della società civile, oltre che allineamento con principi che non prendono in considerazione solo i fatturati. Ma come è possibile pensare che per un prodotto come le armi non si debbano tenere in considerazione gli impatti devastanti che procurano? Già nella situazione attuale sappiamo bene che non sempre le autorizzazioni rilasciate sono state in linea con i criteri della Legge 185/90 e dei trattati internazionali; se il DDL 855 dovesse passare la situazione peggiorerebbe, in particolare sulla questione degli intrecci tra finanza e produzione di armamenti”.
La Rete Italiana Pace Disarmo ha perciò deciso, in conseguenza di questo grave voto avvenuto al Senato, di lanciare una serie di iniziative di protesta e pressione sul Parlamento, a partire da una petizione online per arrivare a mobilitazioni territoriali e sollecitazioni tramite gli enti locali. L’obiettivo è quello di scongiurare la modifica peggiorativa della Legge 185/90 che, pur non da presupposti totalmente pacifisti e di disarmo, ha garantito negli ultimi decenni quantomeno controllo e trasparenza importanti su un settore di solito molto opaco come quello della vendita degli armamenti. Rendendo evidente che il profitto di chi fa affari con strumenti di morte non può essere messo sopra la vita, i diritti umani, la sicurezza di tutti. La nostra pressione si rivolgerà anche ai deputati affinché possano intervenire in senso migliorativo (e per scongiurare i passaggi più gravi del DDL) durante il dibattito che si terrà nelle prossime settimane alla Camera.