Il caos espositivo raggiunge il culmine con la catasta composta da decine di putti, ammassati gli uni sugli altri e separati per sempre dai contesti di provenienza_
Il 28 novembre scorso è stata aperta al pubblico, nei locali della vecchia sede del Museo Regionale Interdisciplinare di Messina, la mostra permanente “1908 CittàMuseoCittà”, finanziata con 250.000 euro dall’assessorato regionale del Turismo ai sensi della L. R. 6/2022 che ha istituito “la giornata della memoria del terremoto di Messina del 1908”. L’allestimento è stato ideato e curato dalla direzione dello stesso Museo.
In realtà questa “esposizione permanente” costituisce una vera e propria nuova sezione del museo che occuperà in modo definitivo le vecchie sale, le quali, invece, dopo l’apertura, nel 2016, del nuovo Museo nel moderno edificio posto a fianco, erano state saggiamente destinate alle mostre temporanee.
Da adesso, quindi, sarà impossibile arricchire il percorso museale con mostre frutto dei restauri e degli studi sulle sterminate collezioni custodite nei depositi del Museo, che rappresentano la memoria della millenaria città dello Stretto gravemente danneggiata dal sisma del 1908 e demolita dalla ricostruzione novecentesca.
I fondi, già esigui per la realizzazione di una mostra che aveva l’ambizione di coniugare le nuove forme comunicative digitali con il percorso espositivo delle opere d’arte salvate dal sisma (in realtà tutte quelle custodite dal Museo), si sono rivelati inadeguati al proposito di allestire tutti i locali a piano terra della ex Filanda Mellinghoff.
Per questo l’inserimento della parte multimediale, per quanto pregevole, appare riduttivo rispetto all’affollamento delle opere d’arte di età antica, medievale e moderna, distribuite nelle sale senza alcun rispetto per i contesti di provenienza e per l’ambito cronologico e produttivo di attribuzione. Nelle sale vengono combinati insieme decine di capitelli di ogni stile ed epoca, anche sovrapposti l’uno sull’altro o su basi appartenenti a monumenti diversi oggi non più esistenti. Accanto a questi sono collocati in successione fusti di colonne anch’essi senza relazione chiara con i capitelli.
Il caos espositivo raggiunge il culmine con la catasta composta da decine di putti, ammassati gli uni sugli altri e separati per sempre dai contesti di provenienza, che viene impropriamente definita “installazione artistica”, ma sembra di più una “strage degli innocenti”!
Sembra, insomma, che la direzione del MuMe abbia addirittura superato gli intenti “mercificatori” dei decreti assessoriali del 2021, discendenti dalla “Carta di Catania”, che prevedono la dismissione ai privati di interi “lotti” di materiali per i quali non sia stato ancora accertato il contesto di provenienza.
Qui, invece, sono stati smembrati contesti monumentali certi che erano stati raccolti, restaurati e studiati con cura dagli specialisti, rendendo impossibile per sempre una loro ricomposizione museale.
L’allestimento in stile “bricolage” è accentuato dall’assenza di apparati didattici che spieghino il valore culturale delle opere all’interno della storia della città prima del1908. Come ha spiegato il direttore ai giornalisti, si è preferito un impatto “diretto” alle opere piuttosto che “mediato” da testi esplicativi degli specialisti.. certo ci domandiamo come si possa “fare memoria” della storia di Messina se non si offrono gli strumenti per comprenderla.
Inoltre, particolare non marginale, per la visita a questa nuova sezione del Museo si è deciso di far pagare un biglietto aggiuntivo, per il quale non è prevista l’esenzione neanche alle scolaresche, contravvenendo in ciò non solo alla normativa ma allo stesso obiettivo di educazione “civile” per il quale è stato approvato il finanziamento regionale.
È la fine dell’idea stessa di Museo come luogo di esperienze educative e di trasmissione della memoria culturale.