Domenica 11 febbraio, Progetto Ecosebino ha organizzato un presidio alla tenuta “Stallone” (in dialetto Stalù) per ribadire che la Franciacorta non è solo l’industria vitivinicola legata all’agrobusiness, ma bensì anche un territorio che va difeso dalla speculazione delle “terre vergini”. Oggi ritorna a ribadire il suo ferreo sostegno ed impegno nel “Comitato per la tutela dei boschi della Franciacorta” con il fine di salvaguardare le aree verdi e boschive della Franciacorta dalla colonizzazione dell’agrobusiness vitivinicolo.

“Ce ne sono davvero tanti di piccoli agricoltori che portano avanti un discorso etico ed ambientale in Franciacorta. Se l’agrobusiness gioca sporco mettendo in contrapposizione ambiente e produzione, noi mettiamo in contrapposizione l’agrobusiness con i contadini e i piccoli produttori franciacortini. Giusto per dire che esiste anche una Franciacorta diversa ed è giusto darne atto”. – affermano gli ambientalisti di Ecosebino – “A causa del brand che i grandi produttori hanno costruito sulla Franciacorta oggi è veramente difficile concepire che sono le piccole realtà agricole franciacortine a portare in palmo di mano la qualità del prodotto e la difesa della terra e non l’agrobusiness di Moretti &co fatto di retorica, speculazione e greenwashing. La vicenda dello Stalù è l’esempio di come la speculazione monopolistica dell’industria vitivinicola non abbia limiti e, pur di commettere l’ennesimo atto di speculazione per il proprio profitto privato, sia disposta a sfrattare un contadino che invece quella terra la costudisce da 30 anni in perfetta armonia con l’ecosistema locale senza modificarlo di una virgola.”

Di seguito il comunicato stampa di Ecosebino sulla questione:

Siamo saliti sul Monte Alto, nel cuore della Franciacorta, in occasione delle giornate di mobilitazione del settore agricolo che ha visto scendere nelle strade d’Europa migliaia di trattori.

Un settore, quello legato alla terra e all’agricoltura, tra i più esposti nei confronti di un mondo che cambia, tra crisi climatica, crisi economica e guerre.

Siccità, dissesto idrogeologico, innalzamento delle temperature ma anche innalzamento dei costi di produzione, strozzinaggio da parte della grande distribuzione e mancanza di equità nell’assegnazione di fondi e incentivi che finiscono sempre nelle mani dei soliti noti.

Sono solo alcune delle rivendicazioni portate in strada dai contadini europei.

Rivendicazioni che noi sosteniamo, cosi come sosteniamo che la necessaria lotta al cambiamento climatico e i costi della transizione verde non possano essere scaricati interamente sulle piccole realtà agricole che rappresentano l’ossatura alimentare di questo paese. Realtà famigliari, diffuse e radicate sui territori che molto spesso nascono con una visione produttiva in simbiosi con il contesto ambientale, sociale e di salute pubblica ma che si trovano sole ad affrontare le sfide globali che si trovano davanti. 

Una solitudine che si è concretizzata ulteriormente pochi giorni fa, con la decisione delle istituzioni europee di sospendere l’attuazione delle politiche di eliminazione di fitofarmaci tossici per ambiente e salute. 

Una decisione presa sotto pressione di un mondo che la terra non la lavora ma la sfrutta, quello dell’agrobusiness, che ha cavalcato le proteste degli agricoltori e ha creato una contrapposizione che in realtà non esiste, quella tra produzione agricola e ambiente.

Un mondo, quello dell’agrobusiness, fatto di poche grandi aziende che si intascano la maggior parte degli incentivi EU, lasciando le tasche vuote ai tanti piccoli produttori. Lo stesso che si regge su una produzione che devasta territori, ambiente e salute, che non ha prospettiva di fronte alle sfide climatiche in corso ma che mantiene il potere e il bisogno di alimentare se stessa a colpi di chimica e devastazione dei territori.

Se siamo saliti oggi sul Monte Alto è anche per questo. Per denunciare l’ennesimo scempio ambientale da parte di una delle più grandi realtà dell’agrobusiness Franciacortino, giustificato dalla necessità di portare la viticoltura ad altitudini maggiori in risposta al cambiamento climatico ma che nei fatti rappresenta solo un’operazione di marketing aziendale. In sfregio alla collettività che chiede che quella collina resti integra e protetta dalle mani di chi, in altura, più che la viticoltura vuole portarci la speculazione.

Se siamo saliti sul Monte Alto oggi è per dire basta ad un modello di devastazione dei territori in nome del profitto di pochi.

Se siamo saliti sul Monte Alto oggi è per dare il nostro sostegno ai contadini che la terra la lavorano col sudore delle mani e della fronte, che la lavorano con una visione di futuro, di speranza e di qualità.

Contadini e vignaioli che anche in Franciacorta stanno portando avanti un’idea diversa di viticoltura.

Questa è la Franciacorta che ci piace. Questa è la Franciacorta che vogliamo bere.

POTERE AI CONTADINI NON ALL’AGROBUSINESS