Los Angeles (d’ora in poi: LA) sarà sede delle Olimpiadi del 2028 e, in parte, dei Campionati del mondo di calcio del 2026. E’ iniziato in città il censimento delle migliaia di senzatetto. Continua lo sciopero delle lavoratrici degli hotel. Lo Stato della California (e anche le città di LA e di San Francisco) intendono fondare banche pubbliche.
Qual è il legame tra questi fatti? E’ la grande carenza di alloggi a prezzi accessibili per la gran parte della popolazione nelle grandi città statunitensi, e anche e soprattutto in California.
LA è una conurbazione di 11 milioni di abitanti dove almeno 600.000 persone vivono in povertà. L’acquisto di un appartamento in città può arrivare a costare, salassati dalle relative rate del mutuo, fino un milione di dollari (più di 2 volte della media nazionale) e il mercato è in parte in mano a grandi speculatori immobiliari. Dal 2008 i prezzi delle case al metro quadro sono cresciuti a LA del 70% (dell’80% a San Diego e del 116% a San Francisco, che si sta trasformando in una “città per ricchi”). Nella città di LA manca almeno mezzo milione di alloggi a basso canone e gli affitti accessibili ai lavoratori sono schizzati alle stelle (fino a 3.000 dollari al mese).
La scorsa settimana è iniziato a LA il censimento dei senzatetto, svolto da 6.000 volontari della Los Angeles Homeless Services Authority. Il conteggio avverrà nell’arco di tre giorni e i dati saranno diffusi entro quest’estate. L’emergenza degli homeless è altissima nelle città statunitensi, creando anche tendopoli sui marciapiedi e nei parchi e i relativi grandi problemi di precarietà e di igiene, oltre che talvolta la presenza di spaccio di droghe pesanti. Nel 2023, i senzacasa rilevati nella contea di LA erano 75.500, con un aumento del 70% rispetto al 2015. 21.000 persone senza alloggio sono state ricollocate nel 2023 in hotel affittati o in altri rifugi temporanei, creati a cura di istituzioni pubbliche o private (religiose o laiche). Ma i posti letto al riparo sono grandemente insufficienti e crescono le persone per strada, che sono in numero assai superiore a quelle censite. Anche quelle il cui lavoro, o i più lavori che sono costretti a fare durante la giornata, non sono sufficienti a pagare un affitto in città.
Tra questi lavoratori a bassa paga ci sono anche molte addette ai grandi hotel della Bassa California che dal luglio scorso hanno già fatto di fronte ad una sessantina di hotel più di un centinaio di scioperi giornalieri con picchetti e iniziative di boicottaggio per ottenere aumenti salariali. In una trentina di alberghi hanno spuntato accordi sindacali, ma in altrettanti non è stata ancora raggiunta alcuna intesa. Le lavoratrici, in gran parte ispaniche, si trovano in un contesto in cui le camere degli hotel costano fino a 1.000 dollari a notte mentre loro, le persone che le rassettano, dormono magari in automobile durante la settimana per non dover raggiungere tutti i giorni le loro lontane abitazioni nell’immensa conurbazione losangelina. E sono anche affrontate, in alcuni casi, da violenze da parte di guardie private o clienti degli hotel; l’ultima delle quali la scorsa settimana, quando, fuori dall’Hotel Figueroa, nel centro di LA, cinque lavoratori, come denunciato dal sindacato Unite Here, sono rimasti feriti, “ripetutamente colpiti da colpi di arma da fuoco, apparentemente con un fucile ad aria compressa”.
La vertenza degli addetti ai grandi hotel di LA, la cui piattaforma per il rinnovo del contratto rivendica anche proposte per il diritto alla casa dei settori disagiati della società, segnala nuovamente la distorsione dello sviluppo urbanistico di LA e della California. Per favorire i costruttori immobiliari di alloggi e “l’ambiente sociale” che propagandano, gli stringenti regolamenti edilizi favoriscono la proliferazione di villette unifamiliari. Che sono care, consumatrici di territorio e sempre più contrastanti con la penuria di acqua.
l mondiali di calcio del 2026 e le Olimpiadi del 2028 stanno portando alla creazione a Los Angeles di “villaggi olimpici”. I quali hanno già comportato la demolizione di quartieri di abitazioni popolari che, dopo le manifestazioni sportive, corrono il rischio di diventare anch’essi, dopo gli eventi, residenze non abbordabili da un salario di un lavoratore. Il Sindacato chiede alle istituzioni di ripetere ciò che avvenne per le Olimpiadi del 1984, quando l’allora Villaggio Olimpico fu riconvertito in edilizia popolare.
Anche a New York, poveri e lavoratori a basso reddito non se la passano bene. Nel maggio di quest’anno, la città, notoriamente progressista, come d’altronde la California, ha cassato molte delle agevolazioni per chi affitta, come le garanzie di sfratto solo per giusta causa, i vaucher per i senzacasa, gli impegni di costruire qualche migliaio di nuovi alloggi popolari, i limiti agli aumenti del canone delle locazioni. Ne è seguita un’impennata degli sfratti di una città che ha la più alta percentuale di affittuari della nazione e almeno 75.000 persone che ogni notte sono alla ricerca di un ricovero gratuito. Secondo la Coalition for the Homeless, il numero dei senzatetto a New York City è aumentato del 112% nel decennio dal 2010 al 2020. Una buona parte del mercato immobiliare è in mano a speculatori. Lo è stato anche l’ex presidente Trump, il cui padre, costruttore di case popolari nelle periferie di NY, e restìo ad affittarle alle minoranze etniche, fu accusato di odio razziale da Woody Guthrie.
Una delle soluzioni possibili, che sottragga, almeno in parte, alla speculazione immobiliare il mercato delle abitazioni e impedisca la c.d. gentrificazione (la sostituzione, in interi quartieri, di case abitate da cittadini a basso reddito con appartamenti di lusso) è l’istituzione di banche pubbliche, istituti finanziari di proprietà pubblica e gestiti da un ente pubblico. Esse, avendo uno scopo esclusivamente sociale e non la massimizzazione dei profitti, e non pagando interessi per i propri depositi presso istituti di credito privati, possono concedere prestiti a tassi ragionevoli alle persone e finanziare organizzazioni comunitarie e infrastrutture pubbliche. I fondi di queste banche, come precisato dalle varie iniziative dei proponenti, sarebbero garantiti dalla Federal Deposit Insurance Co., un’agenzia federale istituita dal Congresso per tutelare il sistema finanziario degli USA.
Nel 2019 il governatore della California aveva firmato un disegno di legge per consentire alle contee e ai Comuni di istituire banche pubbliche. Malgrado nel 2018 un referendum per la fondazione di una banca pubblica a LA sia stata battuto (anche a causa del grande impiego di risorse per contrastarlo da parte dei potenti interessi immobiliari e finanziari), il Consiglio Comunale ha recentemente stanziato 460.000 dollari per istituire ufficialmente una banca pubblica. LA è diventata così la prima città statunitense a stanziare concretamente risorse dedicate. Anche il Consiglio Comunale di San Francisco ha votato una delibera che prevede la creazione di una banca pubblica e così pure lo Stato del New Jersey e la città di Philadelphia. A New York, la Public Bank NYC Coalition sta premendo per la creazione di una banca pubblica municipale, “che deve funzionare per il bene pubblico e non per il profitto privato” e sul proprio sito precisa che “la città deposita miliardi di dollari nelle banche di Wall Street che sfruttano le comunità disagiate e perpetuano ingiustizie razziali ed economiche”.
Paradossalmente, è uno Stato non eccessivamente progressista, il North Dakota, che da oltre un secolo gestisce l’unica banca pubblica degli USA, la Bank of North Dakota, che fa piccoli prestiti (effettuati attraverso intese con banche locali e cooperative di credito) ad agricoltori, piccole imprese, studenti e organizzazioni comunitarie. Nel mondo, oltre alle interessanti esperienze di microcredito, sono presenti banche pubbliche, ad esempio, in India e in Germania. Ma esse, in genere, sono contrastate dalle politiche governative liberiste: in molte nazioni, le banche in varie forme detenute da capitali non privati, sebbene operanti spesso con modalità ben lontane dall’assecondare gli interessi sociali di cui parliamo in questo articolo, sono state privatizzate, con la messa sul mercato delle loro azioni.
E’ evidente che se i progetti di banche pubbliche negli USA dovessero procedere e diffondersi potrebbero sanare una goccia nel mare dei bisogni sociali irrisolti, ma comunque indicare una prospettiva che cerchi di affrontare la perversa strozzatura rappresentata degli alti profitti di chi specula sul bisogno di una casa.
Una prospettiva sociale che da anni nel Stati Uniti indicano associazioni comunitarie, come le Unioni di senzacasa oppure le iniziative contro gli sfratti che sono presenti in molte città ed organizzano mobilitazioni dal basso che portino i governi ad affrontare quella che dev’essere considerata una necessità collettiva e non un problema individuale. “Cancellare l’affitto” è diventato uno slogan di movimenti degli inquilini in tutto il Paese, stimolando numerosi scioperi degli affitti. Anche sulla scia degli ormai famosi attivisti per la casa di City Life/Vida Urbana, che a Boston hanno organizzato picchetti anti-sfratto sin dagli anni Settanta. E di Moms 4 Housing, un collettivo di madri senzatetto o in emergenza abitativa che, dal 2020, anche con l’occupazione di una casa vuota da cui sono state sfrattate dalla polizia, lotta per la moratoria degli sfratti a Oakland (California).
Coi contratti di lavoro, con le mobilitazioni contro gli sfratti e per la realizzazione di case popolari e con le nascenti proposte di banche pubbliche coerenti con gli scopi per cui sono create si sta sviluppando negli Stati Uniti un movimento, che avrebbe come sempre la necessità di un’unificazione nazionale, ma che sta mettendo il problema della casa al centro della politica attiva.
Fonti:
A.Albaryan, Annual count of homeless residents begins in Los Angeles, where tens of thousands live on streets, Spectrum News 1, 24.1
K.Bank, Public banking movement gains momentum in California, People’s World, 25.1
S:Hussain, Striking hotel workers were hit by metal ball bearings, union says, Los Angeles Times, 27.1