“La verità impiega un po’ ad arrivare, ma arriverà poco a poco” – ha detto Eizabeth Flores, avvocato della famiglia di Pablo Neruda, riferendosi alla sua morte.

A più di mezzo secolo dalla morte del poeta Pablo Neruda, la magistratura cilena ha ordinato di riaprire le indagini sul caso per prendere in considerazione nuovi elementi che chiariranno nuovi elementi.

Il 20 febbraio la Corte d’Appello ha approvato all’unanimità la riapertura del processo, revocando la decisione presa a dicembre 2023 dalla giudice Paola Plaza che aveva ordinato la chiusura dell’inchiesta. La Corte d’Appello ha avviato gli esami forensi per svelare il mistero della morte di Neruda, avvenuta 12 giorni dopo il colpo di Stato di Pinochet, nel 1973, a causa degli ideali socialisti difesi dal poeta.

L’autore di “Venti poesie d’amore e una canzone disperata”, secondo la versione dell’allora governo fascista di Pinochet, sarebbe morto di cancro alla prostata, mentre persone a lui vicine sostengono che la sua morte sia stata ordinata dal presidente Pinochet, indica l’agenzia EFE.

Nel 2011, trentotto anni dopo la morte del Premio Nobel per la Letteratura, per la prima volta  il suo autista e segretario personale Manuel Araya ha dichiarato pubblicamente che la causa della morte era dovuta a un veleno che fu iniettato a Neruda nell’ospedale dove era ricoverato. Da quel momento le parole di Araya incoraggiarono ulteriormente la ricerca della verità e della giustizia e costituirono la base della denuncia della famiglia e del Partito Comunista.

L’avvocato Flores ha recentemente dichiarato all’agenzia EFE: “Lottiamo da 14 anni per fare chiarezza sulla morte di Neruda. La decisione di riaprire le indagini – prosegue l’avvocato – è un auspicio quando si pensa ai diritti umani, tanto violati in questi tempi in tutto il mondo”.