Su Cutro Marco Bertotto, responsabile dei programmi di MSF in Italia, dice: “Le autorità italiane non hanno assunto una sola iniziativa concreta per prevenire altre tragedie”.
https://bit.ly/Comunicato_Cutro_MSF

Sempre su Cutro Amnesty International Italia sollecita “Urgente un cambiamento delle politiche nel rispetto dei diritti umani.
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio di un anno fa, un’imbarcazione di legno, la “Summer Love”, veniva travolta dalle onde e distrutta a pochi metri da Steccato di Cutro, in Calabria.
A bordo c’erano 180 persone; avevano preso il mare da Çeşme, in Turchia, ma il loro viaggio iniziava da più lontano: Iran, Afghanistan, Pakistan, Siria. Meno di 80 i superstiti, 94 i morti accertati, tra cui 34 minorenni.

Di queste persone sono rimasti i vestiti impigliati nelle assi di legno della barca, qualche scarpa sulla spiaggia, i peluche dei bambini e il dolore dei familiari, residenti in Italia, accorsi nella speranza di non trovare i propri cari distesi sulla sabbia coperti da un telo bianco.

Il naufragio che si è consumato un anno fa a poche decine di metri dalla riva di Steccato di Cutro poteva essere evitato.
Sono tanti i nodi aperti sulle responsabilità delle istituzioni, a partire dai mancati soccorsi, su cui la procura di Crotone ha aperto un’indagine e, ora, dopo quasi un anno di inchiesta, ha rinviato a giudizio sei tra ufficiali e sottufficiali di Guardia di finanza e Guardia costiera.
Omissione di soccorso e disastro colposo sono le ipotesi di reato.

Amnesty International Italia ha accolto con favore la decisione della Procura, auspicando che sia fatta luce sulle responsabilità a tutela del diritto internazionale marittimo, che, va ricordato, impone agli stati obblighi in materia di ricerca e soccorso.

A un anno dal naufragio, oltre alle responsabilità specifiche legali, è necessario ancora una volta evidenziare quelle politiche legate a leggi e prassi introdotte dai governi italiani che si sono succeduti e che hanno minato sempre di più l’integrità del sistema di ricerca e soccorso.
Un approccio non solo nazionale ma anche europeo, che, invece di tutelare i diritti umani, predilige fermare le partenze delle persone migranti tramite accordi di esternalizzazione con paesi terzi, come ad esempio la Libia, in cui sono note situazioni di gravi violazioni, e ostacolare le ong e i difensori dei diritti umani impegnati in azioni di ricerca e soccorso.

All’indomani della strage di Steccato di Cutro, Amnesty International aveva chiesto una rapida revisione delle procedure di ricerca e salvataggio e delle politiche sui visti.
Si è andati nella direzione opposta: pochi giorni dopo il naufragio, il governo italiano ha elaborato il decreto legge 20/2023, convertito in Ddl 591/2023, che, dietro la retorica della lotta al traffico di esseri umani, getta in realtà le basi per un peggioramento di una situazione già molto grave. Il testo non aggredisce infatti le reali cause dei viaggi che le persone sono costrette a intraprendere in mancanza di alternative sicure e regolari.
Al contrario, restringe lo spazio di protezione e aumenta le vulnerabilità, smantellando l’istituto della protezione speciale, gettando in uno stato di irregolarità molte persone da tempo in Italia e prevedendo, tra le altre cose, nuove procedure di inammissibilità e l’aumento delle procedure accelerate di frontiera e della detenzione amministrativa. L’accordo stretto tra Italia e Albania si inserisce in questo solco.

I governi nazionali e le istituzioni europee devono con urgenza intraprendere un cambiamento politico, nel rispetto del diritto internazionale e a garanzia dei diritti umani, a partire dall’abolizione del reato di ingresso irregolare e delle misure che ostacolano le attività di soccorso delle Ong.
I morti, i dispersi, i familiari delle vittime del naufragio di Cutro e di tutte le evitabili stragi nel Mediterraneo, meritano maggiore coraggio e responsabilità istituzionali.

Sullo stesso tema, un altro contributo è elaborato dal Centro Astalli, una grande associazione italiana per il servizio ai rifugiati.

“A un anno dal naufragio, fare memoria e mantenere vivo il ricordo di quel tragico evento e dei tanti altri che ne sono seguiti è atto dovuto.
Neanche più un morto nel Mediterraneo si disse a seguito di un’altra tra le più grandi tragedie consumatasi davanti alle coste italiane, a Lampedusa, il 3 ottobre 2013.

Da allora oltre 28mila persone sono morte in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa per chiedere asilo e protezione. Più di 2.500 le vittime nel Mediterraneo nel 2023. Un numero impressionante di bambini, donne e uomini, relegati troppo spesso all’oblio della nostra indifferenza.”

“In occasione dell’anniversario del naufragio di Cutro – dichiara p. Camillo Ripamonti, Presidente Centro Astalli – piuttosto che preoccuparci di quanti sono i migranti arrivati e se c’è stata una flessione nelle percentuali, dovremmo interrogarci se coloro che sono arrivati hanno avuto e hanno possibilità di una vita degna, se ha senso attuare politiche dissuasive o se invece avrebbe più senso impiegare risorse perché chi arriva sia protagonista attivo del proprio futuro e della nuova comunità di vita”.

Torniamo a chiedere di fermare l’ecatombe di migranti in mare. Sia priorità mettere in atto vie legali per garantire accesso alla protezione e sconfiggere così il traffico di esseri umani.
Sia priorità salvare le persone in mare, come previsto da convenzioni internazionali e diritti umani, troppo spesso calpestati con norme demagogiche contro la solidarietà.
Siano priorità politiche strutturali e di lungo periodo che permettano di preparare i territori ad un’accoglienza diffusa di richiedenti asilo e rifugiati.
Sia priorità, contro ogni semplificazione, affrontare il tema della migrazione nelle sue diverse componenti con responsabilità e lucidità, non strumentalizzandolo o banalizzandolo, eliminando i discorsi di odio, razzismo e xenofobia.”