Quando si entra nel parco Don Bosco di Bologna sembra per un attimo di ritrovarsi in una piccola foresta di Hambach (Germania), dove i ragazzi per anni, arrampicati sugli alberi, hanno impedito la distruzione della foresta.
Anche qui ragazze e ragazzi, anziani, residenti di ogni età, genitori uniti nel Comitato Besta (dal nome della scuola “Fabio Besta”) sono insorti (pacificamente) bloccando i lavori di un cantiere che avrebbe distrutto il parco Don Bosco, piccolo polmone verde in un inquinato quartiere di Bologna. Qui il Comune vorrebbe costruire una nuova scuola, a fianco di quella esistente, che sarà poi abbattuta (con un progetto approvato il 22 agosto 2023).
Così da ormai tre settimane, il parco è presidiato dai cittadini giorno e notte. Le reti dei cantieri sono state in parte usate per costruire un piccolo improvvisato gazebo. Sugli alberi dormono i ragazzi (in piccole tende e piattaforme di legno), con corde per arrampicarsi, ma anche una grande altalena dove i bambini si dondolano. Striscioni legati da un albero all’altro recitano “Dal Don Bosco a tutta la città: basta cemento”, “Parco che resiste”.
Tutte le mattine alle 6.30 c’è la “colazione resistente”, offerta a chiunque passi nel parco per dare un saluto e una presenza.
Svettano anche i cartelli “No passante” visto che a poche centinaia di metri la terra è sventrata anche da un altro cantiere, quello del Passante, la grande opera ormai simbolo di Bologna, che porterà a 18 corsie la tangenziale, abbattendo migliaia di alberi.
Costruire anziché ristrutturare, cementificare anziché rigenerare, è il leitmotiv che neppure l’alluvione ha fermato, a danno del suolo libero che è sempre meno. “42 alberi saranno abbattuti solo qui nel parco -spiega Caterina di Ecoresistenze per Cambiare Rotta, organizzazione giovanile che si occupa di disarmo e ambiente- eppure le scuole si potrebbero ristrutturare a beneficio di tutti. Ma la logica predatoria del capitalismo che vediamo un po’ ovunque, punta sempre a costruire nuovo, in una crescita infinita che devasta la terra e le vite per il profitto”.
Il costo per rifare ex novo le scuole Besta è di circa 18 milioni di euro, di cui due dal PNRR e gli altri accendendo un mutuo con la BEI (Banca Europea Investimenti). “Quindi un debito che graverà sui cittadini per un progetto inutile oltre che dannoso -riflette Gianni de Giuli, uno dei portavoce del Comitato Besta-. Le attuali scuole possono essere ristrutturate con una spesa molto inferiore, salvando inoltre quello che è ancora un gioiellino sul piano pedagogico: progettato a fine anni 70 attraverso un confronto costante tra architetti, pedagogisti dell’Università e insegnanti e visitato da delegazioni di mezzo mondo”.
Giovedì 15 febbraio, si è tenuta un’assemblea pubblica: presenti nel parco Don Bosco tante realtà da tutta Italia a dimostrare la convergenza delle lotte. Testimonianze dalla Val Susa devastata dai cantieri Tap, da Ravenna stretta nella morsa delle infrastrutture per il gas, dalle terre interessate dal metanodotto Linea Adriatica e da Reca, Rete Emergenza Climatica e Ambientale.
Bologna, che si vanta di essere la città più progressista e verde d’Italia, si trova ostinatamente impelagata in opere grigie e impattanti, come il Passante e le scuole Besta, che catalizzano lo sdegno degli ambientalisti e non solo. “Bologna vuole raggiungere la neutralità climatica entro il 2030 (come altre 99 città europee) , eppure continua a impermeabilizzare suolo e abbattere alberi -affonda l’ingegner Gabriele Bollini, docente di Ingegneria all’Università di Modena e Reggio e membro dell’Osservatorio civico Pnrr di Bologna (costituito da Legambiente, Libera e Period think thank)-. Un ettaro di terreno fertile assorbe circa 90 tonnellate di carbonio, quasi 4 milioni di litri di acqua, come saranno compensati tutti questi benefici una volta distrutto il suolo? Non basta piantumare un centinaio di alberelli, che saranno utili per fornire servizi ecosistemici solo tra qualche decennio”.
Bollini, come Osservatorio Civico PNRR, per conto del comitato Besta, ha analizzato il progetto della futura scuola rilevando evidenti errori negli elaborati tecnici: “Questo progetto, che appunto gode dei fondi PNRR, deve rispettare il principio Do No Significant Harm (DNSH), secondo il quale gli interventi previsti dai PNRR nazionali non debbono arrecare nessun danno significativo ai sei obiettivi ambientali a base del Green Deal europeo. Una vera e propria valutazione della sostenibilità ambientale di ogni intervento finanziato con soldi europei. La società incaricata di progettazione, ha commesso evidenti errori nella valutazione del DNSH, e il Comune non ha eccepito nulla. Lo abbiamo segnalato ma il responsabile tecnico nega ogni cosa. Il rischio è che quando l’Europa farà le verifiche potrebbe non dare i soldi richiesti”.
Il comitato ha così deciso di passare alle vie legali, con un ricorso al giudice civile per tutelare il diritto alla salute dei residenti, chiedendo la sospensione dei lavori. Il verdetto è atteso il 14 marzo. Il Comune, che solo su sollecitazione della questura aveva promesso un incontro con i manifestanti, ha poi negato ogni possibilità di dialogo.
Quando la nebbia e la notte iniziano a scendere, Gianni De Giuli lancia un appello a tutti, perché ogni giorno che passa, lo sgombero è sempre più imminente. Ignorati da quasi tutti i media nazionali, queste persone di ogni età ed estrazione sociale, stanno dando prova di un grande coraggio e cittadinanza attiva:
“Ovunque nel mondo ci sono soprusi che ci fanno sentire impotenti e senza fiato -commenta Gianni- eppure ognuno deve fare quel che può nel proprio angolo di mondo, restando connessi in reti solidali. Noi abbiamo un parco davanti casa e lo difenderemo finché ci sarà possibile”.