Secondo un nuovo rapporto pubblicato oggi dall’UNICEF, quasi mezzo milione di bambini – ovvero 456.000 – in Europa e in Asia centrale vivono in strutture di accoglienza, compresi gli istituti di grandi dimensioni.
“Pathways to Better Protection: taking stock of the situation of children in alternative care in Europe and Central Asia” rileva che il tasso di bambini che vivono in strutture di accoglienza in Europa e Asia centrale è doppio rispetto alla media mondiale, con 232 bambini su 100.000 che vivono in strutture di accoglienza rispetto ai 105 su 100.000 a livello globale. In Italia nel 2017 erano 130 su 100.000, mentre quelli in affido familiare 144 su 100.000.
“Abbiamo ancora molta strada da fare prima di porre fine al lungo e doloroso retaggio dell’istituzionalizzazione dei bambini in Europa e Asia centrale. Sebbene ci siano stati alcuni miglioramenti, i progressi sono stati tutt’altro che uguali. I bambini con disabilità sono stati in gran parte lasciati indietro”, ha dichiarato Regina De Dominicis, Direttrice regionale dell’UNICEF per l’Europa e l’Asia Centrale.
L’Europa Occidentale ha il più alto tasso di bambini in strutture di accoglienza, 294 ogni 100.000, quasi il triplo della media mondiale. Sebbene le strutture in Europa occidentale tendano a essere di piccole dimensioni e integrate nelle comunità, permane un uso eccessivo dell’accoglienza residenziale anziché di quella familiare. Il tasso più elevato è in parte dovuto all’aumento dei minorenni non accompagnati e dei giovani richiedenti asilo che sono arrivati in Europa negli ultimi anni.
Il rapporto evidenzia anche alcune tendenze positive. Ad esempio, dal 2010 in molti Paesi è diminuita la percentuale di bambini e bambine che vivono in strutture di accoglienza. In Bulgaria, Moldavia e Georgia, i dati indicano che l’affido familiare è diventato il tipo dominante di accoglienza alternativa formale, poiché i governi hanno perseguito politiche di deistituzionalizzazione e hanno effettuato investimenti significativi nel supporto alle famiglie. In Turchia e Romania, gli investimenti nella prevenzione, nel sostegno alle famiglie e nella promozione dell’affido familiare hanno contribuito a ridurre il numero di bambini e bambine in alcuni tipi di strutture residenziali.
Tuttavia, ci sono stati pochi progressi per i bambini e le bambine con disabilità, che hanno molte più probabilità di essere collocati in strutture residenziali rispetto ai bambini senza disabilità. Nei Paesi in cui i dati sono disponibili, i bambini con disabilità rappresentano tra il 4% fino all’87% dei bambini in strutture di accoglienza residenziale. In più della metà dei Paesi con dati disponibili, la percentuale di bambini con disabilità in tutti i tipi di strutture formali di accoglienza è aumentata tra il 2015 e il 2021.
Gli impatti negativi della separazione familiare e dell’istituzionalizzazione sulla salute, lo sviluppo e il benessere dei bambini e delle bambine sono ben documentati. I bambini che vivono in istituti di grandi dimensioni sono più esposti a trascuratezza affettiva, rischio di abuso e sfruttamento, disagio psicologico e problemi legati alla salute mentale.
I bambini e le bambine in istituti possono avere difficoltà a creare relazioni positive durante l’infanzia e l’età adulta, sentendosi isolati e soli, nonché maggiori difficoltà rispetto al loro sviluppo, anche cognitivo. I bambini che si trovano in strutture di accoglienza – soprattutto da piccoli – possono subire ritardi cognitivi, linguistici e di altro tipo nel loro sviluppo, e hanno maggiori probabilità di entrare in contrasto con la legge, perpetuando i cicli di istituzionalizzazione.
In linea con la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e con le Linee guida delle Nazioni Unite relative all’accoglienza dei minori fuori famiglia, l’UNICEF chiede la chiusura progressiva degli istituti di grandi dimensioni utilizzati per ospitare ed educare i bambini e le bambine in tutta la regione dell’Europa e Asia Centrale. Ciò include la sostituzione delle strutture residenziali che ospitano bambini e bambine con disabilità o minorenni non accompagnati, con un’accoglienza di alta qualità, basata sulla famiglia e sulla comunità.
L’UNICEF chiede investimenti adeguati a sostenere l’identificazione precoce e l’intervento tempestivo per i bambini e le bambine a rischio, un rafforzamento dei servizi sociali e dei servizi di sostegno alle famiglie per prevenire separazioni familiari e affidi familiari di qualità per i bambini che necessitano di protezione. È fondamentale riallocare le risorse dall’assistenza istituzionale a quella familiare e comunitaria e garantire investimenti nella raccolta di dati di qualità.
L’UNICEF collabora con i Governi e i partner di tutta la Regione dell’Europa e Asia Centrale per supportare le famiglie ed evitare separazioni. Ciò include lo sviluppo e l’attuazione di politiche e programmi di deistituzionalizzazione, l’aumento dei servizi di protezione e di sostegno alle famiglie, la promozione di un’assistenza basata sulla famiglia e sulla comunità, il ricongiungimento familiare e la transizione sicura verso una vita indipendente. L’UNICEF collabora inoltre con i Governi e gli uffici statistici nazionali per migliorare la disponibilità, la comparabilità e la qualità dei dati sui bambini e bambine fuori famiglia.
In Italia l’UNICEF promuove attivamente forme di accoglienza per famiglie e minorenni migranti e rifugiati soli attraverso due forme di attivazione chiave.
Una di queste è rappresentata dall’affido familiare, implementato attraverso progetti come “Terreferme” in collaborazione con il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) o “Altri Legami” con Borgo Ragazzi Don Bosco, che supporta i sistemi locali di protezione e servizio sociale per includere anche i minori stranieri non accompagnati in interventi di affido familiare.
Un’altra forma di attivazione è il programma di accoglienza in famiglia di giovani neomaggiorenni o di nuclei familiari migranti o rifugiati promosso dall’UNICEF in collaborazione con Refugees Welcome Italia. La formazione delle famiglie, il monitoraggio e il supporto a questi percorsi sono fondamentali, riconoscendo la responsabilità istituzionale dei servizi sociali preposti e delle autorità giudiziarie. Circa 60 famiglie sono in corso di valutazione per un possibile abbinamento con i 30 minori stranieri non accompagnati che hanno potuto accesso ai percorsi di accoglienza diffusa e affido familiare. Ad oggi, sono più di 100 gli affidi in corso realizzati.
In concomitanza con il lancio del report, sono state diffuse tre storie con video che narrano l’implementazione di diverse forme di supporto a minori migranti soli o a nuclei familiari attraverso la collaborazione con i nostri partner:
• “Il segreto è essere aperti verso chi ci sta intorno”, l’esperienza di accoglienza in famiglia di Isme, Pilar e Carlo. https://www.youtube.com/watch?v=BZ8CNDoqT70
• Sentirsi a casa fuori dal proprio Paese. La storia di Svitlana e Karolina, affiancate da Claudia https://www.youtube.com/watch?v=ulRaBG0ty9U
• Mai troppo tardi per sentirsi “famiglia”: La storia di Ilaria, Adrian e Mahdi https://www.youtube.com/watch?v=brjNdAm9So4
Per saperne di più, è possibile consultare la pagina unicef.it/alternativecare