Sabato pomeriggio a partire dalle 16 si è tenuto in piazza Castello il presidio della Rete Sanitari per Gaza; la manifestazione è inserita sia nella serie di eventi nazionali dei sanitari solidali con Gaza che nella giornata di azione globale per la Palestina.
La richiesta principale della rete è quella di un cessate il fuoco immediato e definitivo a Gaza con una particolare attenzione alla solidarietà verso il personale sanitario, colpito sia attraverso gli attacchi dell’IDF agli ospedali gazawi, che rendono impossibile la cura dei numerosi feriti, sia in termini di sanitari morti (374 dall’inizio delle operazioni militari) e feriti; richiesta contestualizzata e ribadita nell’intervento iniziale.
Le vite dei palestinesi di Gaza sono in pericolo non solo a causa dei pesantissimi bombardamenti aerei, ma anche per i cecchini ed i carri armati che prendono di mira chiunque si trovi sul loro cammino; le loro vite sono in pericolo perché sono passati tre mesi da quando il blocco che da sedici anni teneva i bambini di Gaza appena sopra la soglia di malnutrizione è stato gravemente inasprito; da tre mesi l’acqua e l’elettricità sono state tagliate ed i camion di cibo sono bloccati al confine.
La vita dei gazawi è in pericolo, quasi due milioni di persone sono state costrette a spostarsi verso sud, in fuga dalle bombe e dall’invasione del territorio, in condizioni igieniche precarie, con un bagno ogni 700 persone; sono in pericolo perché i corpi dei palestinesi uccisi dai cecchini non possono essere recuperati e si decompongono nelle strade; le vite sono in pericolo perché le fogne traboccano e tutto ciò espone le persone a molte malattie infettive, potenzialmente letali; sono in pericolo perché non ci sono abbastanza medicine, elettricità, acqua e forniture mediche per curare i malati o per assistere adeguatamente le 180 donne palestinesi che partoriscono ogni giorno.
Le vite sono in pericolo perché più di 370 operatori sanitari sono stati pesi di mira ed uccisi dall’esercito israeliano[1]. Il personale medico responsabile della cura dei malati e dei feriti, così come gli ospedali, vengono deliberatamente attaccati.
Dopo tutto quello che è successo come possiamo parlare di dignità, quando più del 50% delle case di Gaza sono state rase al suolo e lasciate in rovina dall’esercito israeliano, come possiamo parlare di dignità quando i palestinesi, anche quelli che sono sopravvissuti, non hanno alcuna garanzia di sicurezza e la minaccia di una bomba e di un cecchino è permanente.
Come possiamo parare di dignità quando i palestinesi non possono piangere i loro cari che giacciono nelle strade o sotto le rovine. Come possiamo parlare di dignità quando il rumore incessante di aerei e droni è sempre presente.
Di fronte a tutti questi orrori, alla violazione di ciò che la nostra professione si propone di preservare, noi operatori sanitari siamo al fianco del popolo di Gaza e solidali con i nostri colleghi palestinesi. Noi operatori sanitari uniamo le nostre voci condividendo questo discorso nei quattro angoli del mondo.
Denunciamo con la massima fermezza i crimini di guerra che si stanno verificando a Gaza, chiediamo sanzioni contro Israele affinché questo massacro abbia fine.
Chiediamo un cessate il fuoco e la fornitura di aiuti umanitari e medici a Gaza[2]
Le manifestazioni di solidarietà con Gaza e per la richiesta di un cessate il fuoco immediato e definitivo continueranno lunedì 15 gennaio a partire dalle 14 con il presidio in piazza palazzo di Città in concomitanza con la riunione del consiglio comunale di Torino in cui verrà richiesto l’impegno del Comune di Torino per la creazione di corridoi umanitari con Gaza, in considerazione del gemellaggio che lega la città di Torino a Gaza dal 1999.
[1] Nel discorso sono stati elencati alcuni dei nomi dei sanitari uccisi
[2] Trascrizione del discorso iniziale del presidio