Il 15 aprile 2023 ha segnato l’inizio di violenti scontri armati in Sudan tra le Forze armate sudanesi, fedeli al capo di stato maggiore del Paese, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le forze di supporto rapido guidate da Mohammed Hamdan Dagalo, finalizzati alla presa del potere e al sovvertimento delle istituzioni elette democraticamente.
Purtroppo, ad oggi, le violenze si sono propagate in tutto il Paese, non accennano a diminuire e, a pagare il prezzo più alto di questo fuoco incrociato, è la popolazione civile, rimasta senza casa, beni di prima necessità e sovente costretta ad emigrare.

L’agenzia stampa Interris.it, in merito all’attuale situazione in Sudan e all’opera di supporto umanitario in corso, ha intervistato Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’Ufficio Medio Oriente e Nord Africa di Caritas italiana.

Qual è l’attuale situazione in Sudan?
“In Sudan, attualmente, la situazione continua ad essere molto grave. Si sta verificando una crisi umanitaria molto severa, i cui numeri sono sempre molto imprecisi.
La guerra in corso, purtroppo, non è raccontata o lo è pochissimo in quanto, per i giornalisti internazionali, non è possibile entrare in Sudan e, invece, quelli locali, hanno molti limiti nella loro possibilità di documentazione.
Tutto ciò fa sì che, i dati inerenti alla crisi in atto, siano approssimati per difetto.
Gli ultimi aggiornamenti forniti dalle Nazioni Unite parlano di oltre 6,7 milioni di persone sfollate, di cui molte rifugiate in aree del paese ritenute più sicure e 1,4 milioni nei paesi vicini, in particolare nella Repubblica Centrafricana, in Ciad, Sud Sudan ed Egitto.

Ciò significa che, allo stato attuale, il Sudan è il Paese con il maggior numero di sfollati interni al mondo.
Non si sa quante siano le vittime, si parla di più di 12 – 13 mila persone uccise ma, questo numero, è sicuramente approssimato per difetto.
Stanno emergendo delle foto satellitari, le quali dimostrerebbero che, in alcune aree del paese, come ad esempio nel Darfur occidentale, sono stati perpetrati degli omicidi di massa.

La guerra in corso ha un grande impatto su tutto il Sudan che, già precedentemente, viveva una situazione non facile ed era un luogo di accoglienza per i popoli dei paesi vicini che, a loro volta, vivono situazioni umanitarie non facili.
Attualmente, 24 milioni di persone, faticano a rispondere ai loro bisogni fondamentali e, le ultime stime, hanno sottolineato che, ben 18 milioni, si trovano in condizioni di scarsità di cibo, di cui almeno 6 milioni in un frangente ancora più grave.

Il conflitto ha danneggiato le strutture sanitarie esistenti, provocando notevoli difficoltà di accesso all’acqua e all’elettricità.
Tutto ciò sta contribuendo ad aumentare il rischio di epidemie e, in alcune zone del Paese, sono già stati riscontrati settemila casi di colera con centinaia di morti. La crisi in atto è complessa, estremamente grave e poco raccontata”.

Caritas in questi paesi è presente attraverso le sue articolazioni locali ed estere. La rete di assistenza si è attivata subito dopo lo scoppio della guerra, pur in condizioni non facili, per fornire assistenza dal punto di vista umanitario con kit alimentari, materiale igienico, fornitura di acqua potabile e, ove possibile, con specifiche trivellazioni.
In Ciad, nel campo dove siamo presenti, abbiamo realizzato numerose latrine, che sono molto importanti per mantenere buone condizioni igieniche.
Invece, laddove sono presenti dei mercati, come in Sud Sudan, Etiopia e in alcune aree del Sudan, forniamo alla popolazione dei voucher per l’acquisto di beni di prima necessità.
In Sud Sudan inoltre, la Caritas sta sostenendo i rifugiati nel trasporto, aiutando le persone a trasferirsi nel viaggio e nelle loro contee di origine, da dove peraltro erano fuggiti molti anni fa a causa del conflitto che, a quel tempo, si combatteva in quel paese”.

In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione di sostegno in quest’area?
“Chi desidera aiutarci può fare una donazione a Caritas Italiana sulla pagina dedicata a questa emergenza. Ciò è molto importante perché, la situazione in Sudan, è poco raccontata e, di conseguenza, anche le risorse a disposizione, sono molto limitate.
La seconda azione che è possibile compiere è parlare di questa situazione, impegnandosi a parlare di questa guerra che, come quella in Medio Oriente e in Ucraina, stanno colpendo i civili.
Occorre ricordare che, il conflitto in Sudan, è una guerra tra due generali e, le vittime civili, ne stanno facendo le spese.
Bisogna delegittimare chi usa la violenza come strumento di potere”.