Per il 62,7% degli italiani il lavoro non è più centrale nella propria vita, il 76,2% dei giovani scambierebbe solo a caro prezzo un’ora di tempo libero con un’ora di lavoro e per l’80% degli occupati nel passato si è chiesto troppo a chi lavora e ora è giusto pensare più a sé stessi. Sono alcuni dei dati riguardanti l’intero Paese presenti nel Rapporto del CENSIS “Il senso del lavoro nella comunità produttiva e urbana di Bologna” presentato in questi giorni.
“Circa due terzi degli italiani, scrive il CENSIS, condividono l’opinione secondo la quale “il lavoro non è più centrale nella vita delle persone” e anzi rappresenta solo un mezzo per garantirsi un reddito. La centralità del lavoro nella vita delle persone perde di significato, ovviamente più fra gli occupati se si confrontano con i disoccupati (è d’accordo il 63,1% dei primi contro il 52,2% dei secondi), e fra i più anziani se si confrontano con i più giovani (concorda con l’affermazione il 63,7% di chi ha almeno 65 anni, contro il 60,7% dei 18-35enni). Più sfumata è la distanza di opinione fra uomini e donne e fra le persone con diversi titoli di studio. Ma accanto a ciò, acquista un’importanza non secondaria anche un aspetto che ha contribuito, negli ultimi anni, alla formazione delle opinioni sul lavoro da parte delle persone. Tre quarti degli italiani condividono l’affermazione secondo la quale in Italia il lavoro c’è, ma si tratta di un lavoro poco qualificato e sottopagato.”
Più lavoro, ma non per i giovani e per le donne. A partire dalla ripresa post-Covid, sottolinea il CENSIS, si registra una prolungata fase di crescita del lavoro: al crollo dell’occupazione fra gennaio 2020 e luglio 2020 che ha sfiorato il milione di addetti (-937.000), è seguito un progressivo aumento del volume degli occupati che da luglio 2020 a novembre 2023 è passato da poco più di 22 milioni a oltre 23 milioni e 700.000, raggiungendo il livello più alto mai registrato in Italia. Fra il terzo trimestre 2022 e il terzo trimestre 2023, l’occupazione in Italia è aumentata di 470.000 unità, ma nel giro di dieci anni – fra il 2012 e il 2022 – la base occupazionale formata da giovani con un’età compresa fra i 15 e i 34 anni si è ridotta di circa 360.000 unità (188.000 sono riconducibili al Mezzogiorno), mentre i lavoratori con almeno 50 anni di età sono aumentati di 2,7 milioni. Inoltre, la mancata partecipazione al mercato del lavoro conta oggi 12 milioni e 434.000 persone (quasi otto milioni sono donne) che, pur essendo in età lavorativa, non lavorano e non sono alla ricerca di un lavoro: quasi dieci italiani su cento dichiarano di non partecipare al mercato del lavoro perché scoraggiati dagli esiti negativi della ricerca di un lavoro (prevalentemente donne).
Lavorare per vivere (e non vivere per lavorare). Come si accennava, secondo i dati del CENSIS, i tre quarti degli italiani (il 76,1%) condividono l’affermazione secondo la quale in Italia il lavoro c’è, ma si tratta di un lavoro poco qualificato e sottopagato. Il 76,2% dei giovani sono convinti che un impegno aggiuntivo di un’ora di lavoro deve avere un compenso tale da giustificare la rinuncia a un’ora di tempo libero e l’80% degli italiani occupati vede nel lavoro un fattore che, soprattutto in passato, ha portato a trascurare gli interessi personali, tanto da porre il proprio benessere in secondo piano (lo pensa anche il 79,8% dei più giovani e l’80,8% nella classe dei 35-64enni). Fra chi è oggi alla ricerca di un nuovo lavoro, il 36,2% indica come motivazione principale quella di ottenere un guadagno più elevato rispetto a quello corrente; il 36,1% afferma invece che la ricerca di un nuovo lavoro è stimolata dalla necessità di vedere riconosciuto il livello di competenze acquisito insieme a una maggiore prospettiva di carriera. “Nella componente più giovane degli occupati, scrivono i ricercatori del CENSIS, si avverte anche una decisa tendenza a non condividere l’equazione “più lavoro, più consumo” (il 66,5% di chi ha un’età compresa fra i 18 e i 35 anni), ma in realtà questa percentuale risulta più elevata fra gli over 35, tanto da raggiungere il 77,8% fra i 35-64enni e il 77,2% fra chi ha almeno 65 anni.”
Volendo sintetizzare quanto evidenziato dal CENSIS a proposito del senso degli italiani per il lavoro, possiamo affermare che: la centralità del lavoro nella vita delle persone perde di significato, con tre quarti degli italiani che condividono l’affermazione secondo la quale in Italia il lavoro c’è, ma si tratta di un lavoro poco qualificato e sottopagato; la stragrande maggioranza degli italiani pensa che a differenza del passato il lavoro non può arrivare a comprimere gli interessi personali, tanto da porre il proprio benessere in secondo piano. E’ in atto, quindi, una progressiva “laicizzazione” nel rapporto con il lavoro (anche un certo disincanto) e il superamento di una certa “idealizzazione” del lavoro (diffusa ancora fra i lavoratori prossimi all’uscita dall’occupazione), soprattutto da parte delle generazioni più giovani. Elementi di cambiamento del senso del lavoro che i decisori pubblici farebbero bene a considerare quando commentano i dati sull’andamento del mercato del lavoro e ancor di più quando si apprestano a legiferare.
Qui il Rapporto: https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Il%20senso%20del%20lavoro%20nella%20comunit%C3%A0%20produttiva%20e%20urbana%20di%20bologna.pdf.