Che fare il primo dell’anno 2024? ma naturalmente vedersi Munich di Steven Spielberg, che domande!

Dopodichè ho scoperto il motivo per la mia originale scelta su come passare parte del talvolta noioso primo giorno di un nuovo anno. Era la ricerca di qualcosa che mi parlasse di temi su cui sto lavorando interiormente e nel raffronto con il mondo da un po’ di tempo, ma anche recepire nel mio particolare modo un tipo di atmosfera e di inquietudini che si respirano da un po’ come qualcosa di comune, probabilmente, a gran parte dell’umanità in questa epoca di crisi da transizione evolutiva (in quale senso è tutto da scoprire).

Sto parlando di un film del “lontano” 2005 che si basa su accadimenti in gran parte reali degli ancora più lontani primi anni ‘70 dello scorso secolo. Lo sfondo è la missione segreta di alcuni agenti del Mossad israeliano per “punire” 11 presunti ideatori del sequestro finito in carneficina degli atleti israeliani nel villaggio olimpico di Monaco di Baviera, ad opera (il sequestro ma non la carneficina, o almeno solo in parte) dell’organizzazione arabo-palestinese di “Settembre Nero”.

Il film è stato sceneggiato basandosi su di un libro-inchiesta dal titolo più che indicativo: “Vengeance”.

Il film, di cui si può parlare in diversi modi per diversi aspetti, è sicuramente molto efficace e suggestivo nell’insinuare un interrogativo di fondo: “Si può uscire dal circolo vizioso della vendetta?”. Ci catapulta senza troppi fronzoli retorici nella ormai quasi secolare questione israelo-palestinese, e in questo momento poco altro è così indicato di questo film per “addentrarsi” nel clima in ci si è sviluppato questo groviglio in cui la vendetta ad ogni costo non è solo il mezzo, ma anche il fine che legittima l’esistenza di uno Stato e di chi lotta contro questo.

Quali riflessioni quindi mi ha scatenato la sua visione?

1) la Vendetta è un vestito che da protettivo, da “regolatore” di giustizia sta diventando una trappola asfissiante per una nuova sensibilità che si sta affacciando in questo inizio di millennio. Se è servita in qualche momento delle fasi iniziali della “Nostra Storia” ora è un fardello pesante che incrina le prospettive future di sopravvivenza dell’intero genere umano. La Vendetta è figlia del Risentimento, e prospera nella “Casa del Senso di Colpa”. Nello specifico terribile dell’attuale carneficina in terra palestinese, quelle terre sono come la “piastra di Petri” della storia e della geografia di una grande parte di mondo, che comincia in medio oriente e finisce in nordamerica. In quella speciale condizione si è formato lo Stato di Israele e ora l’uscire da questa situazione è compito e responsabilità di tutti. Ma non se ne potrà uscire senza che ogni parte che ha formato quel “terreno di cultura” non si purifichi internamente uscendo dalla retorica e dall’ipocrisia, e prima ancora dal Risentimento, dalla Frustrazione e dal Senso di Colpa e, in definitiva, trovare il modo di uscire definitivamente dal tunnel della Vendetta, anche se mascherata con molti altri nomi.

2) il Perdono, che si fa partire come “Storia” dalla parabola di Gesù di Nazareth, è sicuramente qualcosa che ha attenuato e cercato di trasformare la vendetta in un sentimento e in una pratica che potesse far uscire l’umanità dal vicolo cieco della violenza come “motore” stesso della Storia. E’ sicuramente l’entrata in un nuovo paradigma epocale, che ha sviluppato nuove risposte e nuovi antidoti morali e pratici contro la violenza, ma che però ha diversi limiti, e nel suo intrecciarsi con la traiettoria della vendetta ha generato anche diversi “mostri”, di cui uno è sicuramente l’instaurazione “dell’edificio interiore” all’essere umano del Senso di Colpa, che ha donato paradossalmente nuova linfa al tema della vendetta. In ogni caso nella sua mirabile esposizione sul tema della Riconciliazione, Mario Rodriguez Cobos, noto ai più con lo pseudonimo di “Silo”  (nel 2007 in Argentina) ha detto a proposito: “Il perdono richiede che uno dei termini si metta ad un’altezza morale superiore e che l’altro termine si umili di fronte a chi perdona.“ Questo è sicuramente un limite che ha impedito l’instaurarsi di un rapporto tra “compartecipanti” della stessa storia, ma ha cristallizato posizioni gerarchiche che hanno poi giustificato altre atrocità. D’altronde lo stesso regista di “Munich” nel suo ancora più famoso “Schindler’s List” mostra i limiti della pratica del perdono, in maniera quasi grottesca, nel momento che lo stesso protagonista del film prova strumentalmente per un degno scopo a “instillarne” il sentimento nel capo del campo di concentramento di Kraków-Płaszów per proteggere i reclusi dalle scorribande omicide dello stesso. Per farlo sintetizza questo elemento del perdono citato da Silo, esaltando la superiorità del gerarca rispetto ai miserabili ebrei nell’essere cosi grande da perdonarli per i loro errori. Sappiamo che non funzionò, la stessa “grandezza” poneva l’uomo ancora di più nella sensazione di essere al di sopra del bene e del male. In poche parole il Perdono è stata un’ottimo “rimedio” curativo, o meglio anti-infiammatorio ma che non può essere sostenuto nel tempo, non genera una vera guarigione e procura diversi effetti avversi.

3) siamo nell’esigenza vitale, come popolo planetario, di sviluppare i semi della “Riconciliazione” dentro ognuno di noi e nella pratica sociale. Esempi già ce ne sono stati nella Storia, ma quello che forse mancava per dar continuità ad alcuni processi che si erano avviati (come per esempio quello avvenuto in Sudafrica subito dopo la fine dell’Apartheid) e ciò che forse ora si sta formando con maggior forza, ovvero una sorta di “ripugnanza fisica” verso la violenza. Qualcosa che non è ancora chiaro in molti di noi, ma che comunque ci rende molto più sensibili di epoche addietro a tutto ciò che sta succedendo, molto vicino o molto lontano da noi, come qualcosa che coinvolge la nostra stessa essenza di essere umani, a cui non vogliamo rassegnarci dal dover prescindere, e di cui sentiamo fortemente l’esigenza di liberarsi, ovvero della violenza e quindi anche e sopratutto del sentimento della vendetta.

Cosi, inquieto ma speranzoso, termino e lascio spazio ai “consigli per gli acquisti” per il nuovo anno che sta iniziando…

“Principio numero 8: “farai sparire i tuoi conflitti quando li avrai compresi nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere” (Silo, Umanizzare la Terra, lo Sguardo Interno)

“Questi sono giorni di Riconciliazione. Riconciliazione sincera con noi stessi e con coloro che ci hanno ferito.” (Silo, discorso nelle “Giornate di Esperienze” nel Parco di Studio e Riflessione di Punta de Vacas, maggio 2007)

“Non è il caso di tentare la falsificazione della memoria. È il caso di cercare di comprendere quello che è accaduto per entrare nel passo superiore del riconciliare. Niente di buono si ottiene personalmente o socialmente con l’oblio o col perdono. Né oblio né perdono! Perché la mente deve rimanere fresca ed attenta senza dissimulazioni né falsificazioni. “ (idem)

“Se cerchiamo la riconciliazione sincera con noi stessi e con quelli che ci hanno ferito intensamente è perché vogliamo una trasformazione profonda della nostra vita. Una trasformazione che ci tiri fuori dal risentimento nel quale, in definitiva, nessuno si riconcilia con nessuno e neanche con sé stesso” (idem)

“Se arriviamo a comprendere che il nostro nemico è un essere che ha vissuto anch’egli con speranze e fallimenti, un essere nel quale ci sono stati bei momenti di pienezza e momenti di frustrazione e risentimento, avremo messo una sguardo umanizzatore sulla pelle della mostruosità “ (idem)

“Non saremo noi a giudicare gli errori, nostri o altrui, a questo fine ci saranno i risarcimenti umani e la giustizia umana e sarà la statura dei tempi quella che eserciterà il suo dominio, perché io non voglio giudicarmi né giudicare… voglio comprendere in profondità per pulire la mia mente da ogni risentimento. “ (idem)

“Nego ogni diritto di accusare a coloro che appartengono ad una fazione nella cui storia, vicina o lontana, figuri la soppressione della vita.”  (Silo, Umanizzare la Terra, il Paesaggio Interno)

“Neppure quanto di peggio c’è nel criminale mi è estraneo. E se lo riconosco nel paesaggio, lo riconosco anche in me. E’ per questo che voglio superare in me e in ogni essere umano ciò che lotta per sopprimere la vita. Voglio superare l’abisso!” (idem)

“Che in futuro, nei momenti più oscuri, la tua allegria ti faccia ricordare questa frase: “La vita cerca la crescita, non la compensazione del nulla!” (idem)