Sergio Mattarella ha recitato domenica, davanti agli schermi tivù il rituale annuale “discorso di fine d’anno”. Qui ha ricordato, a favore di chi li sconoscesse, « i valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza ».

Nel documento, integralmente presente sul sito del palazzo [1], sia pure coi toni bassi propri del ruolo che si è ricavato, Mattarella, citandoli, ha dato risalto a certi temi politici mi è sembrato come da voler apparire suggeritore dell’agenda del governo Meloni.

Sergio Mattarella, tuttavia, è stato pure contemporaneamente colpevole di gravi amnesie: ad esempio non curandosi di temi quali quello della difesa dell’ambiente – e quindi anche il “cambiamento climatico” – e lo sport cui pure si è data recentemente dignità costituzionale, e quello della cura degli emarginati, dei senza tetto, dei poveri – economici e sociali -, e dei detenuti seppelliti al 41bis. Fortunatamente ci ha pure volontariamente risparmiato l’invito a dedicarci … alla natalità.

Il tema centrale, e non poteva non essere così, è stato però, quello della guerra, anzi delle guerre. Mattarella, tuttavia, ha preferito annacquarlo dentro quello più ampio della violenza, « cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana ».

Nello specifico, poi, ha sostenuto che « volere la pace non è neutralità ». Occorre essere insomma di parte, tifosi però di “una parte” e non della ragione, non vale la diplomazia ma lo “schieramento” vale a dire. Nel caso dell’Italia, è ovvio, lo schieramento deve essere quello del simbolo del capitalismo e del liberismo, dei nostri vincitori, quello degli Stati Uniti d’America.

Così la colpa della guerra e delle devastazioni in Ucraina sono della Russia, che l’ha « invasa per sottometterla e annetterla ». Mentre, asimmetricamente, il colpevole della guerra in Palestina è Hamas, colpevole della « orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità ». Quella di Israele, invece, è solo una « reazione », non certo un atto di genocidio come invece afferma Amnesty. Resta la implicita condanna, vana, per la « tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata; menandone vanto ».

In tema di violenza, un accenno a quella sulle donne, definita « odiosa »: « l’amore non è egoismo, dominio, malinteso orgoglio », ha intimato Mattarella. In merità, il 25 novembre, nella giornata contro la violenza sulle donne, egli aveva in proposit dichiarato che la violenza sulle donne “è un fallimento della società”.

Ma il vero nemico è la Rete, Internet. Qui da condannare, anzi da censurare, la « violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che vi si presentano, sovente ». Non ben chiaro, invece, verso chi si rivolgesse quando ha ricordato la « pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività ».

Sergio Mattarella ha pure parlato del lavoro, necessariamente, dato che la repubblica è “fondata sul lavoro”: un lavoro a volte (?) « sottopagato », e a volte (?) svolto con « scarsa sicurezza » così da causare « tante, inammissibili, vittime ». Il ribadire, poi, le « immani differenze di retribuzione » può essere sembrato un richiamo al governo verso la statuizione di un “salario minimo”.

Su questo tema Mattarella ha insistito annunciando l’inarrestabile progresso della « intelligenza artificiale che si autoalimenta » [generativa, NdR] e le sue ovvie conseguenze: « modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali ».

Altro elemento centrale del discorso di Mattarella il riferimento a democrazia e libertà. A suo modo di vedere sembra siano di fatto dei sinonimi: una democrazia che è data dalla « partecipazione attiva alla vita civile » che però, di fatto, si riduce a quei quindi minuti ogni cinque anni necessari per « l’esercizio del diritto di voto ». Ciò dimentico che nella Costituzione è centrale anche la partecipazione diretta, col diritto di petizione ( rimasto inascoltato sulla vicenda del greenpass ) e di referendum ( spesso ostacolato come quello contro la guerra recentemente promosso e oscurato dalla tivù, quando non aggirato ). Troppa ipocrisia poi affermare che « per definire la strada da percorrere, le scelte della comunità, è il voto libero che decide » in un Paese dove vigono una legge elettorale maggioritaria, le liste bloccate, la libertà di mandato degli eletti, lo sbarramento elettorale, una “par condicio” radiotelevisiva stuprata da ogni elezione.

E’ vero che libertà non è stare sui « social », dove invece esiste un “rischio” di essere manipolati, per « orientare il pubblico sentimento » come ha detto Mattarella, ma è però cieco, infine, ogni riferimento alle « libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni – a tutti i livelli -, sono chiamati a garantire » quando la libertà di espressione, di manifestazione, di sciopero, e, a volte, persino di circolazione, sono quasi quotidianamente al centro dell’azione repressiva e violenta della polizia di stato e del governo.

Fonti e Note:

[1] Quirinale, 31 dicembre 2023, “Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella”.