Da una vecchia ricerca di UISP (Aps – Unione Italiana Sport Per tutti) e SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), dal titolo “Il costo sociale e sanitario della sedentarietà”, emergeva che nel periodo precedente la pandemia: nel Mezzogiorno quasi la metà degli individui non praticava alcuna attività sportiva (il 30% nel Centro-Nord); solo il 20% delle persone del Mezzogiorno praticava sport in modo continuativo (29,2% nel Centro-Nord); le abitudini e gli stili di vita in relazione al fumo e al consumo di alcol erano abbastanza simili nelle due ripartizioni del Paese; il 12,08% degli adulti meridionali è obeso rispetto a circa il 10% del Centro-Nord; quasi un minore su 3 (31,35%) nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso nel Meridione, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro-Nord (21%); la speranza di vita in buona salute dai 65 anni in su per gli adulti meridionali è sempre di 3 anni inferiore rispetto a quella degli adulti centro-settentrionali. L’abitudine alla sedentarietà e l’attitudine alla pratica sportiva non risultano quindi omogenee nelle diverse regioni del Paese per fattori socio-culturali e strutturali legati ai servizi sportivi offerti del territorio.
Ora con la recente indagine sull’offerta di impianti e servizi sportivi nelle regioni italiane (che ha coinvolto un campione di 1.029 gestori e proprietari di impianti sportivi in Italia), UISP e SVIMEZ, con la collaborazione di Sport e Salute, hanno spostato l’attenzione sull’offerta di impianti e servizi sportivi nelle regioni italiane, rappresentando il punto di vista specifico e aggiornato degli operatori di settore.
I proprietari che gestiscono direttamente impianti sono prevalentemente distribuiti nelle regioni del Centro Nord (il 68% del totale) rispetto al Mezzogiorno che invece registra il 32% dei proprietari-gestori del campione. Nel complesso gli impianti sportivi analizzati sono prevalentemente strutture di proprietà pubblica affidati alla gestione di privati (il 63,17% del campione). L’ente prevalente a cui praticamente tutti gli impianti sportivi pubblici in gestione appartengono è il Comune in cui sono situati. Gli impianti di proprietà statale e regionale menzionati dai rispondenti sono infatti nel complesso meno del 2%.
Gli impianti privati sono di proprietà di Associazioni sportive per il 25,07%, di Società sportive per il 14,78%, di Enti religiosi o morali per il 10,82%; solo lo 0,53% è di proprietà di un Ente di promozione sportiva. La restante metà degli impianti privati analizzati è posseduta da organizzazioni private non sportive diverse ed eterogene dal punto di vista della forma giuridica: da Srl a SNC, da società immobiliari a fondazioni. Per quanto riguarda la natura giuridica dei gestori non proprietari, prevalgono nettamente le Associazioni Sportive e le Associazioni Polisportive Dilettantistiche (85,31%) sul totale dei gestori intervistati. Sotto il 5% la quota invece delle società, sia sportive che non, delle cooperative e degli enti del terzo settore che gestiscono impianti senza possederli. In sintesi, le risposte al questionario sembrano delineare una predominanza su tutto il territorio nazionale di impianti sportivi pubblici di proprietà comunale gestiti da Associazioni Sportive e Polisportive dilettantistiche.
L’11,27% degli impianti del campione si trova in un edificio scolastico. Gli impianti sportivi scolastici del campione sono situati quasi totalmente nelle regioni del Centro-Nord (80,2%); in particolare nel Nord-Est, in cui è collocato il 31,9% e solo per 19,8% si trova nelle regioni del Mezzogiorno. Le modalità di affidamento e rinnovo delle concessioni e in generale dei contratti di gestione, nel caso degli impianti di proprietà di enti locali, sono oggetto di acceso dibattito pubblico e interesse da parte del legislatore, al fine di garantire da un lato le condizioni ottimali di erogazione e gestione di un servizio di pubblica utilità, dall’altro la trasparenza e l’accesso a tutti gli operatori. Quanto alla tipologia di contratto di gestione più diffuso a livello nazionale troviamo la concessione gratuita (32,5%), seguita da convenzione onerosa (26%) e pagamento di un canone di concessione (23,1%); infine altre forme contrattuali (18,5%). I contratti di gestione non a titolo gratuito prevedono, secondo quanto dichiarato dai gestori intervistati, un canone annuale che resta prevalentemente (per il 41% degli impianti) sotto i 5.000 euro. Il canone per il 29% dei gestori è invece compreso tra i 5.000 e i 15.000 euro e per il 23% tra 15.000 e 50.000 euro annui; per il restante 7% supera i 50.000 euro all’anno. I dati ripartizionali Centro-Nord e Mezzogiorno non si discostano significativamente dalla distribuzione nazionale soprariportata.
Quanto all’accessibilità degli impianti, dei 1.029 impianti inclusi nell’analisi il 78,23% dichiara che gli spazi dell’attività sportiva sono accessibili agli utenti con disabilità. Dunque sul territorio nazionale almeno un impianto sportivo su 5 non è fruibile da persone con disabilità. La quota di impianti in cui l’accessibilità non è garantita si attesta intorno al 21% ed è omogena sia al Centro-Nord che al Mezzogiorno. Se escludiamo però le Isole, gli impianti delle regioni meridionali peggiorano la performance in termini di accessibilità: la quota di quelli non accessibili sale al 27,5%, al di sopra della media ripartizionale e nazionale. Le Isole infatti mostrano una situazione migliore, riducendo la quota di impianti non accessibili al 15,4% sul totale. Circa l’85% degli impianti del campione è aperto tutto l’anno, solo il 15% è invece legato all’apertura e utilizzo stagionale. Analizzando la tipologia di utenza degli impianti per classi di età, non emergono differenze significative tra le ripartizioni: il target primario è costituito prevalentemente dai minori, ugualmente distribuiti tra la categoria degli under 14 e quella dei ragazzi tra i 15 ai 17 anni; segue la fascia di adulti tra i 18 e i 64 anni. Più scarso invece il numero degli impianti che soddisfano prevalentemente l’utenza più matura degli over 65. Con riferimento all’intero campione, il 44% degli impianti sportivi analizzati registra mediamente meno di 200 presenze mensili. Il 40% degli impianti del campione accoglie invece un numero medio di presenze mensili superiore a 200 ma inferiore a 1.000. Infine, gli impianti che registrano più di 1.000 presenze al mese sono il 16% del totale.
Poco più della metà (52,14%) degli impianti sportivi è servito dal trasporto pubblico. Se è possibile raggiungere il 52,90% degli impianti sportivi con il trasporto pubblico al Centro-Nord, al Mezzogiorno questa percentuale scende al 49,20% segnalando un’ulteriore difficoltà per gli utenti di raggiungere agevolmente questi impianti. Per quanto riguarda le risorse umane impiegate nel campione di impianti, la quasi totalità (90,5%) non ha più di 10 dipendenti, tra personale a tempo determinato e indeterminato. Meno del 4% degli impianti ha un numero di dipendenti che supera i 10 restando inferiore a 40. Solo due impianti, uno situato al Centro-Nord e uno al Mezzogiorno, impiegano tra i 40 e 50 dipendenti.
Relativamente al Bilancio consuntivo del 2022, degli impianti sul territorio nazionale, secondo quanto riportato da gestori e proprietari intervistati, il 39,8% ha avuto un saldo negativo e il 34,2% un pareggio di bilancio. Solo il 26% in media ha dichiarato di aver raggiunto un saldo positivo. Al netto di costi e tasse, nel bilancio 2022, il 68,39% degli impianti sportivi ha registrato ricavi fino a 24.000€. Solo il 10% degli impianti totali ha riportato ricavi con un valore superiore ai 175.000€. Questa percentuale scende al 5% se si guarda agli impianti situati nelle regioni del Mezzogiorno.
Lo studio sembra confermare in definitiva l’ipotesi che nel Paese, dopo la pandemia, il divario territoriale già esistente riguardo la pratica sportiva si sia ulteriormente allargato alla luce delle crisi sociali ed economiche legate al Covid-19 e alla spinta inflazionistica dell’ultimo anno. È emersa in particolare la crescente e comune preoccupazione legata all’aumento dei costi e agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti sportivi in grado di mettere a rischio l’attività quotidiana delle associazioni sportive, soprattutto a discapito delle categorie più fragili come disabili, minori e anziani.
Cruciale è inoltre la relazione con gli enti locali, proprietari nella maggior parte dei casi degli impianti sportivi; il rapporto tra i gestori privati, prevalentemente ASD e SSD e gli enti comunali è sicuramente il canale istituzionale più indicato per garantire ai cittadini un’offerta adeguata di servizi sportivi, a partire dalle condizioni economiche e di durata del contratto di gestione, dall’accessibilità mediante il trasporto pubblico locale, fino alla pianificazione di interventi di ammodernamento ed efficientamento. Servizi e condizioni che non possono prescindere, in conclusione, con importanti investimenti nel settore sportivo sia dal punto di vista della manutenzione degli impianti preesistenti che da quello della creazione di nuovi, specialmente nelle regioni con maggiore divario socioeconomico dove si corre il rischio, ancora una volta, di compromettere i diritti di cittadinanza di intere fasce di popolazione.
Qui l’indagine: https://lnx.svimez.info/svimez/wp-content/uploads/2023/11/RicercaUISP_2023.pdf