Si è svolta oggi a Budapest l’udienza “preparatoria” del processo a Ilaria Salis e due coimputati tedeschi. Abbiamo presenziato come osservatori a questo processo contro una cittadina italiana detenuta in condizioni terribili dallo scorso febbraio e segnaliamo di seguito alcune osservazioni, non esaustive, in base all’andamento dell’udienza odierna. Ma ancora prima dobbiamo rimarcare l’utilizzo disumanizzante e proibito nei nostri tribunali delle manette e dei guinzagli alla vita con cui gli imputati sono stati tratti e sono rimasti in aula durante tutta la seduta.
1) Per pene superiori a 20 anni, quale quella potenzialmente irrogazione a Ilaria Salis, nel nostro ordinamento è previsto un collegio di giudici, mentre il giudice nel procedimento ungherese è unico;
2) Il giudice ungherese ha già a disposizione gli atti su cui si fonda il processo. Questo rischia di appiattire la difesa sugli atti di polizia delle indagini senza un giudice terzo come vuole il rito accusatorio da noi in vigore da più di 30 anni. Il sistema inquisitorio dovrebbe peraltro velocizzare il processo, che invece qui dopo un anno non è ancora iniziato.
3) Quel giudice (come detto, unico e non collegiale e che deciderà con sistema inquisitorio) ha oggi emesso sentenza di condanna nei confronti di un coimputato ritenendo provato il reato associativo. Lo stesso giudice deciderà poi in spregio a ogni principio di incompatibilità sulla responsabilità dei coimputati.
4) Ilaria non ha mai potuto vedere i materiali video che assertivamente la accusano e non ha avuto gli atti di indagine tradotti.
5) Non le viene contestato il tentato omicidio a fronte del quale la prognosi lieve poteva non essere determinante; le si contestano lesioni “potenzialmente letali”, norma che non trova riferimenti nel nostro ordinamento e che non tiene conto delle certificazioni che attestano lesioni qualificabili come lievi.
6) Una carcerazione così lunga a fronte di lesioni lievissime e in mancanza di querela è del tutto sproporzionata, tanto più in condizione detentive come quelle denunciate.
7) La comunità europea nel 2019 ha stabilito la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari nel proprio Stato, giustappunto perché non si verifichino disparità di trattamento tra cittadini europei, il cui pericolo di fuga non deve fungere da elemento discriminante. Ciononostante, Ilaria resta in Ungheria, e per di più in carcere.