Più di un migliaio di persone – e tanti bambini, cuccioli e biciclette – hanno sfidato la pioggia sabato pomeriggio, 13 gennaio, a Palermo per gridare “Palestina libera” e chiedere il cessate il fuoco permanente. La manifestazione, che si inserisce nel Global Day of Action for Gaza, ha visto l’adesione di oltre cento associazioni cittadine: dal CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud), che l’ha organizzata insieme ai gruppi palestinesi presenti in città e ai “Sanitari per Gaza”, a Pressenza; dal Movimento Nonviolento al Centro Arrupe, dal Presidio di Donne per la Pace ad Amnesty International: cattolici, comunisti, anarchici, libertari si sono trovati fianco a fianco in piazza per ribadire il loro rifiuto delle armi e denunciare il massacro che si sta perpetrando nei Territori Occupati, a Gaza, in Cisgiordania e al confine del Libano.
Il corteo si è svolto in tre tappe. Dapprima, a Piazza Bellini, si sono intrecciate danze e canti. Il coro a cappella Coro di tutte le matri ha intonato a quattro voci una composizione in dialetto siciliano che narra lo struggimento delle donne che hanno perso innaturalmente il proprio figlio. Zaher Darwish, dell’associazione Voci nel Silenzio, ha poi letto i nomi di alcuni delle migliaia di bimbi uccisi nell’attuale genocidio, ma più volte la voce gli si è rotta in pianto e gli applausi della folla, altrettanto commossa, hanno dovuto sostenerlo.
Una seconda tappa si è fatta ai Quattro Canti, dove giovani attori bendati di nero hanno dato vita in cerchio ad un gioco di mimi che nell’abbraccio reciproco trovavano rifugio dalla persecuzione.
Lungo il tragitto finale alcuni di noi hanno retto tra le braccia fantolini di legno e pezza avvolti in lenzuola bianche, a simulare i corpicini dei piccoli assassinati racchiusi in un sudario, che sono stati deposti, all’arrivo, in fila davanti alla bandiera palestinese sorretta da tante ragazze e ragazzi.
In Piazza Verdi, di fronte al Teatro Massimo, è stato letto un altro elenco di nomi di caduti, sono state recitate poesie siriane e palestinesi e si sono succeduti, da ultimo, gli interventi dei rappresentanti delle associazioni intervenute.
Sul selciato bagnato (il tempo era finalmente clemente e aveva smesso di piovere), sono state accese decine di candele a disegnare la sagoma della Palestina, circondata dalla scritta “Cessate il fuoco ora” che non aveva mai smesso di delimitare il corteo.
Ecco, ci siamo stati, coi nostri corpi, le menti, le anime e i cuori. E in certi momenti scorrere in cordoni dietro le bandiere arcobaleno con la kefiah avvolta attorno al capo sembrava quasi un gesto di preghiera. Pure una pena era viva e tangibile in tutti noi, a volte taciuta a volte sussurrata: fino a quando?