Alla fine della prima settimana del nuovo anno 2024 in Ecuador l’esercito entra nel penitenziario Litoral di Guayaquil per trasferire Adolfo Macías, alias “Fito”, uno dei criminali più pericolosi del Paese e capo della banda nota come Los Choneros e scopre che è evaso senza sapere come e quando, provocando uno sconvolgimento sociale di proporzioni senza precedenti nel Paese.
Il Presidente Noboa pubblica immediatamente il Decreto Esecutivo n. 110, con il quale “si dichiara lo stato d’emergenza in tutto il territorio nazionale a causa di una grave agitazione interna, compresi tutti i centri di detenzione che compongono il Sistema Nazionale di Riabilitazione Sociale, senza eccezioni”.
Ventiquattr’ore dopo, il Paese, appena risvegliatosi dal letargo dei festeggiamenti per il nuovo anno e dalla sorpresa per l’evasione di colui che avrebbe dovuto trovarsi in una delle carceri più sorvegliate del territorio ecuadoriano, è in preda al caos: disordini nelle carceri di diverse città, evasione di altri detenuti, individui armati che hanno preso il controllo di un noto canale televisivo mentre trasmetteva in diretta, minacce di sequestro di edifici pubblici, saccheggi, ecc. che circolano nelle reti sociali.
Dopo mezzogiorno del 9 gennaio la situazione è diventata ancora più incerta: le imprese, le aziende e i ministeri hanno annunciato la sospensione della giornata lavorativa e quella delle lezioni in tutto il Paese. Allo stesso tempo è stato emanato il Decreto Esecutivo n. 111, che modifica il Decreto Esecutivo n. 110 dell’8 gennaio 2024 e riconosce l’esistenza di un conflitto armato interno.
Alle 18 Quito, capitale dell’Ecuador, vede una forte presenza militare in diversi punti strategici della città: le strade si svuotano di auto e persone, le grandi e piccole imprese chiudono i battenti, la gente si reca nei negozi locali per fare scorta di cibo in vista di ciò che potrebbe accadere e al calare della notte il caos si avvia verso una calma tesa.
La polizia e l’esercito continuano a cercare “Fito”, ma non si registrano progressi. Allo stesso tempo, l’argomento centrale della conversazione nelle famiglie, nei gruppi di amici, nelle reti sociali e tra i cittadini in generale riguarda il modo di affrontare la criminalità organizzata sempre più violenta.
La crescente preoccupazione per la sicurezza dei cittadini cerca di esplorare criticamente le radici della criminalità organizzata e il suo impatto sulla società, proponendo un approccio nonviolento per affrontare questo fenomeno. È necessario comprendere che la lotta alla criminalità organizzata non può limitarsi a risposte strettamente repressive, poiché essa ha permeato ogni angolo del Paese, generando un clima di sfiducia, paura e disperazione tra la popolazione.
È fondamentale notare che gli effetti della criminalità organizzata vanno al di là delle statistiche, incidono sulla qualità della vita delle persone ed erodono la fiducia nelle istituzioni, comprese la polizia e l’esercito.
Da più parti si sostiene la necessità di prestare attenzione a fattori come la disuguaglianza, la mancanza di opportunità e la corruzione, che devono essere affrontati in modo globale per smantellare le basi di questo fenomeno.
Un Paese non può vivere nel caos, sequestrato dalla criminalità organizzata; pertanto, noi che facciamo un giornalismo nonviolento esortiamo la società e le autorità a considerare strategie che vadano al di là della repressione e affrontino le cause della criminalità organizzata. La nonviolenza non solo è possibile, ma è fondamentale per costruire un futuro più sicuro e più giusto, così come sono fondamentali il coinvolgimento e la partecipazione dell’opinione pubblica.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo
Fotografie in collaborazione con Carlos Noriega