Esprimendosi con una sentenza provvisoria sull’accusa di genocidio contro Israele per il massacro in atto a Gaza, la Corte internazionale di Giustizia – che ha annunciato l’ammissibilità della causa intentata dal Sudafrica – ha confermato che esistono “prove sufficienti” per valutare l’accusa di genocidio nei confronti di Tel Aviv. La Corte ha ordinato allo Stato ebraico di adottare tutte le misure in suo potere per “prevenire il genocidio” contro il popolo palestinese, nonché per garantire la conservazione delle prove del presunto genocidio. La giudice Joan Donoghue, che ha letto la pronuncia, ha anche confermato che la sentenza di oggi crea “obblighi legali internazionali per Israele”. Citando una dichiarazione dell’alto funzionario delle Nazioni Unite Martin Griffiths, secondo cui “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione”, la giudice ha affermato che la Corte riconosce il diritto dei palestinesi a essere protetti da atti di genocidio e che alcuni atti commessi da Israele nell’enclave “sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della convenzione sul genocidio“. Respinta, dunque, la richiesta di archiviare il caso da parte di Israele, che anzi sarà chiamato ad adottare “provvedimenti immediati per consentire aiuti umanitari e beni di prima necessità alla Striscia di Gaza” e a riferire alla Corte entro un mese sulle misure che sta attuando per prevenire atti di genocidio.
La giudice Donoghue ha iniziato il suo discorso facendo riferimento agli attacchi perpetrati da Hamas in Israele il 7 ottobre, per poi approfondire i passaggi dell’operazione militare lanciata su larga scala da Tel Aviv a Gaza via terra, aria e mare. Una sequela di attacchi che, come ricostruito dai membri della Corte, hanno “provocato un gran numero di morti e feriti, nonché la massiccia distruzione di case, lo sfollamento forzato della stragrande maggioranza della popolazione e ingenti danni alle infrastrutture civili”. La giudice ha spiegato che la Corte è profondamente consapevole della portata della tragedia umana che si sta verificando nella regione ed è profondamente preoccupata per la continua perdita di vite umane e per la sofferenza patita dalla popolazione. La Corte si è anche concentrata sulla questione inerente il “linguaggio disumanizzante” utilizzato contro il popolo palestinese. Il presidente della CIG ha infatti affermato che la Corte ha preso atto di una serie di dichiarazioni rilasciate da alti funzionari israeliani, tra cui spiccano quelle del Ministro della Difesa Yoav Gallant, il quale ha ordinato un «assedio completo» di Gaza, dicendo alle sue truppe che stanno combattendo «animali umani».
Il procedimento davanti alla Corte internazionale di giustizia si era aperto lo scorso 11 gennaio. Nella prima udienza i rappresentanti di Pretoria avevano portato all’attenzione dei giudici l’insieme delle accuse mosse contro lo Stato israeliano, mentre il giorno successivo è andata in scena la difesa di Tel Aviv. Nello specifico, il Sudafrica ha accusato Israele di avere violato, con il massacro di Gaza, la Convenzione sul genocidio, trattato internazionale approvato nel ’48 dall’Assemblea Generale dell’Onu. Nel documento, il genocidio viene identificato con “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Nello specifico, i legali del Sudafrica hanno sottoposto alla Corte tutti gli elementi che costituirebbero le prove della violazione della Convenzione sul genocidio da parte dell’esercito di Tel Aviv. Tra questi, le uccisioni di massa, la riduzione alla fame e alla sete della popolazione, i bombardamenti sulle vie “di fuga” e la distruzione totale delle abitazioni di mezzo milione di palestinesi.
Nel corso dei mesi, è cresciuta in maniera esponenziale la lista dei Paesi che sostengono l’istanza sudafricana, che ad oggi, oltre ai membri dell’organizzazione dei Paesi Islamici e a quelli della Lega Araba, conta numerosi altri attori del Medio Oriente, dell’America Latina e del continente asiatico.