La produzione cinematografica, sopratutto negli States, ha una importante funzione “formatrice” del sentire comune. Il regista e scrittore Silvano Agosti sosteneva che Hollywood era strutturalmente in perdita, perché la sua funzione primaria era quella di propagandare il “clima sociale” e i valori adeguati al sistema capitalistico.

Inoltre ci sono varie tipologie di film per varie fasce… c’è il cinema popolare ed un cinema più “di elite” che è diretto a “formare” la sensibilità di intellettuali e formatori di opinione.

Ultimamente con l’accelerazione tecnologica, il moltiplicarsi dei canali di produzione e fruizione dell’intrattenimento visivo e contemporaneamente con l’avanzare della disarticolazione sociale, l’accentramento oltre ogni misura del capitale, la perdita di punti di riferimento saldi, il panorama si è fatto molto frammentato e il clima sociale diviso tra “depressione” e “rabbia” non chiaramente canalizzata.

I film catasfrofisti, e altri che puntano tutto sulle ansie e le paure dell’essere umano contemporaneo,  sono stati visti anche come il modo con cui i produttori di intrattenimento visivo abbiano canalizzato queste angosce e portato istanze di controllo sociale della popolazione proprio attraverso queste paure, di volta in volta “impersonate” da “nemici” diversi, a volte con funzione catartica a volte con la pretesa di creare una nuova “estetica” del potere. Più smaccatamente e grossolonamente per la produzione di “grosso consumo”, molto più insinuante ed ambigua nella produzione per la fascia culturale medio-alta. In questo caso si trattava di fare leva su un tipo di mondo “progressista”, “ecologista”, cresciuto negli echi delle battaglie civili e per i diritti umani, quel tipo di mondo anche più facilmente esportabile e che può creare una immagine positiva del modello USA, anche a volte mostrandone le debolezze e le mancanze, ma mai fragile, insomma un amico, uno come te, ma dalle spalle grosse su cui appoggiarti e che non devi tradire, sennò si arrabbia sul serio.

Negli ultimi 15, 20 anni  noto che il tema di sottofondo predominante è quello a tinte “catastrofiste” e, sempre di più, il cinema che infonde un “clima di emergenze”.

Per me che ho vissuto molto criticamente il periodo pandemico, mi è, per esempio, balzato agli occhi con una certa chiarezza come un film del  2011, “Contagion” di Steven Sodebergh, avesse preparato l’estetica dell’emergenza pandemica con largo anticipo. Ma ci sono vari esempi. Quello che però insinuo nel titolo dell’articolo è che in questo momento molto critico della storia degli Stati Uniti d’America, dove stanno producendo il massimo sforzo nel tentativo di mantenere la loro egemonia mondiale e questo li sta indebolendo molto all’interno, si fa sempre più forte una lacerazione e una guerra sotterranea negli ambiti di chi vuole impadronirsi del timone di questa nave in tempesta, guerra che forse ha avuto il suo indizio più forte finora proprio nel periodo dell’attentato alle Torre Gemelle, quasi subito dopo la contestatissima vittoria alle urne presidenziali di George W. Bush contro Al Gore, e che è continuata con attori diversi e schieramenti mobili, dipendendo sempre di più dal “padrone” finanziario più forte momento per momento.

Da allora forse questo è il momento più critico, rinfocolato dalla questione elettorale presidenziale di fine anno. Ora quindi sembra da un paio d’anni a questa parte che il “focus” di molte produzioni, sia di Hollywood sia delle grande piattaforme di Internet, stia spostandosi, sia con la produzione di fiction sia di documentari e docufiction, su questo fronte “interno”, e che stiano producendo questo “immaginario emergenziale” rivolto ad un possibile crisi interna dagli esiti imprevedibili. Le tensioni ci sono, è innegabile, il tema, mi sembra, sia preparare “il pubblico”, non solo americano, a una situazione in cui, “a mali estremi, estremi rimedi”. Diciamo se due indizi ti mettono su una pista, il terzo è quasi una prova. A pochissimo tempo di distanza tra di loro, tre produzioni sono legate da un “fils-rouge” che mi hanno motivato a scrivere questo articolo: il primo film è stato prodotto direttamente per l’uscita sulla piattaforma Netflix, forse la più impegnata, almeno per la versione da “esportazione nel mondo”, nel creare la nuova estetica per chi dovrà detenere il potere nel prosismo futuro. La produzione è della “Higher Ground” dei coniugi Obama, che si sono messi a capofitto nella produzione di contenuti per Netflix. Il film è del 2023, tratto da un romanzo scritto nel 2020. Netflix ne ha comprato subito i diritti è già nel 2021 il film era in produzione. Il titolo: Il mondo dietro di te (titolo originale molto più evocativo “Leave the world behind”). Chiaramente non farò come si dice oggigiorno spoiler, trattasi di un film ancora fruibile. Dirò solo che è ambientato in una epoca non specificata, ma molto “contemporanea”, forse leggermente anticipatoria. Film dove è chiaro l’impegno produttivo nel creare un clima, una estetica, un modo di narrare molto particolare. Film molto inquietante che prefigura scenari che fanno pensare, “forse siamo appena in tempo per evitarlo, se prendiamo le decisioni giuste e rimaniamo vigili”. Tra le ultime uscite nella piattaforma Amazon Prime Video, c’è un film che in realtà è il primo della triade in ordine temporale essendo uscito nel 2022, con una gestazione interrotta dalla questione pandemica. Il film è stato destinato alle sale cinematografiche è non andò bene, come quasi  tutti i film a grande budget post-pandemici. Il Titolo: Amsterdam. La storia, dai toni molto più “leggeri” e dalla dinamica molto più “frizzante”, è ambientata tra gli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso. Richiama un episodio storico di cospirazione storicamente non pienamente accertato nei suoi contorni, ma che nel film viene rispolverato e data una veste e una credibilità nuova, il tutto in “proiezione futura”. Il personaggo chiave, un generale (interpretato da Robert De Niro), è ispirato ad una figura reale e il caso che l’ha visto coinvolto è il centro della questione nel film. All’epoca fu un caso controverso, i media denigrarono il generale, con epiteti corrispondenti all’attuale significato di “complottista”. In effetti ci fu una indagine che diede esito il nulla di fatto e questo non vuole dire chiaramente che era tutto inventato e che forse all’epoca si sia voluto insabbiare, fatto sta che il film  mette, con le sue atmosfere scintillanti e i suoi dialoghi serrati, una luce nuova su un fatto del passato, rispolverandolo dagli archivi e creando nel finale un raffronto tra vero generale e il “nuovo generale” che è un classico di quando si vuole attualizzare un contenuto passato.

Già “insospettito”, apprendo pochi giorni fa che tra pochi mesi uscirà un film dal titolo “Civil War” a pochissimi mesi dalle elezioni presidenziali. Produzione della A24, giovane casa produttrice (2012) che in pochi anni si è presa una bella porzione di quella produzione di cinema progressista “simil-indipendente”, in pochi anni ha prodotto tantissimi film sempre più acclamati e nel 2022 ha fatto incetta di premi oscar con Everything Everywhere All at Once. E’ diventato un grande punto di riferimento per tematiche ed estetica. Ecco quindi Alex Garland, che un anno fa ha realizzato Men, un thriller-horror molto incentrato sul tema della figura maschile “tossica”, aver appena realizzato questo film di cui c’è grande attesa, di cui è possibile già vedere alcuni trailer abbastanza espliciti e che richiamano accentuate a dismisura, l’immaginario scatenato con il famoso “assalto  al Campidoglio” del 2021.

Cosa sta bollendo in pentola?