Il rinnovo del contratto di lavoro dei 160.000 attori statunitensi è stato approvato dal 78% dei votanti. Ha partecipato al voto il 38% degli iscritti al Sindacato. Una percentuale che appare bassa, considerata l’importanza dei temi affrontati e le modalità di voto, che si poteva fare on line. L’accordo triennale era stato firmato il 9 novembre dopo 118 giorni di sciopero ininterrotto, il più lungo mai indetto del sindacato SAG-AFTRA.
Gli attori sono concentrati soprattutto a Los Angeles e a New York negli studi televisivi e cinematografici, nei teatri e nelle società di video in streaming. Solo una minima parte fa parte dell’empireo delle star con altissimi compensi: la retribuzione reale di molti attori è spesso parificabile a quella di una qualunque attività precaria: secondo “Variety”, solo il 15% degli iscritti al Sindacato riesce a superare la soglia di $ 26.470 annui che permette di adire all’assistenza sanitaria contrattuale e solo il 2% guadagna in permanenza un salario da “classe media” (termine che definisce negli USA i lavoratori “garantiti”).
Grandi erano le aspettative da parte degli iscritti SAG-AFTRA, che hanno partecipato in modo notevole agli scioperi e alle manifestazioni. La valutazione dell’accordo è stata più lunga e meno trionfale di quello speculare degli sceneggiatori, che l’aveva preceduto dopo settimane di scioperi comuni tra due mansioni del mondo dell’intrattenimento. Il Consiglio Nazionale del sindacato degli attori non è stato infatti unanime nel voto come tra gli sceneggiatori, dove poi il 99% degli iscritti aveva detto SI’ al contratto. Tra gli attori si è registrato il 14% di contrari negli Organismi dirigenti del Sindacato e il 22% di NO tra gli iscritti.
Molto discussi, in fase di trattativa e poi nella valutazione dell’intesa raggiunta, soprattutto i temi dell’utilizzo della Intelligenza Artificiale Generativa (d’ora in poi: AI) e dei compensi per le repliche e per lo streaming delle opere.
L’AI non riguarda questioni futuribili. A Hollywood ci sono già molti casi in cui le repliche di immagini di attori e attrici viventi, o addirittura morti/e, sono state utilizzate nei film. Come nel cameo in “The Flash” di Nicolas Cage (comunque ringiovanito in post-produzione) oppure le apparizioni postume di Harold Ramis in “Ghostbusters: Afterlife” o di Carrie Fisher in “Star Wars: l’Ascesa di Skywalker”.
L’obiettivo con cui gli studios si sono presentati al rinnovo contrattuale era di ridurre i costi di produzione, con l’idea di prospettiva, neanche tanto nascosta, di assumere e pagare gli attori solo per un giorno di lavoro e poi replicare per sempre la loro immagine. Un partecipante ad un picchetto SAG-AFTRA definiva così la volontà delle grandi aziende dello spettacolo: “gli attori umani saranno sostituiti da zombie”.
“L’accordo – afferma invece il sindacato SAG-AFTRA – fornisce protezioni significative sull’uso dell’intelligenza artificiale, incluso il consenso informato e il risarcimento per la creazione e l’uso di repliche digitali dei nostri membri, vivi e deceduti, creati su set o autorizzati per l’uso”. Inoltre “prevede più di un miliardo di dollari in nuovi finanziamenti per piani di compensazione e benefit, insieme a guadagni fuori misura rispetto alle tradizionali formule residue”, garantendo una retribuzione minima più elevata, migliori finanziamenti per l’assistenza sanitaria e la protezione contro l’uso di caratteristiche fisiche chiaramente riconoscibili nelle prestazioni degli attori, se non con col consenso dell’interessato. E precisa che per l’uso di immagini di attori morti in assenza di eredi è previsto il consulto del Sindacato che li rappresentava, cui lasciare le proprie “ultime volontà” in materia.
L’intesa, che ha ben 129 pagine, a detta di alcuni è nebulosa sul tema dell’AI e presenta parecchie eccezioni alla regola. L’attrice Justine Bateman, consulente sull’AI della delegazione di trattativa SAG-AFTRA, ha dichiarato che “è sconcertante che un sindacato che rappresenta attori umani dia l’approvazione alla sostituzione di quegli stessi attori con un oggetto di AI” e ha consigliato agli attori di parlare con i loro agenti e avvocati su come contrattare individualmente per una protezione più solida dall’IA.
Un’altra attrice, Francesca Monet Calò, si è detta preoccupata perché gli attori potrebbero esser costretti a dare il consenso all’utilizzo dell’AI per timore di non essere assunti. Il capo-negoziatore sindacale Duncan Crabtree-Ireland non l’ha affatto tranquillizzata: alla domanda se potrà essere richiesto di fornire il consenso dell’IA come condizione per l’assunzione, la risposta è stata: “Se non riesci a raggiungere un accordo su questo, allora sì, possono assumere qualcun altro al posto tuo.”
E’ indubbio che l’AI stia già, in molti posti di lavoro, prendendo decisioni in merito all’assunzione, alla pianificazione, all’assegnazione delle attività e persino ai dimissionamenti. In sostanza, “il computer può licenziarti”.
Ma su un tema così generalizzato come quello dell’AI sarebbe troppo affidare a un sindacato di settore un problema che sarà sempre più impattante sull’intera società. Non era pensabile che SAG-AFTRA, peraltro operante in un settore centrale dell’economia statunitense quale quello dell’intrattenimento dove l’IA generativa è già attiva, potesse riuscire a vietarne del tutto l’uso. Trattative contrattuali come questa hanno la missione impossibile di anticipare tutele che i legislatori devono fornire, cercando di dare il massimo delle garanzie ai lavoratori.
Il Presidente degli Stati Uniti aveva convocato riunioni sulle modalità di utilizzo dell’AI. Ad inizio 2023, con alcuni dei principali sindacati. A luglio, con le aziende che lavorano sull’implementazione dell’IA. A fine ottobre, il Governo ha emesso un ordine esecutivo che prevede, tra l’altro, l’obbligo per le aziende di rendicontazione agli organismi federali dei risultati della ricerca sull’AI e la dichiarazione dell’origine, se deriva cioè da IA, dei contenuti prodotti, oltre che il rispetto della privacy dei dati delle persone e il divieto di possibili discriminazioni in qualunque momento della vita delle persone, favorite da un eventuale utilizzo di AI contenente pregiudizi etnici. In sostanza, tale normativa appare assai preoccupata di quanto l’IA possa essere un pericolo per la sicurezza nazionale, in subordine dei pericoli discriminatori, ma poco sull’impatto quantitativo e qualitativo sul mondo del lavoro. Infatti, settori della società e del lavoro hanno l’hanno valutata come un primo passo ma non sufficiente, se ad essa non s’aggiungono chiare regole etiche e sociali.
Per quanto riguarda l’altro tema rilevante della vertenza degli attori, critiche sono arrivate anche al bonus residuo nello streaming, perché le grandi imprese, come Netflix, potrebbero non essere trasparenti su quali programmi abbiano raggiunto la soglia di spettatori per far scattare il bonus da destinare agli attori. La richiesta iniziale del Sindacato, di una compartecipazione alle entrate del 2% dei profitti, poi ridotta dell’1%, infine a una quota di 59 centesimi per ogni abbonato, è stata infine abbandonata a favore di un fondo fiduciario congiunto che pagherà i progetti in streaming solo se visualizzati da almeno il 20% degli abbonati nei primi 90 giorni di programmazione. Il 25% dei proventi di questo fondo potrebbe andare, secondo l’interpretazione data dal Sindacato e in forme da definire, a lavoratori che non hanno partecipato direttamente a spettacoli in streaming di successo.
Su “Variety” l’attrice Annette Bening, che è stata ai picchetti, ha ricordato che tutte le mansioni di Hollywood che non stavano rinnovando il loro contratto in quel momento, dai registi ai truccatori ai componenti delle troupe, hanno perso un sacco di soldi col blocco delle produzioni e sono stati messi “a riposo” senza indennità di disoccupazione. Anche perché il Governatore della California, peraltro del Partito Democratico, non ha voluto firmare la proposta di legge votata in tal senso dal Parlamento di quello Stato. E’ stata dunque fondamentale la raccolta di denaro (che ha raggiunto i 20 milioni di dollari) per permettere agli scioperanti diretti e indiretti di sopravvivere degnamente per il periodo dello sciopero e di pagare l’affitto o le rate del mutuo.
Col voto degli attori, dopo quello degli sceneggiatori, e quello dei grandi contratti del vettore United Parcel Service (siglato dai Teamsters) e delle 3 Grandi dell’auto (firmato da UAW), sta per chiudersi la grande stagione di lotte sindacali del mondo del lavoro USA nel 2023. Resta da raggiungere il contratto di lavoro di ognuno dei grandi hotel della Bassa California. E restano aperti gli annosi tentativi di sindacalizzare e contrattualizzare le sedi di Amazon e di Starbuck, contrastati dalle politiche antisindacali delle aziende.
Occorrerebbe ora un salto di qualità, difficile anche per le tradizioni di aziendalismo del sindacato statunitense. Un segnale importante è stato lanciato dalla proposta di UAW agli altri Sindacati di unificare al 30 aprile (del 2028) la scadenza dei vari contratti. In modo tale da iniziare tutti gli (eventuali) scioperi contrattuali il giorno seguente, la data fatidica del Primo Maggio. Ricorrenza, peraltro, non considerata festiva negli Stati Uniti, dove essa è nata.
Fonti principali:
A.Esposito, Le prime regole degli USA sull’IA: l’impatto dell’Executive Order di Biden, Agenda Digitale, 31.10
D.Patten, Read Full SAG-AFTRA Deal Summary Released Ahead Of Ratification Vote; Analysis Of AI & Streaming Fund, Deadline, 12.11
C.Murrey, Here’s Why Some Actors Oppose The SAG-AFTRA Artificial Intelligence Deal, Forbes, 14.11
G.Maddaus, SAG-AFTRA Board Members Explain ‘No’ Votes: ‘There Should Be No AI’, Variety, 14.11
M.Gruenberg, Labor calls out Artificial Intelligence for its threat to jobs, People’s World, 16.11
C.Pulliam-Moore, SAG-AFTRA’s new contract hinges on studios acting responsibly with AI, The Verge, 18.11