La galleria di Milano è il salotto buono della città. Di là si passa per respirare l’atmosfera da belle epoque, per vedere i ricchi che si siedono a bere qualcosa.
Ma sono già tre volte che gli Ottoni a Scoppio vi entrano e rompono la stucchevole normalità. Entrano a gruppetti di 4 o 5 dai quattro lati, suonando note dissonanti, bendati agli occhi. Qualcun altro distribuisce dei minuscoli foglietti che dicono “Stop genocide in Gaza”.
Vanno verso il centro, la gente si ferma, guarda. Prima non capisce, poi coglie il senso. Molti approvano, fotografano, riprendono, alcuni ringraziano.
Dieci colpi di tamburo.
Una voce si alza e chiede un minuto di silenzio per i morti a Gaza.
Poi i suoni riprendono e vanno verso le quattro uscite. Il seme è stato gettato.
Queste, come tante altre azioni, sono il semplice frutto di una sana etica kantiana: “Fai sì che ogni tuo comportamento sia universalizzabile”.
Non è vero che di fronte alla morte e alla distruzione di questi mesi il mondo sia in silenzio, sono tantissime le voci fuori da un coro mainstream che ci vorrebbe semplici spettatori.
Coraggio e insistiamo.