Nel labirinto della cura: è la condizione in cui vivono i pazienti affetti da una patologia cronica o rara, ma anche i loro familiari e chi li assiste come caregiver. Parliamo di quasi 1 italiano su 3, di 22 milioni con almeno una patologia cronica, di cui 8,8 milioni circa con una forma patologica grave; a questi si aggiungono circa 2 milioni di persone alle quali è stata diagnosticata una malattia rara. La platea dei caregiver familiari è invece rappresentata da ben 8,5 milioni di cittadini, che spesso rinunciano a spazi importanti della propria vita, lavorativa, sociale, affettiva. Sono alcuni dei dati del XXI Rapporto di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità, dal titolo “Nel labirinto della cura”, che nasce dalle interviste a 97 associazioni aderenti al Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici e rari di Cittadinanzattiva (CnAMC) e a 3552 pazienti con patologia cronica e rara, familiari e loro caregiver.
Sin dalla diagnosi, il paziente si imbatte in una serie di difficoltà che allungano i tempi per avere certezza della patologia da cui è affetto: oltre il 76,3% imputa i ritardi nella diagnosi alla scarsa conoscenza della patologia da parte del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta; il 62,9% alla sottovalutazione dei sintomi o il 51,5% alla sovrapposizione di sintomi comuni ad altre patologie; il 43,3% alla mancanza di personale specializzato sul territorio; il 39,2% al poco ascolto da parte del personale medico; il 20,6% alle liste di attesa troppo lunghe per accedere a visite ed esami diagnostici. Il labirinto si ingarbuglia nellapresa in carico, quando al paziente dovrebbero essere forniti tutti i servizi di natura sanitaria e sociale di cui ha necessità: in questo percorso il cittadino denuncia, come principali questioni, lo scarso coordinamento fra l’assistenza primaria e quella specialistica (62,9%), la mancata continuità assistenziale (53,6%), la carenza di integrazione tra aspetti clinici e socio-assistenziali (37.1%); le liste di attesa lunghe o addirittura bloccate (26,8%); il mancato coinvolgimento del paziente/caregiver nel piano di cura (24,7%).
Altro snodo critico è quello delle cure a domicilio: il 47,8% lamenta un numero di giorni o ore di assistenza erogati inadeguato; il 41,3% ha avuto difficoltà nella fase di attivazione/accesso; il 30,4% segnala che mancano alcune figure specialistiche e di assistenza, in particolare di tipo sociale (aiuto nella preparazione dei pasti, vestirsi, gestione delle pratiche burocratiche, ecc.); il 23,9% parla di sospensione/interruzione del servizio (mancanza di fondi, mancanza personale, ecc.). Chi effettua la riabilitazione ambulatoriale (tre pazienti su quattro del campione di riferimento) segnala invece come criticità per il 52,6% il numero insufficiente di cicli garantiti dal SSN; il 36,3% la mancata erogazione della riabilitazione dal SSN; il 26,3% la mancanza di équipe multiprofessionali; il 22,5% l’assenza di strutture sul territorio. I pazienti che necessitano di protesi, ortesi, e ausili segnalano poi di gran lunga (per il 48,6%) come particolarmente critici i tempi di autorizzazione o di rinnovo; a seguire, con la metà delle segnalazioni (tra il 18 e il 19%), la differenza di prezzo tra il dispositivo previsto dal nomenclatore tariffario e quello effettivo e la non presenza nel nomenclatore stesso di presidi, protesi e ausili necessari. Nella richiesta di invalidità civile e handicap, infine, cittadini hanno riscontrato come principali difficoltà: la sottovalutazione della patologia da parte dei medici della commissione medica (per il 41,1% dei pazienti); i tempi eccessivamente lunghi per la visita di accertamento (lo dice il 38,1%); l’estrema variabilità della valutazione per la stessa patologia (30,5%).
Anche che ha una patologia cronica o rara si trova di fronte a diseguaglianze territoriali. La difforme o mancata applicazione sui territori del Piano nazionale della cronicità, da una parte, e dei diversi Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) sono gli ambiti, da un punto di vista normativo, nei quali si registrano le maggiori disuguaglianze sui territori. Per quanto riguarda la presa in carico in base a quanto previsto dal Piano, a detta delle associazioni le regioni maggiormente rispondenti alle esigenze dei pazienti sono nell’ordine; Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Liguria, Puglia, Abruzzo, Campania, Marche, Umbria, Sardegna e Sicilia; a seguire le altre. Rispetto alla esistenza di un PDTA per la patologia, invece, il 47,4% delle organizzazioni fornisce una risposta affermativa; il 38,1% fornisce una risposta negativa e il 14,4% non sa. Inoltre, solo nel 32,2% dei casi si tratta di PDTA nazionali, nel 58,7% dei casi sono di livello regionale, nel 26,1% aziendali e nel 2,6% distrettuali. A livello territoriale, la Toscana è la regione con un maggior numero di PDTA, seguono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio e Piemonte.
Liste di attesa e costi da sostenere sono sicuramente gli elementi segnalati come problematici a livello nazionale, anche se le disuguaglianze sociali ed economiche dei cittadini incidono in misura consistente sul peso che gli stessi hanno rispetto all’accesso alle cure. Per ciò che attiene le liste di attesa, il 76% dei pazienti con malattia cronica e rara le riscontra nella prenotazione delle prime visite specialistiche; il 68,7% per gli esami diagnostici; il 62,4% per le visite di controllo e il follow-up; il 60% per il riconoscimento invalidità civile e/o accompagnamento; il 51% per il riconoscimento handicap; il 48,8% per l’accesso alla riabilitazione; il 44,4% per gli screening istituzionali (es., prevenzione tumori utero, mammella, colon retto); e a seguire con percentuali inferiori per gli altri ambiti dell’assistenza. A causa dei lunghi tempi di attesa e della mancata copertura da parte del SSN di alcune prestazioni, i cittadini sono costretti a sostenere spese private: il 67,8% lo fa per visite specialistiche effettuate in regime privato o intramurario; il 60,9% per l’acquisto di parafarmaci (es. integratori alimentari, dermocosmetici pomate); il 55,4% per esami diagnostici effettuati in regime privato o intramurario; il 46,7% per la cosiddetta prevenzione terziaria (diete, attività fisica, dispositivi…); il 44,6% per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati dal SSN.
Per quanto riguarda i caregiver, ad oggi in Italia non esiste nessun riconoscimento legislativo che identifichi tutele e agevolazioni dedicate a chi quotidianamente si prende cura, a tempo pieno e non, di un familiare (soltanto tre regioni hanno ad oggi emanato delle misure strutturate regionali di varia natura, si tratta di Emilia Romagna, Lazio, Lombardia). Il Rapporto passa in rassegna 170 storie rappresentative dei circa 8,5 milioni di caregiver e lancia 8 proposte: 1. Individuare i bisogni prioritari di ogni territorio per l’elaborazione dei piani di salute territoriale che si attui attraverso il potenziamento della prevenzione, della sanità territoriale e delle cure primarie; le scelte devono essere il frutto di un confronto costante con le organizzazioni civiche e le associazioni di pazienti. 2. Accrescere l’attenzione verso le condizioni di fragilità, di tipo sociale, economico e psicologico, garantendo lo stesso grado di assistenza a tutti i cittadini e il passaggio da una medicina concentrata solo sul singolo a una medicina di comunità. 3. Aggiornare con cadenza periodica e ravvicinata, finanziare e monitorare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) su tutto il territorio. Applicare il decreto di nomina della nuova commissione LEA. 4. Prevedere verifiche sistematiche e periodiche sul recupero delle liste di attesa rendendo trasparenti le informazioni sui modelli organizzativi applicati, sulle tempistiche e sui criteri di priorità. 5. Individuare e attuare modalità per affrontare la carenza del personale sanitario e far sì che questo sia sempre più pronto a fornire risposte adeguate alla comunità. 6. Aggiornare il Piano Nazionale della Cronicità e monitorare il raggiungimento degli obiettivi previsti. 7. Dare piena attuazione alla legge 167/2016, “Disposizioni per l’avvio dello screening neonatale per la diagnosi precoce di malattie metaboliche ereditarie”; emanare i provvedimenti attuativi previsti dal Testo Unico sulle malattie rare, n. 175 del 2021; monitorare la realizzazione del Piano Nazionale Malattie rare. 8. Approvare in tempi brevi una normativa nazionale che riconosca il ruolo e i diritti del caregiver familiare.
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