Marta Garaffoni, giovane donna di Cesena, istruttrice di danza, sta portando avanti uno sciopero della fame da 22 giorni, contro la “violenza” e prepotenza con cui Snam schiaccia cittadine e cittadini che incontra nel suo “passaggio”.
Con circa 700 km di nuove tubazioni (in parte già realizzate), la Linea Adriatica passerà sulla dorsale appenninica, da Massafra (Ta) a Minerbio (Bo), per far risalire il gas proveniente dall’Algeria, dalla Libia e dall’Azerbaigian (tramite Tap), fino all’Europa. Da un accesso agli atti fatto dalla Campagna Fuori dal Fossile, si scopre che la Linea Adriatica riceverà 375 milioni di euro dal PnRR per la costruzione del nuovo tratto da Sulmona a Minerbio. Il metanodotto Snam devasterà anche il boschetto e il rifugio per animali presenti nel podere di Marta e del marito Federico Raspadori, nelle campagne tra Forlì e Cesena.
Marta è allo stremo delle forze fisiche per il digiuno prolungato ma determinata a continuare. Racconta del progetto di vita che rischia di finire sotto la Linea Adriatica: “Due anni fa abbiamo comprato questa casa, con 2 ettari di terreno intorno, non sapevamo nulla che qui pendeva un tracciato di nuovo metanodotto. Nessuno ci aveva avvisato, né il comune che pur lo sapeva né altri uffici. Vi abbiamo piantumato un boschetto, stiamo realizzando un rifugio per animali abbandonati e avevamo anche in progetto un doposcuola per bambini. Abbiamo fatto noi tutti gli impianti, l’irrigazione. I giorni dopo l’alluvione di maggio, quando avevamo ancora l’acqua alle ginocchia, sono arrivati i tecnici Snam ci hanno detto che qui passerà la Linea Adriatica il cantiere comporterà l’abbattimento di tutti gli alberi, poi ci hanno fatto tante promesse, salvo andarsene indispettiti quando chiedevamo di metterle per iscritto. Qui non potremo più ripiantare niente, dato che a un bosco occorrono tanti decenni per crescere e la servitù implica che sicuramente torneranno a distruggere ancora, per qualsiasi esigenza di sicurezza o per la sostituzione tubi. Ma la cosa ancora più angosciante – continua Marta – è che qui sotto passano falde molto ricche e superficiali, che potrebbero essere intaccate e ciò potrebbe far scendere irrimediabilmente il livello di falda. Con quest’acqua ci vivono e coltivano abitanti e contadini. Noi non abbiamo firmato, ma a gennaio ci arriverà ugualmente la lettera di esproprio e a maggio 2024 inizieranno i lavori. I nostri progetti muoiono per sempre”.
Federico ricorda la via crucis tra un ufficio e l’altro e l’indifferenza delle istituzioni e della Snam alla disperazione dei cittadini: “Il 13 ottobre il sindaco Lattuca ci ha ricevuto, saltiamo il lavoro per essere lì, ci ha promesso che provava a fare da intermediario tra noi e Snam. Poi il nulla. Chiamiamo ripetutamente in segreteria e ci vengono negate le risposte. Passano due mesi e nulla nessuna risposta dal sindaco. A fine novembre nella disperazione scriviamo una mail alla segreteria chiedendo delle risposte e avvisando che l’ 8 dicembre Marta avrebbe iniziato lo sciopero della fame. Nessuna risposta. Arriva l’8 dicembre, inizia lo sciopero. Nessuna risposta. Poi sabato 16 dicembre alle 17:30 il sindaco, pressato da telefonate di nostri amici e parenti preoccupati, ci invita di nuovo nel suo ufficio. Di nuovo saltiamo il lavoro per essere lì, (perdendo ovviamente la retribuizione) di nuovo, visibilmente scocciato, ci promette che avrebbe chiamato la Snam il lunedì successivo. Poi dopo 10 minuti scarsi, ci liquida in fretta e furia perché fuori ci sono i canti di Natale e deve andare a fare festa. Lunedì 18 dicembre nulla. Martedì nulla. Mercoledì nulla. Giovedì nulla. Intanto Marta soffre la fame. Poi arriva la vigilia. Poi Natale, santo Stefano. Marta si umilia continuando a mandare mail con fotografie del suo dimagrimento, ma niente ancora nessuna risposta. Penso che non ci sia niente di peggio, quando hai davanti due disperati, di prenderli in giro in questa maniera”.
Come Marta e Federico, tante altre storie di disperazione e devastazione sorgono nel tracciato Snam, perché dove passa il tubo, lascia il deserto. Nell’Appennino verranno abbattuti milioni di alberi, intaccate falde e bypassati fiumi, in zone ad alto rischio sismico, idrogeologico, tra frane quiescenti e frane attive, argini fragili dei fiumi già esondati.
Marta e Federico fanno parte della rete di comitati “No Tubo” che dalla Puglia all’Emilia Romagna denunciano l’inutilità della Linea adriatica: “Chiediamo la cancellazione della Linea Adriatica e di tutte le altre infrastrutture fossili, visto che non servono, la rete infrastrutturale attuale è già sovradimensionata, avendo una capacità di trasporto di oltre 120 miliardi di metri cubi e ad oggi i consumi interni si attestano sui 65 mld di metri cubi. Non c’è bisogno di costruire ancora, né metanodotti né rigassificatori, anzi dovremmo iniziare a dismettere quelli esistenti che servono unicamente a rimpinguare i profitti della Snam e dell’Eni” dichiarano attiviste e attivisti dei comitati sorti in tutta Italia riuniti sotto allo slogan “Unico Tubo Unica lotta”.