La Ocean Viking è in stato di fermo per la seconda volta in due mesi. L’anno finisce con lo stesso spirito con cui è iniziato: con gli ostacoli all’assistenza umanitaria attraverso una legge inutile, arbitraria e discriminatoria che prende di mira le stesse ONG che hanno salvato – dalla Vigilia di Natale ad oggi – quasi 1.000 persone.
Questo secondo fermo arriva dopo il soccorso, da parte del team della Ocean Viking, di 244 persone. Tutte le operazioni si sono svolte sotto chiare istruzioni ed esplicite autorizzazioni emanate dalle autorità marittime.
Le stesse autorità italiane accusano ora la Ocean Viking di non aver rispettato le istruzioni di “procedere senza indugio, alla massima velocità sostenibile e con rotta diretta, verso il luogo di sicurezza assegnato”. Possiamo solo supporre che la nostra presunta “inosservanza” consista in un piccolo cambiamento di rotta, avvenuto dopo aver ricevuto la segnalazione di un caso di pericolo con almeno 70 naufraghi a bordo a sole 15 miglia nautiche di distanza.
Una posizione aggiornata dell’imbarcazione in difficoltà ha poco dopo mostrato che l’imbarcazione in pericolo si trovava 60 miglia nautiche più a nord. A quel punto la Ocean Viking, non essendo più in grado di prestare assistenza, ha immediatamente ripreso la rotta verso il porto di Bari, che è stato raggiunto senza alcun ritardo.
“Se seguire il diritto marittimo internazionale è un crimine, noi siamo colpevoli”, afferma Anita, coordinatrice della ricerca e del soccorso a bordo della Ocean Viking. “Mentre cambiavamo rotta per renderci disponibili a prestare assistenza ad almeno 70 persone in pericolo vicino alla nostra nave, abbiamo chiaramente dichiarato che avremmo ripreso la nostra rotta originale verso Bari non appena fossimo stati sollevati dall’obbligo di prestare assistenza da un’autorità competente. Senza alcuna indicazione che qualcun altro stesse venendo in soccorso di queste persone in difficoltà, semplicemente non avevamo altra scelta legale e morale se non quella di rispondere a questo allarme – qualsiasi altra cosa sarebbe stata una violazione del diritto internazionale. Eppure stiamo pagando questa piccola deviazione – che non ha portato a un ritardo nel viaggio di quasi tre giorni verso il porto assegnato a Bari – con il secondo fermo in due mesi”.
“Questo decreto legge, introdotto quasi esattamente un anno fa, è l’ultimo tentativo di un governo europeo di ostacolare l’assistenza alle persone in difficoltà in mare. È stato concepito per tenere le navi SAR fuori dal Mediterraneo centrale per periodi prolungati e ridurre la nostra capacità di aiutare le persone in difficoltà, il che porterà inevitabilmente a un numero maggiore di persone che annegano tragicamente in mare”, aggiunge Anita.
Appena due settimane fa, il 16 dicembre, un terribile naufragio ha causato la morte di almeno 61 persone in quello stesso tratto di mare. Punire le organizzazioni civili per aver svolto il lavoro di salvataggio che gli Stati europei non riescono a fare nel Mediterraneo centrale è un’inaccettabile criminalizzazione dell’assistenza umanitaria.