Il messaggio (12 minuti) è visibile integrale dal minuto 8 al minuto 20 nel video di Vatican News https://www.youtube.com/watch?v=–GsasXmmhU .
“Dire sì al principe della pace significa dire no alla guerra, a qualsiasi guerra”. Papa Francesco lo ribadisce con forza nel messaggio di Natale, con un appello perché “si scriva e si parli” degli interessi che muovono le guerre.
Papa Francesco rivolge prima di tutto gli occhi a Betlemme, dove “in questi giorni regnano dolore e silenzio.
A Gesù, principe della pace , si oppone il “principe di questo mondo”, già in azione a Betlemme quando “dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti”.
“Dire sì al Principe della pace – dice il Papa – significa dire ‘no’ alla guerra, e questo con coraggio a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse” .
Per dire “no” – aggiunge – alla guerra si deve dire “no alle armi”, perché “se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?”.
Papa Francesco denuncia che “oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento”, e sono tante le “stragi armate” che “avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti”.
Il Papa sottolinea che la gente “non vuole armi, ma pane”, “fatica ad andare avanti e chiede pace”, e “ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti”.
E allora Papa Francesco chiede di far crescere la consapevolezza, vuole che “se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre”.
Papa Francesco chiede di “darsi da fare” perché si avveri la profezia di Isaia, che guardava ad un mondo in cui una nazione non avrebbe mai più levato la spada contro un’altra nazione.
Questo giorno si deve avvicinare, auspica Papa Francesco, “in Israele e Palestina, dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni. Le abbraccio tutte, in particolare le comunità cristiane di Gaza e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio”.
Papa Francesco supplica “che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale”.
Il pensiero del Papa si rivolge poi alla “martoriata Siria”, ma anche alla popolazione dello Yemen, e al popolo libanese, con la preghiera che quest’ultimo “possa ritrovare presto stabilità politica e sociale”.
Immancabile il riferimento all’Ucraina. “Rinnoviamo – dice Papa Francesco – la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio”.
Papa Francesco quindi prega che “si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian”, favorita dalla “prosecuzione delle iniziative umanitarie, dal ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità”.
Il Papa guarda anche a tensioni e conflitti di Sahel, Corno d’Africa, Sudan, Camerun, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, prega che “si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura”, auspica che il Dio Bambino “ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni”.
Il Bambino chiede di essere “voce di chi non ha voce”, vale a dire “voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli”.