Dopo anni di venti di guerra scatenati da USA e Guyana, nonostante l’attuale governo comunista della Guyana e dopo la vittoria dei Sì ai referendum consultivi in Venezuela per la sovranità sull’Essequibo, su proposta del Venezuela i due Paesi hanno concordato di non ricorrere alla forza per risolvere la disputa territoriale sulla regione ricca di petrolio dell’Esequibo,
Durante il loro incontro il presidente venezuelano Nicolas Maduro e il presidente guyanese Irfaan Ali hanno deciso di istituire una commissione congiunta composta dai Ministri degli Esteri di entrambi i Paesi e da alti funzionari con il compito di affrontare la questione e riferire entro tre mesi. I due presidenti si sono incontrati per un’ora nel principale aeroporto internazionale della nazione caraibica di Saint Vincent e Grenadine, con la partecipazione dei rappresentanti della Comunità dei Caraibi (Caricom) e della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac). Fondamentale per questo accordo è stata l’intercessione del presidente del Brasile Lula.
Il confronto è durato due ore e si è concluso con una stretta di mano immortalata da giornalisti e fotografi, davanti al Primo Ministro di Saint Vincent e Grenadine Ralph Gonsalves, che nella sua veste di presidente pro tempore della Celac ha svolto una difficile opera di mediazione. Attraverso il suo account X, l’ufficio stampa presidenziale venezuelano ha sottolineato che questa “stretta di mano suggella la volontà del Venezuela e della Guyana di proseguire il dialogo per risolvere la controversia relativa al territorio di Esequibo”.
L’Esequibo copre più di due terzi del territorio della Guyana e ospita 125mila degli 800mila cittadini del Paese. Nelle ultime settimane la tensione è andata aumentando; gli Stati Uniti e la multinazionale ExxonMobil hanno fatto di tutto per aizzare la Guyana contro il Venezuela, che da anni rivendica la sua sovranità sui territori dell’Essequibo, in quanto territorio venezuelano strappato dalla Guyana durante il periodo coloniale spagnolo per interessi economici.
Il Venezuela ritiene che l’Essequibo dovrebbe essere sotto il suo controllo perché a quell’epoca era all’interno dei suoi confini, mentre la Guyana afferma che questo è un confine tracciato da arbitri internazionali nel 1899. La Guyana sostiene che la controversia dovrebbe essere risolta dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, mentre secondo il Venezuela la Corte non ha giurisdizione e la questione andrebbe risolta con la diplomazia internazionale.
Dal 2015, l’antica British Guyana, attualmente inclusa nell’Essequibo, è stata oggetto di un significativo interesse da parte dell’azienda petrolifera statunitense Exxon Mobil. Al largo delle sue coste infatti è stata scoperta una straordinaria riserva petrolifera, stimata in circa 11 miliardi di barili. Un ampio giacimento offshore che prende il nome di Stabroek Block, che si trova all’interno della zona economica esclusiva della Guyana, ma anche – ed ecco il motivo della controversia – delle acque territoriali venezuelane.
Sebbene si debbano sottolineare le intenzioni estrattiviste di entrambi i Paesi per il petrolio, il gas e le miniere dell’Essequibo, bisogna ricordare che l’ExxonMobil da anni ha una grande influenza sul governo della Guyana con l’obiettivo di sfruttare in modo intensivo tutto il territorio dell’Esequibo. Il Venezuela invece da anni si oppone alla privatizzazione delle riserve di petrolio dell’Esequibo, prevedendone invece la nazionalizzazione, l’uso dei proventi del petrolio per finanziare piani socio-economici del Paese e una gestione partecipata che coinvolga anche le popolazioni indigene.
Da un punto di vista ambientale, ma anche da quello delle popolazioni indigene, fa poca differenza che siano la Guyana, la ExxonMobil o il Venezuela a fare le trivellazioni e a sfruttare i giacimenti di oro, diamanti, bauxite, manganese e uranio. Il petrolio dovrebbe rimanere sotto terra, se vogliamo salvare il pianeta. Per questo serve un cambio di paradigma contro l’estrattivismo e contro l’economia di rapina della globalizzazione neoliberista, che ancora oggi obbliga un’intera regione del mondo (il Sudamerica) a essere dipendente dal mercato per le sue risorse naturali.
Detto ciò, dobbiamo schierarci:
– per la tutela delle popolazioni indigene dell’Esequibo
– per la tutela del territorio dell’Esequibo contro lo sfruttamento petrolifero della ExxonMobil
– contro il continuo aizzamento della Guyana da parte dell’opposizione golpista venezuelana di destra, degli USA e della ExxonMobil in funzione anti-chavista (veri assertori di venti di guerra, a differenza di quanto dicono i nostri media mainstream, che leggono le veline delle agenzie stampa spagnole e americane come quelle di Miami).
– per arrivare con gli strumenti della diplomazia e del dialogo a una vera risoluzione per questa questione neocoloniale.