La Cop-28 di Dubai ha raggiunto l’accordo, per la prima volta, sulla necessità di avviare la transizione dai combustibili fossili al termine di un vertice segnato, secondo Amnesty International, da limitazioni alla società civile e dal palese disprezzo per i diritti umani da parte dello stato ospitante, gli Emirati Arabi Uniti.
L’accordo finale menziona espressamente la transizione dai combustibili fossili, per la prima volta citati in una decisione della Cop. Si riconosce, inoltre, il loro ruolo come causa della crisi climatica e il danno che stanno arrecando al clima e all’ambiente. C’è un forte segnale che l’uscita dai combustibili fossili sia inevitabile e in cammino.
“Che sia riconosciuta la necessità della transizione dai combustibili fossili è merito delle campagne condotte per decenni dalla società civile; ma l’accordo finale contiene scappatoie tali da consentire ai produttori di combustili fossili e agli stati di andare avanti come prima. Dunque, tale accordo viene meno al dovere di proteggere i diritti di miliardi di persone che stanno subendo i danni del cambiamento climatico”, ha dichiarato Marta Schaaf, direttrice del programma Giustizia climatica, economica e sociale e Responsabilità delle imprese di Amnesty International.
“L’assenza di un adeguato impegno, da parte degli stati più sviluppati, ad aiutare finanziariamente altri stati ad adattarsi al dannoso impatto del cambiamento climatico lascerà in pericolo i popoli nativi, le comunità in prima linea e altri gruppi marginalizzati”, ha aggiunto Schaaf.
Un già inadeguato compromesso su come gestire il Fondo per le perdite e i danni, che dovrebbe fornire rimedi efficaci alle comunità alle prese con i più gravi effetti del cambiamento climatico, è stato peggiorato dal basso livello di finanziamenti sin qui promesso.
“È profondamente preoccupante che l’accordo finale rifletta le frottole dell’industria del fossile sul fatto che tecnologie non sperimentate e attualmente non esistenti, come la cattura e l’immagazzinamento del carbone, possano fornire in qualche modo una risposta al riscaldamento globale. L’enfasi posta sul ruolo dei ‘fossili da transizione’ nella transizione energetica e il linguaggio debole usato per porre fine ai sussidi all’industria fossile danno di fatto a quest’ultima una via d’uscita per continuare a espandere la produzione”, ha commentato Ann Harrison, consulente di Amnesty International sul clima.
La Cop28 è stata sporcata dalle limitazioni alla partecipazione civile e da un numero mai registrato di lobbisti del fossile presenti a Dubai.
Amnesty International chiede norme più stringenti in materia di assegnazione dell’organizzazione delle Cop e la pubblicazione degli Accordi sul paese ospitante per garantire il rispetto e la protezione dei diritti umani. L’organizzazione chiede inoltre che siano sviluppati tanto una chiara policy sul conflitto d’interesse quanto forti meccanismi di assunzione delle responsabilità.
La Cop28 è stata segnata anche dai doppi standard del governo degli Emirati Arabi Uniti e dal suo disprezzo per i diritti umani, sia dentro che fuori il vertice. Invece di scarcerare decine di dissidenti e mostrare la reale volontà di ospitare un vertice inclusivo, le autorità emiratine hanno avviato un nuovo processo di massa nei confronti dei dissidenti per pretestuose accuse di terrorismo.
Amnesty International continuerà a chiedere alle autorità degli Emirati Arabi Uniti riforme nel campo dei diritti umani, la scarcerazione di tutti i dissidenti, la cessazione della sorveglianza digitale illegale, la decriminalizzazione delle relazioni omosessuali e la fine delle detenzioni arbitrarie e dei processi irregolari. Proseguirà la campagna per il ritorno in libertà del difensore dei diritti umani Ahmed Mansoor, in carcere dal 2017.
“Gli interessi degli Emirati Arabi Uniti, stato membro dell’Opec, e la grave situazione interna dei diritti umani hanno sporcato la Cop28 e hanno favorito, ancora una volta, il tentativo dell’industria del fossile di aggiudicarsi un vertice delle Nazioni Unite. A tal fine, è stato persino installato alla presidenza della Cop28 il direttore dell’azienda di stato emiratina del gas e del petrolio, il quale ha messo in discussione le evidenze scientifiche sul clima e usato un vertice delle Nazioni Unite per promuovere i suoi interessi”, ha sottolineato Harrison.
Le direttive sulle proteste sono state – fatto insolito – rigidamente applicate, colpendo chi voleva chiedere un cessate il fuoco a Gaza o denunciare le violazioni dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti. Le procedure per ottenere l’approvazione a svolgere un’azione nella “Zona blu” gestita dalle Nazioni Unite sono risultate assai onerose e in tutte le aree della Cop28 è stata attivata una massiccia video-sorveglianza.
Ulteriori informazioni
L’impegno complessivo in favore del Fondo per le perdite e i danni, inizialmente amministrato dalla Banca mondiale e soggetto ad accordi sulle varie fasi operative, è stato di circa 700 milioni di dollari Usa, neanche sufficienti a farlo partire. La scelta della Banca mondiale è stata fortemente criticata dalla società civile a causa della mancanza di protezioni riguardo ai diritti umani nel suo modello di finanziamenti. I fondi messi a disposizione dei paesi in via di sviluppo per favorire il loro adattamento al cambiamento climatico sono risultati circa la metà dell’obiettivo fissato di 300 milioni di dollari, quando sarebbero necessarie centinaia di miliardi di dollari.
La prossima Cop si svolgerà in Azerbaigian, uno stato la cui industria del fossile contribuisce a finanziare un sistema fortemente autoritario che fa ampio uso delle pubbliche relazioni per cercare di mettere in secondo piano la repressione, le detenzioni arbitrarie dei dissidenti, le torture ai detenuti e la soppressione della società civile. I diritti di protesta pacifica e alla libertà d’espressione sono assai limitati e gli appartenenti alla comunità Lgbtiqia+ subiscono discriminazioni.