Non c’è dubbio che la lunga e appassionante vicenda di Mario Borrelli (sacerdote dell’ordine degli Oratoriani ma anche ‘prete-scugnizzo’ di strada; esperto di codici e libri antichi ma anche sociologo e amministratore sociale; fondatore e gestore di un’innovativa realtà per i minori e per la loro comunità ma anche ricercatore per la pace…) abbia segnato profondamente il panorama dell’intervento sociale di base a Napoli.
Peccato però che la sua voce profetica ed alternativa, già quando era in vita, si sia rivelata troppo scomoda per essere raccolta e sia risuonata più facilmente in Australia e negli Stati Uniti, nel Regno Unito ed in Olanda.
Peccato che il celebre scrittore Morris West – autore del libro “Children of the Sun” sull’incredibile esperienza di Borrelli tra gli scugnizzi napolitani – sia stato tradotto in italiano da Salvatore Di Maio soltanto nel 2019.
Peccato che, dal 2007 (anno della sua morte ad Oxford) siano stati davvero pochi gli studiosi e i giornalisti che abbiano analizzato, ricordato e valorizzato il pensiero e l’azione sociale di Borrelli, per non parlare poi di una classe dirigente del tutto assente e silente.
Ma, dopo l’assordante silenzio istituzionale nei 16 anni successivi alla sua scomparsa, ecco la notizia del ricordo di quel pur imbarazzante ‘Don Vesuvio’, con un convegno tripartito (UniNa, UniSOB, FOCS), col quale si rende finalmente un doveroso omaggio alla sua eccezionale e variegata esperienza.
Nei 10 anni che ho trascorso al suo fianco – prima come obiettore in servizio civile e poi come operatore socio-culturale nel Centro comunitario della storica Casa dello Scugnizzo – ho potuto apprezzarne la profonda cultura, ma anche la profetica visione sociale e la grande umanità. Anche negli 8 successivi anni di presidenza della Fondazione Casa dello Scugnizzo ho cercato di mettere a frutto i suoi insegnamenti e di proseguire nella logica comunitaria, autogestita e nonviolenta che lo aveva caratterizzato.
Sorprende però che, in questa circostanza, a parlare di Borrelli e della sua visione pedagogico-sociale siano stati convocati quasi solo docenti universitari (perfino da Anversa e Rio de Janeiro), ignorando il contributo degli operatori ed educatori locali che pur hanno vissuto ed animato quella straordinaria stagione d’impegno socio-educativo dal basso e assai poco accademico.
Infine, la massiccia presenza tra i relatori di esponenti della pedagogia cattolica (Associazione Italiana Maestri Cattolici – World Union of Catholic Teachers, Unione Mondiale Insegnanti Cattolici, Università Cattolica del Sacro Cuore...), lascerebbe trasparire l’intenzione di collocare Mario Borrelli in quell’orbita ideologica, col rischio di falsarne o comunque edulcorarne la radicalità del messaggio.