Il 26 Dicembre la popolazione di Qamishlo ha partecipato in massa alla commemorazione di sei delle dieci vittime civili dell’attacco aereo turco, avvenuto il giorno di Natale.
Allo stadio 12 marzo, teatro quasi venti anni fa del massacro da parte dell’esercito siriano che causò trenta vittime, centosessanta feriti, oltre duemila arresti e quasi diecimila profughi verso l’Iraq , le famiglie dei lavoratori uccisi durante le loro mansioni quotidiane hanno esposto le foto dei propri cari e gridato tutta la rabbia verso l’ennesima strage di innocenti.
Le autorità della DAANES tumuleranno le ceneri di Berivan Muhammad, Riyad Hamo, Hussein Ahmed, Rinas Hussein, Farhan Tami e Farhan Khalaf nel cimitero dei martiri di Qamishlo, che conta già migliaia di sepolture dall’inizio della rivoluzione del Rojava.
Alla cerimonia hanno partecipato i rappresentanti del Movimento della Società Democratica (TEV-DEM), dei partiti politici, del Kongra Star, della Conferenza Islamica Democratica, dei rappresentanti dell’Amministrazione Autonoma Democratica di Al-Jazera e di varie organizzazioni della città di Qamishlo, che hanno chiesto giustizia per i bombardamenti turchi, l’istituzione di una no-fly zone per la regione ed una soluzione definitiva per la pace in Siria.
Intanto nella giornata di oggi, la popolazione della Siria nordorientale ha commemorato le vittime del massacro di Roboski, avvenuto il 28 Dicembre del 2011 nella Turchia meridionale, quando l’aviazione di Ankara bombardò un gruppo di commercianti curdi che con i muli erano diretti verso l’Iraq, uccidendo trentaquattro civili, tra cui diciannove bambini.
Il portavoce dell’esercito turco ammise “lo sfortunato equivoco”, mentre il presidente Recep Tayyip Erdoğan, all’epoca primo ministro, promise di indagare sull’incidente, ringraziando successivamente il capo di stato maggiore per l’attacco.
Dopo il rifiuto a procedere da parte dei tribunali civili e militari turchi, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha respinto la richiesta nel maggio 2018, ufficialmente per il ritardo di due giorni nella consegna dei documenti.
Giuseppe Graffigna, Rojava Information Center