“Servono 200 mila miliardi di dollari per fermare il cambiamento climatico” (Bloomberg New Energy Finance)
Allacciate le cinture, fra pochi giorni ci saranno i fuochi d’artificio nel complesso incontaminato di Dubai. Leader mondiali, climatologi, ambientalisti e produttori di combustibili fossili si scontreranno nel dibattito sul cambiamento climatico e sull’impatto del riscaldamento globale, o dovremmo forse dire surriscaldamento globale? La tensione è già palpabile, come si legge in un recente titolo su BBC News: “Profonde divisioni in vista del dibattito sul clima dell’ONU”, datato 31 ottobre 2023.
La Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 2023 o Conferenza dei Membri dell’UNFCCC, comunemente denominata COP28, sarà la 28esima, e si svolgerà dal 30 novembre al 12 dicembre a Expo City Dubai.
La domanda sorge spontanea: all’indomani della COP28, si riuscirà a salvare il pianeta? D’altro canto, il pianeta va davvero salvato o è l’umanità ad essere in pericolo? Dopotutto, il pianeta ha visto giorni peggiori, come l’estinzione di massa del Permiano-Triassico 250 milioni di anni fa, ed è sopravvissuto. L’homo sapiens non ce l’avrebbe fatta allorché il 95% della vita marina è stata spazzata via e quasi tutti i vertebrati sono morti. Ma sono passati 250 milioni di anni.
Bisogna notare che 30 anni di conferenze per il clima non hanno portato ad un progresso significativo per quanto riguarda la riduzione o l’azzeramento dei gas serra. I governi non l’hanno presa mai abbastanza seriamente. Nel frattempo, la CO2 è cresciuta del 60% senza mai diminuire, ad eccezione del 2020 quando i gas serra sono diminuiti del 4,6% durante il lockdown per la pandemia da COVID-19, per poi raggiungere un nuovo record nel 2021.
Durante l’epoca dell’industrializzazione, i gas serra sono cresciuti incessantemente, aumentando le temperature globali, alterando le correnti marine e facendo impazzire il sistema climatico. Tutti questi fenomeni perseguitano la comunità scientifica, spingendola a trovare delle risposte a una possibile estinzione dell’essere umano, la sesta del pianeta, ma che forse sarà solamente parziale o nulla. Nessuno sa di preciso come andrà a finire. Possono le persone sopravvivere senza ecosistemi vitali, come le foreste pluviali, le paludi, la Grande Barriera Corallina e i fiumi? Secondo la Convenzione contro la desertificazione dell’ONU, il 75% del terreno spagnolo sta già lottando contro le condizioni climatiche che potrebbero portare alla desertificazione.
In vista della COP28, più di 70 ministri dell’ambiente e 100 delegazioni nazionali si sono incontrate ad Abu Dhabi nell’anno più caldo mai registrato a livello globale. Forse i delegati si chiedono se la produzione di petrolio è compatibile con un mondo a basse emissioni di carbonio. La domanda si risponde da sola. Sultan Al Jaber, il presidente della prossima COP28, che ha una reputazione tutt’altro che da negoziatore, è a capo di Adnoc, l’azienda petrolifera nazionale degli Emirati.
Secondo la BBC, la Greta Thunberg del “Come osate!” è in stato di shock, e sta mettendo in dubbio tutto il lavoro delle Conferenze ONU – cosa più che comprensibile. In netto contrasto con Greta, Al Jaber afferma che i danni del cambiamento climatico possono essere riparati solo con l’aiuto dell’industria petrolifera con l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature a 1,5°C. Questo obiettivo è stato affermato pubblicamente dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC). Cosa dovrebbe fare di più l’anfitrione della COP28? Eppure, è interessante il fatto che Al Jaber abbia affermato che il problema può essere risolto solo con l’aiuto dell’industria petrolifera.
Come se non bastasse, Al Jaber ha ammesso che le emissioni devono essere ridotte del 43% entro il 2030 perché è la scienza ad imporlo. Nonostante ciò, Adnoc sta pianificando un incremento della produzione di petrolio di 600 mila barili al giorno nello stesso arco temporale. Il colosso di gas e petrolio spenderà 150 miliardi di dollari per espandere la produzione. Per confondere ancora di più le idee, Al Jaber afferma: “L’economia mondiale ha bisogno di produrre di più se le emissioni vengono ridotte”. Cosa manca qui?
Kevin Anderson, direttore del Tyndall Centre per la Ricerca sul Cambiamento Climatico, ha affermato in una recente intervista riguardo la COP28: “L’industria del combustibile fossile è riuscita magistralmente a corrompere i lavori delle COP… Adesso abbiamo una COP completamente dominata dalle aziende dei combustibili fossili”.
Per complicare ancora di più le cose, l’Unione Europea ha preso una posizione, insieme ad altri Paesi, affermando che “non è possibile scendere a compromessi nella riduzione della produzione di combustibili fossili”. Così facendo, si posiziona in netto contrasto ad Al Jaber che, con la sua Adnoc, sta pianificando un aumento di 600 mila barili al giorno.
Un’altra mela marcia all’interno della disputa è rappresentata da un piano di finanziamento da parte dei Paesi sviluppati a beneficio delle nazioni in via di sviluppo per la riparazione dei danni causati dal cambiamento climatico, per un totale di circa 100 miliardi di dollari all’anno. Restano però dei dubbi sulla veridicità dei pagamenti e sulla serietà degli impegni presi. Questo piano avrebbe dovuto figurare come grande successo dell’ultima COP, ma le discussioni sulla sua applicazione sono andati a scemare già alle trattative preliminari ad Abu Dhabi. Le fazioni si sono già create.
Riferimenti per il successo della COP28
Secondo il World Resources Institute (WRI), alla COP28 verrà presentato il primo bilancio globale in assoluto. Esso contiene i dettagli dei progressi fatti a partire dai fondamentali Accordi di Parigi del 2015. Questo bilancio, già pubblicato a settembre, secondo il WRI “è una pagella veramente dannosa”. Essa dovrebbe fungere da regolamento su cosa le nazioni devono o non devono fare per progredire.
Come affermato dal WRI: “Alla COP28 i Paesi devono presentare un piano di risposta rapida al bilancio globale, un piano che trasformi ogni macrosistema del pianeta ad un ritmo e una profondità mai visti prima, il tutto migliorando le vite delle persone e promuovendo la giustizia climatica”.
Il successo della COP28 dipende dai progressi raggiunti dal vertice in quattro ambiti fondamentali:
- Risposta al primo bilancio globale.
- Trasformazione dei sistemi della Terra considerando energia, cibo, utilizzo del territorio e città.
- Sviluppo della resilienza per attutire l’impatto del cambiamento climatico.
- Destinazione delle finanze sul clima ai Paesi più vulnerabili.
Soprattutto, ci si aspetta che le discussioni alla COP28 vertano sul ruolo centrale dei combustibili fossili. “L’eliminazione graduale dei combustibili fossili” è già l’obiettivo primario dei negoziati per parecchi Paesi. Questo potrebbe essere un grande risultato.
Inoltre, secondo i dati forniti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), per raggiungere le emissioni zero entro il 2050, l’energia pulita deve ridurre di concerto le emissioni di gas serra di 15 miliardi di tonnellate entro il 2030. Considerando anche la cattura e il sequestro del carbonio (CCS), ne verrebbero catturate solo un miliardo su 15 entro la fine del decennio. “Evidentemente, la tecnologia per la cattura e il sequestro non deve essere usata come una scusa per espandere la produzione di combustibili fossili o rallentare la transizione alle fonti di energia rinnovabile come l’eolico e il solare” (IEA).
L’efficienza di questa tecnologia è molto sospetta a causa di una lunga storia di fallimenti. “La CCS è ‘una tecnologia avanzata fallimentare’ secondo Bruce Robertson, analista finanziario energetico che ha studiato i migliori progetti a livello globale. ‘Le aziende spendono miliardi di dollari per questi impianti ma non ottengono i risultati attesi” (Bloomberg, 23 ottobre 2023).
Previsione degli impegni dell’industria del fossile alla COP28
Secondo quanto afferma il World Resources Institute, “È essenziale che questo vertice ONU non diventi terreno fertile per promesse da parte dell’industria del petrolio e del gas che deviano dal focus del dibattito. Alla COP28, ci si aspetta che gli Emirati Arabi annuncino un impegno da parte di almeno 20 colossi di gas e petrolio a ridurre la dispersione di metano e raggiungere le emissioni zero entro il 2050, ma solo per le loro operazioni e non per il combustibile da loro venduto. Non considerare le cosiddette emissioni “Scope 3” di combustibile fossile prodotte dalle loro estrazioni di gas e petrolio e poi vendute significa che l’industria sta ignorando le emissioni responsabili del 95% della crisi climatica”.
È presto per trarre delle conclusioni, ma si può presumere, scommettere e supporre che la COP28 non porterà a ciò che è davvero necessario per affrontare seriamente il riscaldamento globale. Prevedendo “obiettivi sul combustibile fossile” e non ulteriori concessioni da parte dell’industria fossile, forse le COP future dovranno limitarsi a discutere misure di adattamento per il rapido innalzamento dei mari, come la costruzione di dighe grandi, forti e sicure e altre misure di sopravvivenza.
In realtà, questo sta già accadendo. Lungo le coste americane, varie città tra cui New York, Charleston, Norfolk, Miami e San Francisco stanno affrontando lo stesso dilemma: tali dighe proteggerebbero tecnicamente case e proprietà dall’innalzamento dei mari a causa del cambiamento climatico, ma le proposte sono così orribili da portare all’opposizione degli abitanti. Per esempio, il progetto da 29 miliardi di dollari proposto per la città di Galveston in Texas, uno stato ricco di petrolio (Fonte: Coastal Residents Fear ‘Hideous’ Seawlls Will Block Waterfront Views, The Guardian, gennaio 2023).
Il fenomeno del cambiamento climatico/riscaldamento globale si sta già facendo notare distruggendo le coste abitate da persone benestanti. Chissà quando le società di costruzione delle dighe arriveranno ad essere quotato a Wall Street.
Come premessa alla COP28, bisogna sottolineare che le Conferenze precedenti hanno posto l’accento sull’importanza del raggiungimento dei limiti al riscaldamento globale di +1,5°C rispetto all’epoca pre-industriale. Secondo il MIT (Massachusetts Institute of Technology), ecco la posizione dell’IPCC: “Per prevenire il peggioramento degli effetti potenzialmente irreversibili del cambiamento climatico, la temperatura media globale non dovrebbe superare quella dell’epoca preindustriale di più di 1,5 gradi Celsius (Fonte: Explained: The 1.5C Climate Benchmark, MIT News, 27 agosto 2023).
Per raggiungere questo obiettivo, i punti chiave devono essere raggiunti entro il 2030 e il 2050 in termini di riduzione delle emissioni e sforzi di mitigazione. Secondo l’IPCC, le emissioni globali di gas serra devono raggiungere l’apice nel 2025 ed essere ridotte del 43% entro il 2030 per non superare la soglia di +1,5°C.
Quali sono i costi? Accomodatevi prego. “In un recente report di Bloomberg NEF, il team di ricerca sull’energia pulita stima che azzerare le emissioni globali di carbonio entro il 2050, come promesso da molti Paesi per evitare la distruzione della specie umana da parte del riscaldamento globale, potrebbe costare 196 mila miliardi di dollari in investimenti”.
Nel breve termine “Bloomberg consiglia di triplicare gli investimenti green annuali fino a 6,9 mila miliardi di dollari entro il 2030 se si vuole avere qualche speranza di raggiungere le zero emissioni entro il 2050. Questa operazione richiederà a governi, aziende e consumatori la sostituzione della maggior parte dei veicoli a gas con veicoli elettrici, costruendo stazioni di ricarica per suddetti veicoli e sostituendo l’energia derivante dai combustibili fossili con quella eolica, solare e altre rinnovabili, con nuove reti per connetterle tra loro”.
Tuttavia, in netto contrasto alle analisi di Bloomberg, secondo un nuovo rapporto dell’ONU buona parte di quei 6,9 miliardi sarebbe speso inutilmente, presupponendo che succeda realmente (parere discutibile). Nonostante tutto, ecco i controbilanciamenti dei combustibili fossili entro il 2030: “I progetti (delle aziende fossili) porterebbero nel 2030 a un aumento della produzione di carbone del 460%, dell’83% di gas e del 29% di petrolio rispetto a quello che sarebbe stato possibile bruciare se l’aumento della temperatura globale avesse dovuto rispettare il limite internazionale di 1,5°C come da accordi. I progetti produrrebbero anche il 69% in più di combustibile fossile rispetto alla compatibilità con il limite più rischioso dei 2°C” (Fonte: ‘Insanity: Petrostates Planning Huge Expansion of Fossil Fuels, Says UN Report, The Guardian, 8 novembre 2023).
Nel frattempo, i rischi di un eccessivo riscaldamento globale non stanno ad aspettare che le COP dell’ONU decidano come preservare le condizioni di vita dell’uomo. Il sistema climatico mondiale cambia a vista d’occhio. Solamente due anni fa, l’organizzazione National Public Radio affermava: “Limitando il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius entro il 2100, la speranza è quella di evitare disastri climatici che potrebbero aggravare la fame, i conflitti e la siccità su scala mondiale”. Era l’8 novembre 2021. Davvero? Come le cose cambiano rapidamente!
Ahimé, non è una novità per le persone “informate” che il riscaldamento globale supererà tutti i limiti molto prima del previsto (di fatto, in due decenni). L’ultimo saggio del Dott. James Hansen dell’Earth Institute, Columbia University, How We Know that Global Warming is Accelerating and that the Goal of the Paris Agreement is Dead (10 novembre 2023) scende nel dettaglio riguardo alle prove concrete e afferma chiaramente: “In meno di un decennio, dobbiamo aspettarci temperature di 0,4°C più alte. Dato l’aumento di 0,95°C raggiunto nel 2010, l’aumento entro il 2030 sarà di circa 1,71°C. L’aumento della temperatura globale di 2°C sarà raggiunto entro il 2040”.
(35 anni fa, il Dott. James Hansen, direttore dell’Istituto degli Studi Spaziali della NASA, ci aveva già avvertito: Global Warming Has Begun, Expert Tells Senate, New York Times, 24 giugno 1988).
Solo due anni fa le notizie ci avvertivano di mantenere “l’aumento della temperatura globale entro la soglia preindustriale di +1.5°C entro il 2100”. Non c’è da stupirsi se le persone sono troppo negligenti nei confronti dei possibili rischi del riscaldamento globale. Sembra distante una vita. Invece, purtroppo, è dietro l’angolo. Come prova, il clima si sta comportando come un toro scatenato sotto steroidi. Lo vediamo ultimamente al telegiornale, in ogni continente. In tutto il mondo si registrano forti alluvioni, forti siccità, forti incendi, forti tempeste.
E andrà peggio. Ecco perché: “I ricercatori hanno scoperto che lo squilibrio energetico della Terra è approssimativamente raddoppiato tra il 2005 e il 2019” (Fonte NASA, NOAA). Secondo gli scienziati del clima è una cosa sconvolgente, che preannuncia problemi futuri più seri. Rivela un effetto albedo. Di questo passo, dimentichiamoci +1.5°C entro il 2100; possiamo solo sperare e pregare di arrivarci (Date un’occhiata a: MEER: raffreddare la terra riflettendo i raggi solari).
“La soglia di 1,5°C è impossibile da mantenere”, ha dichiarato giovedì Hansen, ora direttore dell’Earth Institute dell’Università della Columbia. ‘Nei prossimi mesi supereremo di gran lunga 1,5°C come media annuale. Per il resto di questo decennio, la media sarà almeno di 1,5°C” (Famed Climate Scientist Has a New, Dire Prediction, The Washington Post, 2 novembre 2023).
La COP28 dovrà fare un miracolo.
Traduzione dall’inglese di Sofia Bellucci. Revisione di Thomas Schmid.