L’8 Dicembre è una tradizione in Valsusa, da quando nel 2005 venne riconquistato il presidio di Venaus con un’azione che ogni anno si ricorda con grande emozione. E’ anche un momento per tastare il polso alla salute del movimento. Ogni anno gli amici e le amiche della valle mi spiegano: “Bene, ci sono gli amministratori quest’anno, l’altr’anno erano meno” oppure “E’ importante quello che ha detto quello perché…”, insomma ci si conta.
Quest’anno parto la mattina stessa da Milano, in treno. Cambio a Torino. Quando arrivo guardo il cartellone: c’è sul binario 12 o giù di lì un treno che forse parte in ritardo di un’ora e mezza. Mi avvio, ma vedo che stanno scendendo tutti e tutte, vanno verso il binario 8. Quel treno è stato soppresso, si sono ricevute le indicazioni di andare al binario 8, ottimo. Tra 20 minuti dovrebbe partire. Si arriva lì davanti e c’è un quadruplo strato di carabinieri e polizia, con caschi in testa e manganelli in mano.
Chiedo cosa è successo: pare che abbiano fatto storie perché diversi erano senza biglietto, ma ora ce l’hanno tutti, eppure, si passa col contagocce. Da buon sessantenne, serio, faccio vedere il mio biglietto e passo. Non lo guardano neppure, basta la mia faccia sorridente. Altri passano: a questo punto metà dei partecipanti è di qua e metà è di là. Tanto che i poliziotti si devono girare fronte e retro.
Ma se oramai tutti e tutte hanno il biglietto, perché? Grida da una parte e dall’altra, partono diverse cariche della polizia, alla fine pare che tre giovani finiscano al pronto soccorso, ma i media main stream parlano di due poliziotti contusi con prognosi di 20 e 10 giorni. Possibile? Da una parte uomini grandi e grossi con caschi e manganelli, dall’altra dei giovani con bandierine di platica e qualche striscione.
Chiedo e ricevo la conferma: tre giovani sono finiti al pronto soccorso, ma nei grandi media non si dice NULLA!!
Assisto: attonito. L’immagine che mi viene in mente è quella di un check point che ho visto in Palestina, l’unico motivo è rallentare, esasperare, provocare, umiliare e cercare l’incidente così poi se ne puo’ parlare, dei brutti e cattivi No Tav. Alla fine passano tutti e tutte, si sale con cori di soddisfazione.
Sul treno un giovane sui 30anni passa il tempo a insultare i giovani No Tav, urla, parole pesanti, pesantissime. I giovani sono straordinari, lo lasciano perdere. A me viene da sollevarlo di peso, mi sposto. È quello che forse cerca. Una volta si chiamavano “agenti provocatori”, forse è così.
Arriviamo a Susa, nevischio, si va al piazzale, ci si unisce, ci si incontra, si abbracciano amici, compagni, dopo un po’ ci si dispone. Il buon Valerio ha montato il camion coi gonfaloni dei Comuni. Davanti un camion che mi dicono essere di Aska… Si attraversa Susa, magari un ultimo cappuccio caldo, prima di infilare la statale che esce. Come altre volte non sembra di essere in tanti, ma invece quando il corteo si allunga diventiamo un serpentone senza fine, meraviglioso. Esposto c’è anche uno striscione che ricorda Leonard Peltier, a cui è intitolato il presidio di San Didero. Bisognerà liberare il presidio e poi anche Leonard, dopo 48 anni di carcere.
Si sale, molti intonano cori, rivolti alla natura, chissà che un giorno non siano gli alberi e i prati a ricordare che un giorno ci fu chi si opponeva alla distruzione degli uomini ricchi e bianchi. Parlo con dei trentini che ogni anno vengono qua, da 20 anni resistono contro un Tav a Trento, ma vi racconterò in un altro articolo.
Si sale fino a Venaus, dal camion interventi, musica e poi su vin brulè, te, cioccolata, panettoni. Auto e navette che scendono, c’è molta soddisfazione.
Si va e si torna tutti assieme. Cercherò di informarmi su come stanno questi giovani manganellati, a freddo, da una polizia che ubbidisce agli ordini. Vergogna.