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Intelligenza artificiale sionista (Sistema-Habsora) nella “fabbrica dell’assassinio di massa” a Gaza

Assedio totale col silenzio colpevole della governance euro-atlantista: 19.000 morti;  60% dell’abitato urbano raso al suolo; distrutte reti infrastrutturali fondamentali (luce, acqua, cibo, etc.) e i luoghi di aggregazione; militarmente sono stati impiegate bombe al fosforo  e 25.000 tonnellate di esplosivo

Pensare le bambine e i bambini come soggetti, persone nella concretezza del loro vissuto quotidiano significa affrontare la struttura dell’immensa violenza coloniale che si è abbattuta su di loro. Il colonialismo israeliano ha reso i bambini sterminabili, dopo averli fatti vivere in prigioni all’aperto negando loro l’accesso all’educazione, al gioco, alla salute, al movimento. La vita dei bambini palestinesi è minacciata in realtà ancor prima di venire al mondo, una politica che Shalhoub-Kevorkian ha definito “unchildling” (privazione dell’infanzia), rivelatrice di una logica genocidaria che si esprime nella demonizzazione e nella disumanizzazione del bambino come implicitamente terrorista. Unchildling è un processo di esclusione e di eliminazione “che invade gli uteri, le famiglie, le amicizie, le case, le scuole, gli ospedali; è flessibile, adattabile e imprevedibile. Opera con le politiche del governo e i quadri giuridici, una forma di guerra che mira ad annientare la futura generazione delle popolazioni autoctone”. Il neonato privato dell’infanzia e la terra espropriata sono la stessa cosa. E le donne? Se per alcune donne palestinesi l’idea di opporre resistenza attraverso la maternità ha offerto loro un ruolo nella lotta, altre l’hanno considerata un’espressione estrema del dominio patriarcale: “Non metterò al mondo dei bambini solo per vederli uccidere e morire. Il mio corpo non è una fabbrica di armi. È il mio corpo…”.  Ma il mondo ha chiuso da tempo gli occhi sulla tragedia di chi vive a Gaza .

da Comune-info

 

Deposito unico nazionale per le scorie radioattive, chi si offre? Discariche e cave

Il 13 dicembre 2023 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in base a recente decisione del Consiglio dei Ministri, ha formalizzato la pubblicazione dell’elenco dei siti presenti nella Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) per l’ubicazione del sito del deposito unico delle scorie radioattive. È  pur vero che l’elenco delle aree idonee è noto da tempo, ma ora è stata avviata la procedura inerente la manifestazione di disponibilità (validità 30 giorni) da parte degli Enti locali. Autocandidature, quindi, sia per Comuni il cui territorio è potenzialmente idoneo sia per Comuni non individuati, ma che chiedono un riesame del proprio territorio per verificarne l’eventuale idoneità. Analogamente potrebbe farsi avanti il Ministero della Difesa per aree militari. Circa un miliardo di euro di investimenti nel sito prescelto sono certamente allettanti e c’è chi si è già fatto avanti, come il sindaco di Trino (VC). La situazione appare decisamente complessa e faremo, come sempre, la nostra parte per evitare danni ambientali e sanitari, nonché fesserie di vario genere, per quanto possibile.

comunicato Gruppo d’Intervento Giuridico – Salviamo il paesaggio

 

Rapporto-Censis su “L’Italia dei sonnambuli”

Il venir meno di gran parte dei meccanismi di mobilità sociale e la mancanza di traguardi condivisi, fa sì che la società italiana sia affetta da sonnambulismo. Il ritorno della guerra ha suscitato nuovi allarmi: il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia

Il 56° Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese esamina i temi di maggiore interesse emersi nel corso del 2023. Nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (in particolare, -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. In questo quadro trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile. L’84,0% degli italiani è impaurito dal clima «impazzito», il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, per il 73,0% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per effetto del cambiamento climatico. Siamo passati rapidamente dagli allarmi sugli elevati tassi di disoccupazione al record di occupati, mentre il sistema produttivo lamenta sempre più frequentemente la carenza di manodopera e di figure professionali. La fase espansiva dell’occupazione, avviata già nel 2021, si è consolidata nel primo semestre di quest’anno. Tra il 2021 e il 2022 gli occupati sono aumentati del 2,4% e nei primi sei mesi dell’anno la crescita rispetto allo stesso periodo del 2022 è stata del 2,0%. Sono 23.449.000 gli occupati al primo semestre: il dato più elevato di sempre. Tuttavia, rispetto ai primi tre mesi di quest’anno, si sono ridotte le ore lavorate in tutti i settori produttivi: -3,0% nell’agricoltura, -1,1% nell’industria, -1,9% nelle costruzioni, -0,5% se si considera l’intera economia. L’Italia rimane comunque all’ultimo posto nell’Unione europea per tasso di occupazione: il 60,1%, aumentato di 2 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, ma ancora al di sotto del dato medio europeo (69,8%) di quasi 10 punti. Se nel nostro Paese si raggiungesse il dato medio europeo, avremmo circa 3,6 milioni di occupati in più

approfondisci l’articolo su Volere la Luna

 

Enea e Cnr: Mediterraneo bollente. Da maggio 2022 a maggio 2023 l’ondata di calore più lunga degli ultimi quarant’anni

Lo studio “Record-breaking persistence of the 2022/23 marine heatwave in the Mediterranean Sea”, pubblicato su Environmental Research Letters da un team di ricercatori dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR – ISMAR), lancia un nuovo allarme per il cambiamento climatico: «Da maggio 2022 a maggio 2023 il Mediterraneo ha subito l’ondata di calore più lunga mai registrata negli ultimi 40 anni con un aumento fino a 4° C delle temperature del mare e picchi superiori a 23° C. La parte più colpita è stata il bacino occidentale. Quelli presentati su Environmental Research Letters sono i risultati del progetto “CAREHeat” (deteCtion and threAts of maRinE Heat waves), finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), al quale partecipano, per l’Italia, ENEA e Cnr (coordinatore), e che punta a sviluppare nuove metodologie per prevedere e identificare le ondate di caldo, comprenderne la propagazione e gli impatti su ambiente, biodiversità e attività economiche, come pesca e acquacoltura. Oltre a ENEA e Cnr, partecipano al progetto i ricercatori francesi di Collect Locatisation Satellites (CLS), Institut Français de Recherche pour l’Exploitation de la Mer(Ifremer) Mercator Ocean International e i portoghesi di +ATLANTIC CoLAB. Dalle indagini dettagliate sul ruolo dei cosiddetti “forzanti atmosferici”,  come, ad esempio, il vento nel condizionare l’oceano,  è emerso che «Le anomalie della temperatura superficiale del mare sono strettamente correlate alla prevalenza delle condizioni anticicloniche nell’atmosfera; condizioni che nello stesso periodo hanno causato anche gravi siccità nella regione mediterranea».  I ricercatori italiani evidenziano che «L’analisi di questi dati indica che il rimescolamento verticale del mare causato dal vento è il principale responsabile del trasporto di calore all’interno delle acque marine e che queste anomalie sotto la superficie sono durate diversi mesi».

leggi integralmente articolo originale  su Greenreport

 

Città portuali del Mediterraneo in allarme. Le emissioni navali contribuiscono a concentrazioni di inquinanti dell’aria pericolose per la salute umana

Villa San Giovanni, Napoli, Livorno, La Spezia, Genova, Savona, Chioggia (Venezia) e Ancona: le misurazioni delle emissioni navali effettuate nei porti di queste città hanno rivelato concentrazioni di biossido di azoto dannose per la salute umana sia nel nostro Paese che negli altri porti europei lungo le rotte marittime più popolari del Mediterraneo come Atene, Valencia e Malta. Monitoraggi i cui risultati rappresentano un campanello d’allarme per le popolazioni che vivono sulle sponde del Mediterraneo e in particolare nelle città di porto. Dati che devono indurre ad alzare la voce nei confronti dell’industria marittima e dei governi, affinché si agisca al più presto per l’adozione di norme e misure che riducano rapidamente le emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra provenienti dalle navi. I dati rilevati nelle città italiane sono scioccanti. A Villa San Giovanni, un’area portuale in cui si prevedono più di 100 approdi di navi e aliscafi al giorno, nel periodo che va dal 16 luglio al 13 agosto è stata registrata una media di 94 µg/m³ di NO2, ovvero una concentrazione quasi 10 volte più elevata della soglia annua indicata dalle nuove linee guida dell’OMS a tutela della salute umana e circa 4 volte quella che i ricercatori indicano a tutela della salute umana sulle 24 ore. A Napoli, dove la misurazione nell’area portuale è avvenuta a ottobre, le concentrazioni a Porta di Massa, sono arrivate addirittura 73 µg/m³,  quindi quasi due volte il vigente limite annuo di legge e tre volte la soglia giornaliera (25 µg/m³) al superamento della quale i ricercatori associano un danno certo alla salute umana. Parimenti allarmanti sono  dati raccolti dai cittadini di La Spezia, Livorno, Genova e Ancona, città dove le navi sostano per ore con i motori accesi a poche decine di metri dalle finestre degli abitanti. Fra luglio e ottobre i cittadini di 15 città portuali del Mediterraneo hanno condotto rilevazioni dell’inquinamento atmosferico nelle aree intorno ai porti.  La campagna di scienza partecipata, si è svolta in Italia nell’ambito della rete “Facciamo respirare il Mediterraneo” – coordinata da Cittadini per l’aria e che raggruppa numerosi comitati e associazioni attivi sul tema delle emissioni navali nelle città di porto italiane –  e in Europa della coalizione europea di ONG (NABU, Cittadini per l’aria, Ecologistas en Acción, ZERO, Ornitologiki e BirdLifeMalta) che da diversi anni sostiene l’attivazione di un’Area a Controllo delle Emissioni navali nel Mediterraneo.

per info e approfondimenti: presidente@cittadiniperlaria.org

 

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