In seguito all’intensificarsi dei combattimenti a El Geneina, nel Darfur occidentale del Sudan, le équipe di Medici Senza Frontiere (MSF) che operano oltre il confine, nel Ciad orientale, hanno registrato un notevole aumento di rifugiati, soprattutto donne e bambini, che raccontano storie di violenza su larga scala contro i civili.
“Nei primi tre giorni di novembre circa 7.000 rifugiati sudanesi hanno attraversato il confine, un numero superiore all’intero mese precedente” dichiara Stephanie Hoffmann, coordinatrice di MSF ad Adré in Ciad, città al confine con il Sudan. “Abbiamo visto madri e bambini che hanno dovuto lasciare il Sudan senza nulla, perché le loro case sono state distrutte”.
Presso il valico di frontiera di Adrè le équipe di MSF hanno allestito un punto di salute dove i bambini vengono vaccinati contro il morbillo, si effettuano screening per la malnutrizione e i pazienti che hanno bisogno di cure specialistiche urgenti vengono trasferiti all’ospedale cittadino dove vengono curati da altri team dell’organizzazione e personale del ministero della salute.
Le équipe di MSF stanno anche distribuendo generi di prima necessità e fornendo fino all’80% dell’acqua potabile. Nella zona tra El Geneina e Adré, MSF ha donato a tre centri sanitari kit per il trattamento di malaria, diarrea e infezioni respiratorie di adulti e bambini. Queste forniture hanno già aiutato a curare 120 pazienti e un’ulteriore donazione di 3,5 metri cubi di attrezzature mediche è stata consegnata all’unità di emergenza dell’ospedale di El Geneina.
A poche centinaia di metri dal valico di frontiera, spesso i rifugiati aspettano nuovi arrivi dal Sudan, sperando di avere notizie delle loro famiglie, il più delle volte negative, ed è per questo che MSF offre ai rifugiati anche un supporto di salute mentale.
“Casa di mia sorella è stata bombardata. Era accanto alla nostra che ha preso fuoco a causa dell’esplosione e siamo subito usciti. Non so cosa sia successo a mia sorella, se sia sopravvissuta o no” racconta Amne, 33 anni, che ha attraversato il confine con i suoi quattro figli e l’unica cosa che è riuscita a prendere è il vestito che indossa.
Un uomo di 27 anni, arrivato all’ospedale MSF di Adrè con diverse ferite da proiettile sulle mani e sulle gambe, ha raccontato di essere fuggito da El Geneina con un gruppo di 16 persone e di aver subito un attacco lungo la strada per il Ciad. Gli aggressori hanno ucciso l’intero gruppo, ma lui è sopravvissuto fingendosi morto. Grazie all’arrivo di altri rifugiati, è riuscito a raggiungere il confine.
“El Geneina ha vissuto una cruenta crescita di violenza lo scorso giugno, che ha spinto gran parte degli abitanti della città a rifugiarsi in Ciad, nonostante i numerosi pericoli e attacchi che li attendevano lungo la strada. La città ha poi vissuto una relativa tregua e ha persino ospitato sfollati provenienti da altre località” afferma Alkassoum Abdourahamane, coordinatore del progetto MSF a El Geneina. “Ora le esplosioni e la paura hanno di nuovo preso il sopravvento. Solo nell’ultimo fine settimana abbiamo ricevuto 36 feriti”.
Le storie di chi arriva in questi giorni ricordano quelle dei massicci arrivi di rifugiati ad Adré nel mese di giugno, quando la popolazione di questa piccola città è triplicata. Dal 15 al 17 giugno l’ospedale ha ricevuto oltre 850 feriti di guerra, uno dei più grandi numeri di vittime che le équipe di MSF abbiano mai dovuto gestire. Molti pazienti hanno ferite da arma da fuoco, in particolare all’addome, alla schiena e alle gambe, e hanno raccontato di violenze strazianti a El Geneina e di attacchi sulla strada per il Ciad, con uomini armati che sparavano alla gente in fuga.
Le équipe di MSF nella capitale del Darfur settentrionale, El Fasher, hanno visto un numero significativo di persone abbandonare la città per paura di rimanere intrappolate dalla crescente violenza e, dall’inizio della guerra, si stima che 1,1 milioni di persone sono state costrette a fuggire, abbandonando tutto per trovare rifugio in Ciad, un paese che sta già affrontando molteplici crisi umanitarie.
“Nonostante gli sforzi collettivi delle comunità locali, delle autorità e delle organizzazioni umanitarie, la risposta umanitaria non è ancora all’altezza della portata della crisi nel Ciad orientale, che sta mettendo a dura prova anche le comunità ospitanti già vulnerabili “ dichiara Claire Nicolet, responsabile della risposta di emergenza di MSF in Ciad e Sudan.
“Molte persone vivono in campi improvvisati, dove le condizioni rimangono terribili. Intanto, l’ultimo aumento degli arrivi di rifugiati è un’altra indicazione del fatto che i bisogni continuano a crescere e che il conflitto che li alimenta è tutt’altro che finito. Continuiamo a chiedere un immediato aumento degli aiuti umanitari per aiutare i più vulnerabili, sia i rifugiati che i ciadiani, e per garantire l’accesso ai servizi di base come acqua, assistenza sanitaria, riparo e cibo” conclude Nicolet di MSF.
MSF, dall’inizio dell’emergenza, ha fornito oltre 96.000 visite mediche, ricoverato 8.492 pazienti, curato 7.155 malnutriti e 31.955 malati di malaria, eseguito 1.634 interventi chirurgici e assistito 1.043 persone.
Le équipe di MSF forniscono cure mediche vitali nei campi di Adré, Ourang e Metche, nella provincia di Ouaddai, e nei campi di Goz Achiye, Daguessa e Anderessa, nella regione di confine della provincia di Sila.