Il Dott. Fawzi Ismail, Presidente dell’Associazione Sardegna-Palestina, in rappresentanza delle Comunità e delle Associazioni Palestinesi in Italia, comunica che in data 4 novembre p.v., in occasione della visita a Cagliari del Presidente della Repubblica per le celebrazioni della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, ha provveduto alla consegna, tramite l’Ufficio Territoriale del Governo di Cagliari, di una lettera rivolta all’attenzione del Capo dello Stato, nella quale si manifestano le preoccupazioni dei cittadini palestinesi residenti in Italia a fronte della ricaduta che la drammatica situazione che interessa il loro Paese ha nel quotidiano.
Egregio Presidente Mattarella,
come cittadine e cittadini palestinesi residenti in Italia da molti anni, ci rivolgiamo a Lei dopo aver a lungo valutato l’opportunità di compiere questo passo che, non le nascondiamo, speravamo non si sarebbe mai dovuto rendere necessario.
Come potrà osservare Lei stesso, non è consuetudine della nostra comunità rivolgerci alle istituzioni né, tanto meno, al loro massimo rappresentante, se non in circostanze di estrema drammaticità.
Abbiamo sempre provato, malgrado le difficilissime condizioni in cui ci siamo ritrovati a vivere, a gestire in autonomia qualunque istanza la nostra comunità si trovasse a dover affrontare, ma la gravità di quanto sta accadendo alla popolazione palestinese in Italia in queste settimane ci ha convinto che fosse necessario condividere anche con Lei le nostre preoccupazioni.
La narrazione che pressoché tutti i principali organi di informazione sta restituendo di quanto, a partire dal 7 ottobre, accade in Palestina e in particolare a Gaza, sta pericolosamente compromettendo la sicurezza e l’incolumità dei Palestinesi in Italia.
Sia sulla maggior parte dei canali televisivi (del servizio pubblico e privati), sia sulla carta stampata, tanti opinion maker italiani colpiscono la nostra comunità con un’autentica violenza psicologica dando sostanzialmente l’assenso alla distruzione della Palestina.
Le informazioni vengono spesso comunicate in modo parziale o distorto, mai contestualizzate nell’ambito di un vero e leale contraddittorio e, soprattutto, chiaramente finalizzate a trasformare agli occhi dell’opinione pubblica tutti i palestinesi in “colpevoli”, in “criminali”, indipendentemente dalle loro posizioni politiche, dalle loro ideologie, dalle loro stesse esistenze. Colpevoli, appunto, per il solo fatto di essere palestinesi.
Non stentiamo, con dolore, a definirla un’autentica campagna di istigazione all’odio, proprio quello stesso “germe della pseudocultura dell’odio” a cui Lei si riferiva qualche giorno fa, nei confronti di un popolo che dovrebbe essere al più presto oggetto di discussione nelle opportune sedi istituzionali.
Riteniamo sia molto rischioso permettere che quello che dovrebbe essere uno dei pilastri fondamentali di un sistema democratico, l’informazione appunto, si trasformi invece in uno strumento vessatorio o, peggio, addirittura generatore di minacce ai danni di una parte della cittadinanza che verrà così automaticamente e ingiustamente identificata come “un pericolo” solo per il fatto di essere palestinese o, più in generale, araba o musulmana.
I cittadini di Gaza stanno subendo da settimane un’aggressione militare che, paragonata agli attacchi subìti dalla Striscia in passato, può senza dubbio essere considerata tra le più brutali di sempre.
Non solo per il numero enorme di civili uccisi (migliaia e migliaia di donne, uomini e bambini, come sempre, sotto gli attacchi israeliani), feriti o dispersi, non solo per la sistematica violazione delle più basilari regole che perfino in guerra dovrebbero essere rispettate (come, ad esempio, il fatto che gli ospedali, le ambulanze e le scuole non dovrebbero mai essere obiettivi militari; come, ad esempio, l’uso di armi non consentite dalle convenzioni internazionali), ma anche e soprattutto per il clima di diffidenza e di odio nei nostri confronti.
Mai come questa volta sentiamo minacciata la sicurezza e l’incolumità nostra e, soprattutto, dei nostri figli.
In qualunque modo si giudichi ciò che avviene a Gaza, qualunque sia la posizione che si scelga di avere, sarebbe opportuno ricordare sempre che la comunità palestinese che vive in Italia, così come tutte le comunità palestinesi nel mondo, è costituita da esuli, generazioni di donne e uomini sradicati violentemente dalla propria terra e costretti a trovare un posto su questo pianeta da poter chiamare casa.
La casa che ci apparteneva per diritto e per nascita ci è stata sottratta con la forza.
Solo pochissimi di noi sono riusciti a ricostruirsi un’esistenza che con un po’ di fantasia potremmo definire “normale”.
Oggi, infatti, sono milioni i palestinesi relegati in campi profughi che definire luoghi di privazione sarebbe generoso, campi di prigionia che hanno visto nascere e crescere intere generazioni in cattività, spesso costrette a subire violentissimi attacchi militari e a vedere sterminate le proprie famiglie e i propri cari, generazioni condannate a una segregazione infinita, all’oblio e alla cecità del mondo per il solo fatto di essere palestinesi.
Gli anni passano, Presidente, i decenni passano, ma la nostra memoria è viva, oggi più che mai, e non dimentichiamo le ingiustizie subìte né i diritti cancellati, così come il dolore che Israele ci infligge da quasi settantacinque anni con l’attuazione delle sue politiche colonialiste, di apartheid e di pulizia etnica.
Sono dunque queste le premesse che hanno reso l’Italia il nostro approdo, Presidente, un approdo molto amato in cui abbiamo visto nascere e crescere i nostri figli e in cui vorremmo essere sicuri di saperli rispettati esattamente come tutti gli altri cittadini di questo Paese.
Oggi, però, immersi in un clima che vediamo farsi ogni giorno sempre più ostile nei nostri confronti, grazie ad una campagna denigratoria e manipolatoria della verità, ci rendiamo conto di non poter contare su alcuna forma di tutela né di rispetto.
È dei giorni scorsi la notizia di una violentissima aggressione, pianificata nei minimi dettagli, ai danni di Karem Rohana, un italo-palestinese che utilizza i suoi canali social per condividere notizie che arrivano direttamente da Gaza e dalla Cisgiordania.
È dunque questo il futuro che questo Paese ha in serbo per noi? Dovremo avere timore di parlare, esprimere opinioni, non essere d’accordo, di condividere testimonianze dirette di amici e parenti dalla Palestina?
Signor Presidente, pur consapevoli dei suoi tanti impegni, ci auguriamo con tutto il cuore che questo nostro appello possa incontrare la sua attenzione e per questo, anticipatamente, La ringraziamo.
Cagliari, 4 novembre 2023
Comunità e associazioni dei palestinesi in Italia