Ipotizziamo che la riforma costituzionale del premierato venga approvata ed entri in vigore. A quel punto accadrà che tra i candidati a guidare il Governo verrà eletto chi riceverà il più alto numero di voti. Dato che non è prevista una soglia di sbarramento, potrebbe capitare che l’eletto sia votato dal 40% o magari soltanto dal 33% dei votanti. Automaticamente alle liste collegate con l’eletto verranno assegnati il 55% dei seggi in Parlamento. Il Parlamento con una maggioranza del 50% + 1 potrà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Inoltre il Parlamento e il Presidente della Repubblica nomineranno i 2/3 dei membri della Corte Costituzionale.
In sintesi chi verrà eletto Presidente del Consiglio dei Ministri, potrebbe trovarsi nella condizione di controllare contemporaneamente tutti i poteri ad eccezione di quello giudiziario. Ma a quel punto sarebbe possibile approvare una riforma della giustizia che subordini la magistratura al controllo della politica. Tutto ciò potrebbe avvenire nel rispetto della legalità, attraverso procedure democratiche.
Questa sequenza di possibilità mette in luce inquietanti scenari tipici dei regimi autoritari. Di sicuro è in palese contrasto con la divisione dei poteri che è posta a fondamento di ogni forma di democrazia costituzionale. Secondo Montesquieu “non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo. Se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore”.
La separazione dei poteri è necessaria perché – secondo Montesquieu – “chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti […]. Perché non si possa abusare del potere occorre che […] il potere arresti il potere”. Soltanto la distribuzione del potere può porre un argine al potere, attraverso il controllo reciproco dei diversi poteri.
Ovviamente quando si valuta un ordinamento istituzionale bisognerebbe prescindere dalle simpatie politiche del momento. Anzi, per una valutazione corretta ciascun elettore dovrebbe immaginare che al potere si venga a trovare il politico più lontano dalle sue idee. In tal caso si è certi che sia auspicabile una simile concentrazione del potere?
Oggi ci si domanda se nell’attuale confronto politico sulla proposta di introdurre l’elezione diretta del leader del Governo sia presente la consapevolezza delle possibili conseguenze di questo eventuale assetto istituzionale. Nei prossimi mesi non mancheranno le occasioni per riflettere sul procedimento già avviato per la revisione della Costituzione. Non si tratta di un evento tra i tanti, ma di un passaggio fondamentale per il futuro della democrazia italiana. Non va sottovalutato.
Il 15 aprile 1994 Giuseppe Dossetti, uno dei più importanti padri costituenti, in una lettera al sindaco di Bologna scrisse: “non posso non rilevare che attualmente i propositi delle destre (destre palesi e occulte) non concernono soltanto il programma del futuro governo, ma mirerebbero ad una modificazione frettolosa e inconsulta del patto fondamentale del nostro popolo, nei suoi presupposti supremi in nessun modo modificabili”. Sembra scritta oggi.