Milano si è unita oggi alle tante piazze italiane che hanno manifestato nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Trentamila persone hanno riempito Largo Cairoli, per poi dirigersi verso Piazza Duomo in un corteo spontaneo.

Riportiamo il racconto e le riflessioni di tre partecipanti.

Sergio

Al mio arrivo in Largo Cairoli trovo una moltitudine composta.  Ci sono donne adulte, ragazze, bambine, ma anche tanti uomini adulti, ragazzi, bambini, c’è attenzione alla voce che scandisce il nome delle oltre 100 donne e ragazze uccise dall’inizio dell’anno e aggiunge il modo e il luogo in cui sono morte.

C’è brusio in piazza mentre il triste conteggio si propaga dal microfono, c’è tristezza, c’è commozione. A un certo punto ecco il nome di Giulia Cecchettin e il brusio diviene rumore. Arriva la notizia dell’arrivo in Italia del suo assassino, Filippo Turetta e il rumore si fa’ intenso, con chiavi, tamburelli improvvisati, battiti di mani, urla.

A un certo punto sento scandire: Donna, Vita, Libertà… Ecco, non dimenticare nulla, nessuna realtà femminile oppressa: Iran, Afghanistan, Africa… Il nuovo mondo possibile si deve fare con le donne, si deve fare tutti insieme. Nessun supremo, ma rispetto e diritto… Che il rumore continui.

Annabella

La piazza si è svuotata lentamente. C’era voglia di restare, di fare rumore, di sentirsi unite, di dirsi come continuare. Forse tutte avevamo dentro le parole di Aissatou, sedicenne attivista guineana che lotta contro i matrimoni delle bambine: “Se non lo facciamo noi, chi lo farà? Se non cerchiamo noi di lottare, chi lo farà al posto nostro?” Forse possiamo farlo tutte e tutti insieme.

La stessa piazza avrebbe visto subito dopo la manifestazione contro i bombardamenti a Gaza: due lotte separate, eppure la radice del dominio è la stessa…

Andrea 

Sono un uomo, bianco, europeo, etero e cisgender, il che mi colloca mani e piedi sulla cima della piramide. Sono un portatore di privilegi, che hanno reso la mia vita più semplice rispetto a tutte le persone che da quella piramide sono costrette ad alzare lo sguardo.

Non scegliamo dove e come nascere, ma una volta presa coscienza, è responsabilità nostra. Più i privilegi si sommano, più il dovere e la responsabilità aumentano.

Stare con le mani in tasca, non mettersi in discussione, convinti di essere diversi, è dare ossigeno al fuoco del patriarcato, che da troppo tempo arde, bruciando vite.

Riconoscere il proprio privilegio è un passo, smantellarlo in modo che diventi diritto per tutti e tutte è il passo successivo. Nella vita di ogni giorno, manifestando accanto, con la consapevolezza di essere un uomo, il figlio sano del patriarcato, con la convinzione che quel genitore deve cessare di esistere.

Foto di Andrea Mancuso e Annabella Coiro