George Soros, imprenditore, banchiere e finanziere ungherese naturalizzato statunitense, è da sempre oggetto di controverse situazioni. Presidente del Soros Fund, dell’Open Society Foundations e fondatore e consigliere del gruppo finanziario Quantum Group, dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989 si è guadagnato la fama del ricco filantropo miliardario americano per il suo sostegno finanziario a cause dei diritti umani. Soros dispensa donazioni a tal fine attraverso la Open Society Foundation ma, se da un lato finanzia gruppi per i diritti umani, dall’altro attraverso alcuni di questi finanzia golpe di stampo fascista contro governi socialisti e progressisti dei Paesi latinoamericani, in quanto critici delle politiche imperialiste USA. Soros ha avuto un ruolo significativo nel finanziamento della “democratizzazione non-violenta negli Stati post-sovietici” – che in realtà fu una transizione tutt’altro che pacifica – dal comunismo al capitalismo nell’Europa orientale, sostenendo finanziariamente numerosi regime-change. Le azioni filantropiche “pro-democrazia” di Soros sembrano più delle operazioni di bluewashing, che offrendo controversi e discutibili aiuti umanitari, distraggono l’opinione pubblica dalle sue complicità nella violazione delle sovranità nazionali, lucidando la sua immagine internazionale. Sebbene in questi anni siamo stati abituati ad una critica a Soros da destra, ricca di retorica e di tautologie, oggi proponiamo da sinistra una critica ad un miliardario che spaccia i suoi interessi neocon per “attivismo per i diritti umani”. Ne parliamo con il giornalista Fabrizio Casari, Direttore del sito Altrenotizie.org, analista di politica internazionale ed esperto di Nicaragua.

Come si è guadagnato, Soros, la fama di filantropo?

Con una campagna di stampa che ha ripulito la sua immagine autentica, quella di uno speculatore in Borsa, sia su titoli, azioni e obbligazioni, ma soprattutto sul mercato dei cambi. Basti ricordare che il suo esordio segnò il tonfo delle cosiddette “tigri asiatiche”, colpevoli di uno sviluppo che danneggiava gli interessi di USA e Giappone.

Quale ruolo hanno le ONG che Soros finanzia, attraverso l’Open Society, soprattutto nei Paesi a trazione socialista del Sud America e nei Paesi non allineati?

Quello di costruire insoddisfazione diffusa, organizzare sacche di disobbedienza e tentare di far imporre l’agenda internazionale USA sui rispettivi Paesi: lo scopo è generare instabilità politica in funzione sovversiva.

Quindi si tratta sempre di gruppi per i diritti umani, o si tratta di enti che si definiscono tali ma lavorano per altre finalità?

Lavorano per la messa a terra degli interessi statunitensi. Queste ONG sono la facciata, le fondamenta sono quelle del governo di Washington. Soros ha sempre agito di concerto con il Dipartimento di Stato, con il quale ha condiviso valutazioni ed operatività nei diversi paesi. Lo ha fatto dapprima attraverso il finanziamento alle ONG che operavano all’interno degli stessi, poi fondando la sua, Open Society Foundation, subito distintasi per essere un piccolo impero mediatico e politico che fiancheggia la politica estera e gli interessi in generale della Casa Bianca, più che una ONG nel senso che siamo abituati a dargli noi da questo lato del mondo. Sono affermazioni categoriche e per questo proverei ad entrare nel merito partendo, se me lo permetti, da un ragionamento più ampio.

Certamente. Quando le ONG hanno iniziato ad essere strumento, consapevole o inconsapevole, dell’imperialismo umanitario?

Dal post 1989 il governo degli Stati Uniti ha scoperto la percorribilità della sovversione interna ai Paesi considerati ostili. A ridurre il peso specifico sullo scacchiere internazionali dei cosiddetti Paesi ostili si destinano risorse d’ogni tipo: dalle guerre ai blocchi economici, dal terrorismo alla fornitura di armi, agli aiuti per gli oppositori, all’isolamento diplomatico, alla negazione dei prestiti internazionali. Ma dove per qualsivoglia ragione questi elementi non risultassero applicabili o, comunque, non sufficienti a determinare il risultato sperato, il governo degli Stati Uniti sceglie la sovversione interna tramite azioni di diversa natura, utilizzando strumenti, tecniche e risorse destinate alla bisogna. Il cyberspazio e i programmi cosiddetti di “aiuto” sono due elementi decisivi di queste strategie. Nei bilanci di molte istituzioni pubbliche e associazioni private statunitensi emergono cifre e flussi di investimenti che dagli Stati Uniti vengono destinati alla diplomazia parallela della Casa Bianca. Vengono venduti alle opinioni pubbliche come aiuti umanitari, ma sono una delle armi preferite dagli Usa nelle ingerenze interne agli altri paesi. Rappresentano la base finanziaria e operativa per la costruzione delle cosiddette “primavere”, che rispondono alla politica di destabilizzazione permanente, ormai asse strategico della politica estera statunitense.

Quindi la CIA non è più il solo mezzo di destabilizzazione interna. Con quali mezzi oggi si implementano le destabilizzazioni?

Certamente la CIA fa il suo lavoro di sempre, ma sono tali e tanti i teatri che non può coprirli tutti con efficacia. Da un lato quindi chiede la collaborazione degli altri servizi occidentali (che però non dispongono di uomini e mezzi simili) e dall’altro agisce con nuovi strumenti. Dall’Europa dell’Est all’America latina, dai Paesi del Maghreb all’Asia, la destabilizzazione socio-politica dei regimi ostili vede il dispiegarsi di miriadi di fondazioni, Ong, associazioni, tutte formalmente all’opera per “esportare la democrazia” ma tutte sostanzialmente fondate, finanziate e dirette da Washington. In una intervista al New York Times nel 1991, Allen Weinstein, uno dei fondatori della NED, disse che “quello che fa la NED oggi è quello che un tempo veniva fatto in maniera clandestina dalla CIA”. E Marc Plattner, un vice-presidente della NED, spiegò a sua volta così il ruolo dell’organizzazione: “Le democrazie liberali favoriscono chiaramente gli accordi economici che fomentano la globalizzazione e l’ordine internazionale che sostiene la globalizzazione si basa nel predominio militare americano”.

E come fare affinché quest’ordine internazionale non venga minacciato?

Usaid, Ned, Freedom House, Iri, Idi ed altri centri sono gli enti USA che erogano la maggior parte dei fondi destinati alla destabilizzazione dei Paesi non “obbedienti”. A loro si associano aiuti di ONG europee, con un particolare contributo dei Paesi ex-Patto di Varsavia. Per il sostegno delle opposizioni interne gli strumenti utilizzati sono l’invio di denaro e di funzionari travestiti da ONG con la missione di alzare il livello della conflittualità interna ai Paesi che si vogliono attaccare. Il denaro con cui si finanzia il tutto arriva da Washington appunto attraverso la USAID, la NED, l’IRI ed altre fondazioni minori che investono ingenti risorse. I soldi sono triangolati attraverso finte attività sociali, ambientali, culturali, persino filantropiche e specialmente indirizzati verso organismi che dicono occuparsi di diritti umani e democrazia, pur se è assolutamente falso. Così i fondi arrivano a destinazione coperti da investimenti a sostegno dello sviluppo o progetti per comunità particolari; poi, ovviamente, prenderanno tutt’altre strade.

Come viene autorizzato questo meccanismo? Bisogna creare un espediente?

Il denaro è lo strumento chiave per gli interventi, ma la necessità di dover, per legge, documentare ogni spesa nel dettaglio, obbliga i centri di finanziamento ad un resoconto puntuale e pubblico che diviene lo strumento fondamentale per smascherare le attività di penetrazione ed ingerenza USA nei rispettivi Paesi.

Affinché vi sia però l’autorizzazione governativa all’invio di fondi, i destinatari devono risultare credibili o, almeno, presentabili. Non possono far parte della lista di organizzazioni, partiti, sindacati persone o movimenti che gli USA ritengono vincolati al terrorismo, né che abbiano avuto contenziosi legali con gli Stati Uniti. Soprattutto, perché le operazioni vengano finanziate, c’è bisogno della formuletta abusata e ipocrita della carenza di “diritti umani” alla quale segue quella della “minaccia grave e persistente alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Per questo le operazioni di penetrazione vengono precedute dalla sottomissione a sanzioni unilaterali che vengano erogate con queste false motivazioni. A quel punto la strada è libera e gli enti privati e governativi possono suddividersi i compiti. Si comincia con la creazione ed il finanziamento di giornali, ONG, partiti e organizzazioni “sindacali”1 con il proposito di cospirare ed elevare il conflitto politico nel Paese del quale si vuole abbattere il governo.

Quindi alcune ONG sono parte integrante della creazione delle “manifestazioni pacifiche” che generano le “rivoluzioni colorate”?

Si. Infatti, dopo la creazione e il finanziamento di queste organizzazioni, il passaggio successivo vede la formazione di giovani da utilizzare nelle piazze per la “fase 2”, come prevede il manuale operativo del “Golpe Soave” – illustrato nell’omonimo libro dell’ex agente CIA e politologo Gene Sharp, padre delle “rivoluzioni colorate” – ed al reclutamento e alla logistica di cui c’è bisogno per trasformare una iniziativa sovversiva in un fenomeno che sembri “pacifico” e “di massa” pur non essendo affatto né pacifico né di massa2. Gli enti non governativi che partecipano all’operazione vengono selezionati e adeguatamente finanziati con questo obiettivo, perseguito con progetti specifici (formazione della leadership, educazione alla disobbedienza civile etc.) o abilmente mascherati da progetti apparentemente neutri. In parallelo alla costruzione di un sistema mediatico oppositore si generano e si finanziano attività eversive camuffate da “progetti democratici” per creare un clima di ingovernabilità, basato su odio e violenza e che riduca il consenso verso il governo che si vuole abbattere: si imbastisce così un’operazione di regime-change.

Qual è la prassi per la destabilizzazione?

L’operare della USAID prevede step precisi: addestramento alle pratiche di disobbedienza politica e civica; opera di “riscaldamento” delle piazze, ovvero episodi ripetuti di violenze contro le istituzioni ed i nemici politici, gettare il Paese nella paura e favorirne l’ingovernabilità. Generare allarme, paura e incertezza serve a disorientare Paesi confinanti, popolazione e investitori. L’obiettivo è l’instabilità del governo. Essendoci poi bisogno di dimostrare che la ribellione sia autoctona e non pilotata, sono creati ad hoc organismi interni che svolgeranno il ruolo di collettore dei finanziamenti. Il denaro è inviato appunto a costoro che, proprio nel dichiararsi tali, percepiscono quote, che poi distribuiscono ai diversi attori coinvolti. Il Congresso approva e il business gira: tanto più elevata sarà la capacità di costoro di dimostrarsi attivi, tanto più alte, percentualmente, saranno le somme che arriveranno. Le ambasciate statunitensi sono il collante operativo e la copertura diplomatica per la maggior parte di queste organizzazioni. Le loro attività sono spacciate in chiave umanitaria dalla potenza di fuoco mediatica statunitense, che si adopera per venderle come indipendenti, disinteressate e al servizio delle istanze democratiche. E l’Occidente viene in aiuto: si attivano tutti gli organi di informazione affiliati all’interno e all’estero ed ogni istituzione internazionale che possa pronunciarsi a sostegno del golpe, ovviamente trasformato in “lotta per la libertà” di “pacifici studenti”. Non è così? Non importa, la verità non sta nei fatti ma nella narrazione degli stessi che viene fornita dal mainstream. Il vero cioè, non è nel reale ma risiede nell’immaginario che lo rappresenta. Com’è evidente, la verità diventa vittima e la libertà di stampa diventa la libertà dei suoi proprietari.

Il Nicaragua è un esempio in cui la Open Society Foundation di George Soros risulta, insieme a agenzie e governi europei, tra i finanziatori dell’opposizione di destra, d’estrema destra, di centro e di centro-sinistra nicaraguensi in funzione anti-sandinista. È un finanziamento recente o ha radici anche nel passato?

Il golpismo è sempre stato l’unico programma politico dell’estrema destra, conscia che elettoralmente non può vincere, dato l’enorme consenso di cui gode il FSLN. E almeno fino a che la leadership del Comandante e della Vicepresidente saranno riconosciuti, i sogni di rivincita della destra sono destinati a rimanere tali. Per questo, per provare a riconquistare il Paese hanno tramato con tutto e tutti, riaffermando l’alleanza naturale tra USA e oligarchia. Pensa che in un Paese piccolo come il Nicaragua, d’un tratto le ONG erano in numero spropositato, sebbene per molte di esse non vi fosse ragione e quelle che si dedicavano davvero agli scopi prefissi le riconoscevi perché erano quelle povere. Perché quindi tante ONG? Perché a causa di buchi nelle maglie legislative (poi coperti nel 2022), le ONG erano l’unico canale possibile per il transito del denaro proveniente dall’estero. Nei 5 anni immediatamente precedenti al tentato colpo di Stato, 76 milioni di dollari provenienti dalla USAID sono transitati sui conti della fondazione della quale Cristiana Chamorro era presidente. Non poco per un Paese in cui una campagna elettorale costa 20 milioni di dollari, no? Erano fondi governativi statunitensi stanziati su due direttrici: la formazione di una opposizione politica eversiva e la costruzione di un sistema mediatico che ne sostenesse ragioni ed obiettivi. Fondazione Chamorro, Funides e Cinco, erano i tre collettori del denaro illecito destinato ad attività di sovversione. Tre Fondazioni perché tre erano i Chamorro coinvolti: Cristiana, suo fratello Carlos Fernando e suo cugino Juan Sebastian ed ognuno aveva il suo portafogli personale. Tutto il sistema, insomma, rispondeva alla famiglia oligarchica, quindi all’ambasciata USA che dei Chamorro dispone in ogni modo e forma. Il sistema mediatico che accompagnava la costruzione del fronte eversivo si giovava di giornali e riviste, televisioni, radio, siti web e agenzie di stampa, più numerose pagine su tutti i social media. Si agiva con giornalisti e media specializzatisi nella costruzione di campagne mediatiche grossolanamente false, destinate a gettare discredito sul governo e a fomentare un odio anti-sandinista da utilizzare poi nell’avventura golpista.

La “stampa indipendente” nicaraguense, di indipendente non aveva nemmeno l’odore. Come ampiamente dimostrato, infatti, le ONG ricevevano importanti somme di denaro dall’estero, provenienti da organismi governativi di paesi terzi e di strutture apparentemente private, ma riconducibili a partiti e governi stranieri. Quel denaro andava speso per costruire l’opposizione al governo sandinista, meglio se violenta. Durante il tentato golpe fascista del 2018, le ONG e le gerarchie ecclesiali hanno provveduto alla logistica, al rifornimento di cibo, trasporti, armi ed alla rete informativa a sostegno delle operazioni terroristiche che hanno costituito la quintessenza del tentativo di colpo di Stato. Un altro compito svolto è stato la creazione di reti sociali artificiose e della diffusione di fake news con il compito prima di generare il caos, quindi di redigere rapporti falsi sulla repressione, destinati ad essere utilizzati internazionalmente per offrire il totale rovesciamento della verità dei fatti e predisporre il clima ostile verso il governo sandinista da parte della comunità internazionale, propedeutico all’approvazione di successive sanzioni.

A differenza di quanto si afferma, credi che l’Open Society di Soros sia un pericolo per le democrazie e gli Stati sovrani?

Lo è certamente. Perché è ben più e ben altro che una ONG. È capace di muovere interessi enormi e risorse infinite per ottenere il risultato che si prefigge in ogni Paese dove opera, ovvero influenzare fortemente il suo gruppo dirigente, infiltrandolo quando necessario; condizionarne le scelte politiche, determinarne l’assetto in modo che sia funzionale alle politiche statunitensi. In conclusione voglio dire che non serve molto personalizzare su Soros. Lui è certamente dotato di abilità straordinarie, quasi quanto gli appoggi che ha ricevuto e riceve, ma il pericolo viene da un sistema internazionale che è entrato definitivamente in crisi e che crede che la sola maniera di rimanere al comando sia quella di attivare la Terza Guerra Mondiale “a fascicoli”. Che sia Soros o chi per lui, conta relativamente. Il gusto macabro per le sette e per i complotti, tipico del capitalismo fintamente illuminista ma dalle radici sterminatrici e dittatoriali, cambia d’abito nel corso dei secoli, ma mai l’essenza e mai lo scopo finale.

1 Ovviamente non di sinistra, ma spesso spacciati come “indipendenti”. Vedasi Solidarność, la prima organizzazione sindacale “indipendente” del blocco sovietico nata movimento operaio cattolico polacco. Il fondatore, Lech Wałęsa, lo creò con i soldi della CIA e il riciclaggio del denaro della mafia italiana attraverso le casse vaticane dello IOR.

2 vedasi nel 2020 l’Operazione San Isidro a Cuba ad opera di agenti anti-cubani