Era esattamente un anno fa oggi, 4 novembre 2022, quando un gruppo di cittadin* di Brescia e dintorni si rivolgevano alle autorità del territorio con una precisa richiesta: esiste un Piano di Sicurezza degno di questo nome, in considerazione dei rischi eventualmente derivanti dallo stoccaggio di armi nucleari presso l’aeroporto militare di Ghedi? Se esiste perché non ne sappiamo nulla, dal momento che dovrebbe essere pubblico, oltre che soggetto ad aggiornamenti ogni tre anni?
Solo per rinfrescarci un po’ la memoria: il fatto che sia l’aeroporto di Ghedi che quello di Aviano servissero da aree di deposito di testate nucleari al servizio della NATO, era cosa nota da tempo. Ma la notizia particolarmente allarmante di un anno fa era l’imminente arrivo presso vari scali sparsi in tutta Europa (tra cui appunto anche Ghedi e Aviano) di un centinaio di ‘nuove’ bombe B61-12 “variante ammodernate delle più antiche B61: guidate da un sistema satellitare, con una potenza distruttiva selezionabile a seconda dell’obiettivo da colpire e in grado di penetrare nel sottosuolo per esplodere in profondità”, così le descriveva nel dicembre 2022 Antonio Mazzeo in un dettagliato articolo ripreso da vari siti, segnalando (tra l’altro) lavori di “rafforzamento” dei bunker atomici delle Basi di Ghedi e Aviano in modo da renderle “adatte” ad ospitare dalle 30 alle 50 testate!
E’ passato un anno. La potenziale pericolosità di questa ospitalità è stata persino quantificata: tra i due e i dieci milioni di morti in caso di esplosione, una potenza a quanto pare TRE volte superiore alle bombe che rasero al suolo Hiroshima e Nagasaki. L’illegalità di queste sgraditissime dotazioni in territorio italiano è diventata oggetto di una denuncia che il 2 ottobre scorso è stata depositata alla Procura della Repubblica da 22 pacifist*di varie associazioni, a titolo individuale, e ne abbiamo riferito qui.
Ma una risposta sul fronte della Sicurezza, della tutela del territorio e insomma dell’esistenza di un Piano d’Emergenza (che sarebbe obbligatorio per legge, indipendentemente dalle specificità militari di Ghedi e Aviano) i cittadini denuncianti non l’hanno ancora ricevuta.
La buona notizia è che non hanno intenzione di arrendersi.
“E’ dal 2016 che stiamo lavorando a questo coordinamento a livello lombardo, figurati se possiamo arrenderci proprio adesso” mi fa notare l’attivista Beppe Corioni del Centro Sociale 28 maggio. “Proprio adesso che con la manifestazione del 21 ottobre scorso siamo riusciti a rivedere in marcia intorno alla Base di Ghedi una marea di gente, non meno di 5000 manifestanti di ogni nazionalità e colore della pelle grazie all’organizzazione condivisa con i SiCobas: una partecipazione persino maggiore di quella che nel 2017 vide arrivare compagni da tutt’Italia, c’era persino Zanotelli… E non ci siamo limitati alle manifestazioni! In tutti questi anni abbiamo promosso convegni di studi, particolarmente importante quello del febbraio scorso presso i missionari comboniani di Venegono, dal titolo “Il Futuro è Nato?” (ndr: ne abbiamo riferito qui). E ben consapevoli dell’importanza della nostra campagna, ci siamo rivolti a IALANA, autorevole associazione di giuristi specializzati in Diritto Internazionale oltre che in materia di armi nucleari. Per rendere massimamente fruibili i risultati di questa campagna, che senz’altro non riguarda solo il nostro territorio perché sappiamo quante basi militari ci sono in Italia, abbiamo pubblicato un libro dal titolo Parere giuridico sulla presenza delle armi nucleari in Italia, Ed Multimage – sulla base del quale si è poi sviluppata la denuncia alla Procura della Repubblica di un mesetto fa…”
Con quali risultati?
“Nessun riscontro per il momento da parte delle autorità italiane, ma sappiamo quanto lunghe possano essere queste procedure. Senz’altro significativa è stata però l’udienza che solo dieci giorni dopo la presentazione della denuncia (era il 12 ottobre) abbiamo ottenuto presso tutte le autorità di Brescia: in Prefettura, dove siamo stati ricevuti dalla Dott.ssa Anna Frizzante in rappresentanza del Prefetto; nella sede della Provincia, accolti dal Capo di gabinetto Andrea Ratti e dal consigliere Marco Apostoli; in Comune, ricevuti dal Presidente del Consiglio Comunale Roberto Rossini; e non meno importanti gli incontri con CGIL (con il segretario Francesco Bertoli) e con il presidente dell’ANPI Lucio Pedroni. A tutti abbiamo personalmente consegnato copia della denuncia insieme al libro. Con tutti abbiamo per l’ennesima volta sollecitato una risposta circa l’esistenza di un Piano di Sicurezza per la popolazione di Brescia e dintorni, nel merito dei rischi potenzialmente derivanti dalla presenza di armi nucleari a Ghedi – che tra l’altro (particolare NON indifferente) siede su un area sismica!
Eravamo in cinque: il sottoscritto, insieme a Luigi Beltrami e Franco Loschi per le Ass.ni “Donne e Uomini Contro la Guerra” e “Centro Sociale 28 maggio”; Elio Pagani, di “Abbasso la Guerra OdV” con sede a Venegono (VA), che ha ribadito le motivazioni della denuncia e la necessità di verificare l’illegalità di armi nucleari sul territorio italiano, in quanto incompatibili con la ratifica del Trattato di non proliferazione di armi nucleari sottoscritto dal Governo Italiano; e c’era infine l’Avv.to Ugo Giannangeli, che oltre a sottolineare la riconosciuta competenza degli Avv.ti di IALANA estensori della denuncia, ne ha ulteriormente approfondito le argomentazioni, le documentate violazioni, l’urgenza insomma di una risposta. E insomma, nello stesso giorno tutte le autorità del nostro territorio hanno presto atto della questione, impossibile ignorarla d’ora in poi… Ed ecco che qualche giorno fa, dopo svariati e ripetuti solleciti, quando ormai non ci speravamo più, è arrivata la email di disponibilità dal Sindaco dello stesso Comune di Ghedi, che è tutto dire!
All’incontro eravamo solo in due, impossibile organizzare una vera e propria delegazione data l’improvvisa convocazione. Ma è stato un confronto utilissimo e sorprendentemente cordiale, che si è concluso con la promessa di portare la questione all’attenzione della Giunta e del Consiglio Comunale: non è poco. Siamo riusciti a toccare tanti aspetti inquietanti per il territorio, connessi con la Base Militare di Ghedi: dall’esistenza di un cosiddetto “villaggio” all’interno del Comune di Ghedi, talmente “riservato” al personale militare e relative famiglie, da escludere qualsiasi “ingerenza” amministrativa; al fatto che la stessa Base Militare (che è bene ricordare: è una Base Italiana) è in effetti una Base “doppia”, nel senso che dopo la ristrutturazione i componenti della “vecchia” Base non possono accedere senza permesso alla “nuova” base… situazione inquietante.”
Prossime tappe?
“Promuovere incontri di questo tipo con il maggior numero di sindaci, amministrazioni, prefetture innanzitutto in Lombardia e poi in tutta Italia. Il problema del nucleare illegalmente parcheggiato all’interno del territorio italiano deve essere portato all’attenzione di tutti i territori: al di là delle specifiche illegalità oggetto della denuncia che abbiamo depositato un mese fa, è una realtà che con l’acutizzarsi delle tensioni a livello internazionali rende l’Italia un obiettivo altamente sensibile, ed è una realtà di cui tutti i comuni, tutte le amministrazioni locali, tutti i cittadini italiani devono essere consapevoli.”