Si è tenuto domenica 5 novembre all’Auditorium Kyoto presso l’Enviroment Park di Torino il congresso regionale di Legambiente Piemonte.

Dopo i saluti del Presidente regionale uscente Giorgio Prino si sono avvicendati sul palco per  tutta la mattinata i diversi relatori che, a vario titolo, collaborano con l’associazione: l’assessore del Comune di Torino Tresso, il parlamentare Grimaldi, la ex sindaca Appendino, il direttore dell’Arpa Piemonte Barbero, il segretario generale della CGIL Piemonte Airaudo e poi Moroni del  Forum del Terzo Settore, Bonardo del CIPRA, Bortolotto della Marco Polo Group, Fava per Libera, Siviero per ARCI SCU e poi la Coldiretti, l’ARCI, Acea, Agrion e la Legacoop. Chiude la serie della mattinata Stefano Ciafani; il suo intervento pre-pausa pranzo, in qualità di Presidente nazionale di Legambiente, è misurato e spiega l’impostazione del documento congressuale regionale e nazionale, sottolineando come si sia in una fase in cui serve concretezza per realizzare la transizione ecologica. E infatti il documento si intitola “L’Italia in cantiere”. Nel testo vengono identificati gli ambientalisti del ma come quelli che rallentano la transizione, che si schermano dietro il non lasciare indietro nessuno, per salvare il vecchio mondo delle fonti fossili ma, in realtà, salvaguardano i soliti interessi. Davanti a lui c’è un modellino di pala eolica, lo guarda, la fa girare e spiega che la difficoltà è tutta nel rilascio delle autorizzazioni per poter fare degli impianti ecologici: si arriva a sei anni di attesa!

“L’Italia in cantiere, Piemonte e Valle d’Aosta. Innovare, includere, riconvertire per accelerare la transizione ecologica, superare la crisi climatica e costruire un futuro di pace” è un documento che si articola in dieci sfide. Un elaborato che esprime molte cose importanti, che ha però anche un accento molto evidente sull’asse delle difficoltà delle imprese e della necessità di norme più semplici e precise.

Un documento che si sarebbe dovuto discutere nel pomeriggio. Ai 150 delegati dei circoli territoriali presenti sembrava già troppo poco il tempo per permettere la discussione. In più vengono ridotti i minuti di durata degli interventi, poi il numero e, infine, scatta anche un allarme antincendio che comincia a suonare fastidiosamente. Per fortuna è un falso allarme, si prosegue fuori, poi si rientra quando il suono cessa.

Qualche critica al documento viene avanzata, anche scomposta e un po’ offensiva, tipo “siete come Elon Musk”.  Altre più posate fanno notare che non è così saggio chiedere di velocizzare e semplificare in era di governo da grandi opere.

Insomma una discussione parziale, che non incide, non affonda a causa delle modalità e della casualità.

Alla fine si vota e viene eletto il nuovo direttivo regionale del Piemonte: Alice De Marco presidente, Sergio Capelli direttore, Angelo Porta amministratore, Giorgio Prino vicepresidente, Rubina Pinto vicedirettrice. Eletti alla quasi unanimità con un solo astenuto.

E poi si vota il documento: approvato con sette astenuti e un contrario.

Infine i delegati al congresso: approvati all’unanimità.

Dovrebbe chiudere Giorgio Zampetti, direttore nazionale di Legambiente. Fa il suo discorso. Tutti pronti ad andare via, sono quasi le 6 pm, c’è molta stanchezza. E invece Ciafani stupisce, ci tiene a dire il suo “ma”. Ed è presto detto: niente è indissolubile se qualcuno non è d’accordo con il documento può anche andarsene dall’associazione. Grosso modo un prendere o lasciare o un o con me o contro di me.

Questa chiosa del Presidente nazionale di Legambiente ha molto più del modello aziendalista che della forma di democrazia associativa.  Per quanto potesse essere irritato da qualche intervento scomposto, il suo pare un messaggio non consono per un democratico consesso in cui è da sempre prevista la possibilità di dissenso. O il clima del nuovo corso del Paese è arrivato anche nell’associazione del cigno verde su sfondo giallo?

 

Il socio di Legambiente Ettore Macchieraldo