Allarme discriminazioni contro gli stranieri. Inclusione e integrazione restano obiettivi lontani.
Ad attestarlo è il Rapporto Immigrazione 2023 Caritas-Migrantes, dal titolo “Liberi di scegliere se migrare o restare“, sintetizzato dalla agenzia stampa Interris.it.
La strada da percorrere per uniformare l’inclusione sull’intero territorio nazionale è ancora lunga. E la cronaca offre in continuazione vicende che purtroppo confermano le difficoltà nell’integrazione. Non accettando la presenza di diversi alunni stranieri in classe i genitori di quattro bambini della scuola primaria “Don Bosco” di Bari, hanno chiesto il trasferimento dei loro figli. L’episodio si è verificato al Libertà, uno dei quartieri più multietnici della città, e ha sollevato non poche polemiche. “E’ successo – spiega il dirigente scolastico, Gerardo Marchitelli– in una prima elementare nella quale ci sono sette alunni stranieri su venti. Ma cinque di loro sono nati a Bari, non hanno neanche un gap linguistico. Gli altri due sono nati in Georgia e in Bangladesh”. “Avendo capito la motivazione – racconta – ho risposto che avrebbero avuto solo due strade.
Far restare i loro figli dov’erano o chiedermi il nulla osta per cambiare scuola”. Le famiglie hanno scelto questa seconda strada e i bimbi hanno cambiato scuola.
Da parte sua, l’assessora comunale alle Politiche educative, Paola Romano, sottolinea che “in classe non ci sono stranieri, ma solo bambini“. E che “bisognerebbe partire dai loro bisogni prima di prendere decisioni che possono spezzare amicizie, creare discriminazioni. E far soffrire tutti, senza una vera ragione. Romano conclude ricordando che “a Bari nessuno è straniero. La nostra città ha una storia di accoglienza. E come baresi, e meridionali, siamo storicamente accolti da altre comunità in altre parti d’Italia e del mondo“.
Tipologie contrattuali
In Italia, per quanto riguarda i lavoratori stranieri, per quelli non-Ue il tasso di occupazione si è attestato su valori leggermente inferiori alla media (59,2% contro il 60,1%). Quello di attività ha subito un leggero aumento (+0,6%). E il tasso di disoccupazione si allinea, nella flessione, alla media complessiva. L’aumento occupazionale più marcato si è avuto nel settore del Turismo e ristorazione (+16,8% e +35,7% per la compagine di lavoratori non Ue) e nelle Costruzioni (+8,4%, che sale al +13,8% per i lavoratori non-Ue). Tuttavia la maggiore incidenza di lavoratori stranieri nel 2022 si registra nel settore dell’Agricoltura (39,2% del totale), seguita dalle Costruzioni (30,1%) e dall’Industria in senso stretto (22,1%). Quanto alle tipologie contrattuali, l’87% degli occupati stranieri è un lavoratore dipendente e il restante 12,9% ha un contratto di lavoro autonomo. Le nazionalità che hanno conosciuto un aumento occupazionale più sostenuto fra il 2021 e il 2022 sono state l’albanese, la marocchina e la cinese (fra il +17,7% e il +7,1%).
Livelli d’istruzione
Vi sono nazionalità che mantengono, al di là dell’aumento annuale, un tasso occupazionale più elevato della media non-Ue (59,2%). La filippina, la peruviana, la cinese, l’ucraina (tutte con valori intorno al 65%). Mentre più basso è quello dei cittadini del Marocco, della Nigeria e del Pakistan. Il 75,2% degli occupati non-Ue svolge la professione di operaio (contro il 31,6% degli italiani). Mentre solo uno su 10 è un impiegato. E appena lo 0,1% è dirigente. Quanto al livello d’istruzione, la forza lavoro straniera risulta mediamente meno istruita rispetto all’autoctona. Prevalendo quelli con un livello “al più secondario inferiore”. Mentre i laureati sono appena il 10,6% del relativo totale (è il 25,8% per gli italiani). Su questo dato pesa, però, anche il fenomeno della sovra-qualificazione, ovvero lo scarto esistente fra il titolo posseduto e le mansioni ricoperte.
Difficoltà
Vengono indicate, poi, le difficoltà principali che i lavoratori stranieri riportano nel trovare un lavoro in Italia. E cioè “la scarsa conoscenza della lingua italiana”. “Discriminazioni dovute all’origine straniera”. “Mancanza del permesso di soggiorno o della cittadinanza”. E il “mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero”. Considerando l’anno 2022, il numero di imprese individuali che hanno come titolare un cittadino non comunitario – complessivamente 390.511, pari al 12,8% del totale – è in contrazione. Di circa 3 mila unità, -0,8% rispetto al 2021.