Ci avviciniamo al 6 ottobre giorno in cui si terrà il nuovo sciopero per il clima, organizzato dai Fridays For Future, intitolato “Contro la crisi che avanza, costruiamo insieme una nuova Resistenza Climatica”. Per questo abbiamo deciso di intervistare Luca Boccoli, ex attivista dei Fridays For Future, co–portavoce e fondatore dei Giovani Europeisti Verdi (GEV).
Lei ovviamente parteciperà allo sciopero come leader politico di una forza ambientalista. Quanto è importante questo nuovo sciopero, anche in Italia, visto il continuo peggiorare della situazione?
Mi permetto di fare una piccola premessa. Non mi piace definirmi leader. Perchè il concetto di leaderismo ha portato la politica ad essere un qualcosa di individualista e verticistico in cui la collettività viene messa in secondo piano. Sono semplicemente un portavoce delle istanze che, come giovani verdi, portiamo avanti nelle nostre lotte. Questo sciopero è fondamentale in quanto ogni giorno che passa è un giorno perso per il contrasto alla crisi climatica. Il nostro paese ancora non si è dotato di una legge sul clima. È infatti ancora in vigore il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) del 2020. Questo piano non è in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea stabiliti nel “European Climate Law” del 2021, che prevede la neutralità climatica entro il 2050 e una riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030.
Come giudica l’operato politico del governo italiano sul lato ambiente?
Vergognoso. Sta facendo di tutto per bloccare la conversione ecologica di cui abbiamo bisogno. Come detto in precedenza non ha ancora adottato una legge climatica, e inoltre a luglio ha depotenziato il PNRR di 16 miliardi di euro, per la precisione 15 miliardi e 890 milioni, destinati in larga parte alla prevenzione e all’adattamento climatico. Tra le voci tagliate risultano interventi di resilienza e valorizzazione del territorio, di efficienza energetica dei comuni (6 miliardi di euro), di promozione di impianti innovativi (incluso offshore) per 675 milioni di euro, di misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico (1 miliardo e 287 milioni di euro). Il governo ha detto che queste misure verranno rifinanziate successivamente con altri fondi al di fuori del PNRR, ma di quali fondi parlano non si sa. Inoltre bisogna anche dire che continuano a sostenere l’industria del fossile. In Italia secondo i dati del ministero dell’Ambiente i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) ammontano a 22.4 miliardi di euro l’anno. Tutto ciò è semplicemente inaccettabile, se vogliamo agire ora contro la crisi climatica.
Parlando della forza politica che rappresenta, come nasce, e quali sono i suoi principali obbiettivi? Quali battaglie state portando avanti attualmente?
I Giovani Europeisti Verdi nascono nel 2019 a Crevalcore, in provincia di Bologna. All’epoca facevo parte dei Fridays for Future, e avevo capito che fino a quando avremmo delegato le nostre richieste alla classe politica attuale, nulla sarebbe cambiato. Allora ho pensato fosse necessario mettersi in gioco in prima persona. Così dopo un campo dei giovani verdi a livello europeo, grazie ad Alessandro Monaco, sono entrato in contatto con Beatrice Rosica, con la quale poi abbiamo organizzato questo primo evento aggregando ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia. I nostri principali obbiettivi sono fare da ponte tra le istituzioni e i movimenti di piazza. Far capire che l’attivismo e la politica non sono due mondi diversi. Ma devono dialogare, contaminarsi a vicenda. Inoltre dobbiamo mettere fine alle rockstar della politica, perché è un servizio che si fa alla comunità a cui si appartiene, così come l’attivismo. Bisogna dire basta alla politica fatta da personalismi e individualismi. Per quanto riguarda le battaglie, una che stiamo portando avanti attualmente è quella sul diritto all’abitare.
Nell’estate appena passata, come non mai, abbiamo assistito a molteplici posizioni negazioniste della crisi climatica. Per combattere il negazionismo, quanto sarebbe importante, anche secondo lei, il riconoscimento dell’Ecocidio come quinto crimine internazionale dai tempi di Norimberga?
Importantissimo. Come Alleanza Verdi e Sinistra lo scorso mese abbiamo depositato una legge per far riconoscere il reato di ecocidio. Su questo c’è un movimento internazionale bellissimo. Si chiama “stop ecocide”, con cui tra l’altro abbiamo collaborato per scrivere la proposta di legge. Tuttavia la singola legge non basta, poiché dovremmo attuare una rivoluzione culturale incominciando da noi stessi. Bisogna far capire alla gente che la crisi climatica esiste, perchè a dirlo è la scienza.
Passando a lei. Ha annunciato la volontà di candidarsi alle prossime elezioni europee in una lista con Europa Verde. Quali sarebbero le sue battaglie più importanti che lancerebbe durante la campagna elettorale?
Il prossimo parlamento europeo dovrà affrontare grandi sfide contemporanee, cominciando dalla lotta contro i nazionalismi che si stanno riaffacciando. C’è bisogno di adottare una carta costituzionale europea per creare un sistema federalista. L’unione monetaria esiste ma la grande assente è la politica fiscale comune. Le battaglie che vorrei portare avanti sono sicuramente quelle ambientali, per un’Europa davvero sostenibile e neutrale dal punto di vista climatico, perché non basta diminuire le emissioni all’interno dei confini europei, se poi le nostre aziende continuano a inquinare producendo in paesi come la Cina o l’India. Tratterei anche la questione migratoria, che deve essere affrontata con serietà non alzando muri, ma accogliendo chi scappa da situazioni di fame, guerre e povertà. Tuttavia per far ciò bisogna riformare i trattati di Dublino e dare la possibilità alle persone di venire in Europa, per vivere una vita dignitosa, aprendo canali regolari. Non possiamo più permettere che la gente muoia in mare. Solo negli ultimi 10 anni le persone che hanno perso la vita sono state 28 mila. Essendo giovane ho molto a cuore la questione lavorativa specie quella giovanile, perché i giovani dell’area mediterranea faticano a trovare lavoro e emigrano. Quindi c’è bisogno di mettere in campo delle misure in grado di abbattere la disoccupazione giovanile. In ultima analisi, l’allargamento dell’Unione Europea ai balcani. Non possiamo più attendere. Ci sono una serie di paesi tra cui ad esempio Serbia, Bosnia, Albania che devono entrare. Lasciarli a loro stessi significa consegnarli nelle mani di dittature come quella russa o cinese. E’ impensabile.