Riceviamo e pubblichiamo da un gruppo di associazioni di Rimini.
“Rimini ricorda Lampedusa.
A dieci anni dalla tragedia del 3 ottobre 2013, in cui hanno trovato la morte 368 persone al largo dell’isola di Lampedusa, Rimini si ferma per ricordare quei tragici fatti.
Martedì 3 ottobre, alle 19 in via IV novembre si svolgerà la manifestazione “Rimini ricorda Lampedusa”, con il patrocinio del Comitato 3 ottobre e la collaborazione del Comune di Rimini.
Accanto alla preziosa testimonianza di alcuni ragazzi provenienti dall’Eritrea, Pierpaolo Paolizzi leggerà alcuni testi poetici composti in memoria delle vittime e ci sarà una cerimonia commemorativa.
La giornata è promossa, in collaborazione con il Comune di Rimini e con il patrocinio del Comitato 3 Ottobre, dal coordinamento delle Associazioni che dal maggio 2019 portano avanti, a cadenza periodica, il flashmob MioFratelloMuoreInMare per sensibilizzare la società civile sul fenomeno delle morti dovute ai confini europei (Acli, Agesci, Agecs, Anpi, provinciale, Anolf, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazione Itaca, Avvocato di strada, Caritas diocesana, Campo Lavoro Missionario, Cngei, Circolo Libertà e Giustizia, Coordinamento Democrazia Costituzionale, Cgil, Libera, Associazione Linea d’Ombra di Trieste, Masci, Manifesto contro l’ignoranza, Mediterranea Saving Humans, Movimento dei Focolari, Pacha Mama Commercio Equo e Solidale, Vite in Transito).
Oltre a tale momento commemorativo sono previsti anche momenti di condivisione e formazione, due concerti con testimonianze al Cinema Teatro Tiberio, venerdì 6 e sabato 7 ottobre, e l’incontro con il fotoreporter Francesco Malavolta, il primo ad arrivare a Lampedusa in quel 3 ottobre del 2013 e molto attivo sui confini europei, incontro dal titolo Scatti al Confine, che sarà domenica 8 ottobre alle 17 alla Cineteca Comunale.
Almeno 900 persone durante quest’estate hanno trovato la morte in mare o lungo i confini europei, nella generale indifferenza e noncuranza.
«E se fra loro si trovasse proprio il futuro inventore della cura contro il cancro? e se la stessa sorte fosse toccata ai tanti ragazzi che lavorano nelle cucine dei nostri ristoranti e nei nostri campi, ai bambini che sono riusciti a nascere sulla riva giusta del nostro mare.. ai quali siamo affezionati come colleghi, amici, talvolta fratelli o nipoti»?
Questo sentimento muove le numerose persone che portano avanti, con cadenza mensile, il flashmob MioFratelloMuoreInMare, giunto ormai alla sua 80esima edizione. e che, in occasione della decima Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, desiderano unirsi alla celebrazione, istituita dalla Repubblica italiana, del 3 ottobre come “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, al fine di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria” (Legge 45/2016)
La giornata del 3 ottobre è stata scelta in memoria del tragico naufragio avvenuto a Lampedusa quando, nella notte del 3 ottobre 2013, a 800 metri dall’Isola dei Conigli, un barcone con 518 persone a bordo inizia ad imbarcare acqua e qualcuno dell’equipaggio, per attirare l’attenzione a terra – dove tutto tace – dà fuoco a un telo, si sparge il terrore fra i passeggeri e la barca si rovescia… perdono la vita 368 persone per lo più eritree; nessuno dei 155 sopravvissuti al naufragio vive attualmente in Italia.
Da quel 3 ottobre ad oggi, secondo i dati dell’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, oltre 24.000 rifugiati e migranti sono morti o risultano dispersi nel mar Mediterraneo, 2500 in questo ultimo anno.
Spiegano gli organizzatori: «Siamo certi che alcune strade percorse in questi anni ledono l’umanità e i diritti universali dell’uomo e diciamo a gran voce che il nostro Paese può fare di meglio! Può applicare la sua creatività e il suo pensiero divergente, che già tante volte in passato lo ha reso un Paese all’avanguardia e capace di cambiamento. Non possiamo non pensare allo sguardo acuto del pedagogista Andrea Canevaro, già cittadino onorario di Rimini, che immaginava un ponte fra la Sicilia e il Nord-Africa ed auspicava un forte intervento di educatori, pedagogisti e psicologi nella ideazione e impostazione del sistema di accoglienza ed integrazione.
Come ci dicono anche le esperienze cittadine, una prima accoglienza effettivamente accogliente può fare la differenza, uno sguardo che tutela e talvolta restituisce dignità può contribuire a sanare le ferite e a rendere la nostra società più giusta e umana. Forse occorre innanzitutto mettere da parte la paura, come è avvenuto in gran parte nella recente esperienza di accoglienza dei profughi ucraini, dove abbiamo visto allargarsi le potenzialità, legislative e personali».