E’ stato depositato ieri presso il Tribunale ordinario di Milano il ricorso contro la bocciatura, da parte della maggioranza di centrodestra in Consiglio Regionale, della proposta di Referendum sulla sanità lombarda.
“Valutate le particolarità della vicenda, abbiamo deciso di presentare ricorso al Tribunale ordinario e non al TAR, poiché il rigetto dell’ammissibilità dei quesiti referendari investe diversi profili. Non si tratta infatti di una questione puramente amministrativa: la scelta fatta dalla maggioranza in Regione ha leso, di fatto, un diritto democratico, promosso e tutelato dalla Costituzione e cioè il diritto all’esercizio dello strumento referendario”, come spiegano i rappresentanti del Comitato Promotore Referendum Sanità Lombarda Marco Caldiroli – Medicina Democratica, Federica Trapletti – CGIL, Vittorio Agnoletto – Osservatorio Salute, Massimo Cortesi – ARCI, Andrea Villa – Acli:
“La Regione Lombardia – prosegue il Comitato – non ha rispettato la stessa legge regionale sui referendum, nel momento in cui non ha previsto un confronto tra l’Ufficio di Presidenza e i Promotori dei Referendum, prima di ogni deliberazione a riguardo. La mancata attuazione di adempimenti che la stessa Regione doveva attuare ha reso possibile la bocciatura politica dei quesiti proposti”.
I principali rilievi del ricorso al Tribunale ordinario riguardano i seguenti tre punti:
1) il diniego, prima di qualunque decisione, del confronto tra il Comitato Promotore Referendum e l’Ufficio di Presidenza, per la valutazione di eventuali criticità nei quesiti, come previsto dalla legge regionale sui referendum n. 34 del 1983;
2) l’impossibilità di rispettare pienamente uno dei criteri di ammissibilità, abrogazione di commi interi e non parziali, in quanto – data la modalità di scrittura della legge sanitaria (per cui si pone anche una questione di legittimità costituzionale della Legge regionale su referendum) – vi era l’impossibilità di rispettare contestualmente il criterio della chiarezza, univocità e compatibilità degli effetti sulla normativa, risultante dalla abrogazione;
3) la mancata nomina della prescritta Commissione Garante dello Statuto, un ulteriore vulnus alla democrazia, in quanto sull’ammissibilità del referendum abrogativo «decide la Commissione garante dello Statuto» (art. 50, co. 3, dello Statuto della Regione, ossia un «organo regionale autonomo e indipendente di valutazione della conformità dell’attività regionale allo Statuto (così l’art. 59, co. 1, dello Statuto della Regione). Ma questo organo, fondamentale presidio a garanzia dei diritti dei cittadini/e rispetto alle istituzioni regionali, qualunque sia la maggioranza di governo, non è mai stato istituito.
Nel ringraziare gli avvocati che hanno redatto il testo del ricorso, i prof. avv. Vittorio Angiolini, prof. avv. Alberto Fossati, e l’avv. Francesco Trebeschi, il Comitato, con il sostegno delle associazioni, dei comitati e dei gruppi politici, annuncia il proseguimento della mobilitazione per il diritto alla salute e un servizio sanitario efficiente, di cui la manifestazione del 21 ottobre è stata tappa fondamentale.