Fra qualche giorno, nel prossimo fine settimana del 7 e 8 ottobre, torna l’evento nazionale “Urban Nature: la festa della Natura in città”, promosso dal WWF. L’iniziativa, giunta alla sua VII edizione, si pone l’obiettivo di diffondere il valore e la cura della natura in città per il benessere delle persone, rinnovando il modo di pensare e pianificare gli spazi urbani, e favorendo azioni virtuose da parte di amministratori, comunità, cittadini, imprese, università e scuole per proteggere e incrementare la biodiversità nei sistemi urbani.
Le aree verdi urbane rappresentano una risorsa fondamentale per la sostenibilità e la qualità della vita in città. Eppure, come sottolinea il WWF nel Report “Persone, Città e Natura. Rinnovare l’ambiente e migliorare la nostra salute”, spesso la natura urbana viene intesa come decoro o “vuoto” urbano da riempire con costruzioni e non già come una vera e propria “infrastruttura” strategica per comunità e territori sani e resilienti.
“La natura all’interno e intorno alle città, si legge nella premessa del Report, può effettivamente aiutare a renderle più sane: oltre un terzo delle morti premature da caldo estremo potrebbe essere evitato con più natura in città (per esempio, con un aumento del 30% della copertura arborea); più sicure: le piante in città mitigano gli effetti degli estremi meteorologici, rallentando ad esempio il deflusso delle acque piovane, migliorando l’infiltrazione, rimuovendo gli inquinanti e attenuando l’effetto “isola di calore”; più piacevoli: le aree verdi forniscono spazio per attività ricreative e luoghi per eventi sociali e culturali; più attraenti: la biodiversità fornisce esperienze immersive per gli abitanti delle città e dei paesi periurbani, creando paesaggi diversi e mantenendo tradizioni culturali; più ricche: la natura in città offre opportunità per la produzione di alimenti, genera servizi ecosistemici economicamente preziosi e contribuisce a renderle turisticamente attrattive; più stimolanti: la biodiversità urbana stimola le facoltà cognitive nei giovani e nei bambini.
Uno degli obiettivi (11.7) dell’ONU per lo sviluppo sostenibile (SGDs) è proprio legato a rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili, consentendo l’accesso universale a spazi verdi pubblici, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili. Per raggiungere tutti questi obiettivi e rendere le nostre città più vivibili serve ridare spazio alla natura, che significa alla fine proteggere le persone e il loro ambiente, creare condizioni di sicurezza e salute pubblica e quindi anche, proprio per questo, generare progresso economico, culturale e sociale”.
In Italia il 70% della popolazione vive nelle città, le cui temperature sono aumentate negli ultimi trent’anni e continuano ad aumentare; aumenta il rischio di ondate di calore e di inondazioni urbane, incrementate anche a causa del livello di artificializzazione del territorio, che ha sostituito le superfici naturali con nuove infrastrutture, determinando la perdita spesso irreversibile non solo di aree naturali selvatiche, ma anche di aree agricole, con seri rischi per la sicurezza alimentare. Nel nostro Paese l’espansione urbana, che dal dopoguerra continua ancora oggi, ha portato a percentuali di aree costruite molto elevate, riducendo di conseguenza la presenza delle aree verdi.
Cresce più il cemento della popolazione: nel 2019 sono nati 420mila bambini e il suolo “sigillato” è avanzato di 57 milioni di m2 , al ritmo di 2 m2 al secondo. È come se ogni nuovo nato in Italia ricevesse in dote ben 135 m2 di cemento. Dagli anni Cinquanta al 2021 le superfici artificiali sono più che raddoppiate (arrivando al 7%, quando la media UE è del 4%23) a fronte di un aumento della popolazione di appena il 28%. Con le aree verdi che perdiamo vengono meno servizi importanti, come lo stoccaggio di migliaia di tonnellate di carbonio o l’infiltrazione di milioni di m3 di acqua di pioggia che, scorrendo in superficie, non va più a ricaricare le falde, mettendo a rischio la sicurezza dei nostri territori e aumentando il rischio delle alluvioni. Questa crescita delle superfici artificiali è stata solo in parte compensata dal ripristino di aree naturali, che sono passate soprattutto da suolo consumato a suolo non consumato, di solito attraverso il recupero di cantieri, senza però nessuna attività di riqualificazione verde. Un segnale positivo, ma ancora del tutto insufficiente, per raggiungere l’obiettivo europeo di consumo netto zero entro il 2050.
L’OMS raccomanda la presenza di uno spazio verde di almeno 0,5 ettari (pari a un rettangolo di 100 x 50 m) a una distanza massima di 300 m da ogni abitazione, con minimo 9 m 2 di spazio verde aperto a persona. Purtroppo, meno della metà della popolazione urbana europea vive in queste condizioni: il 62% risiede in aree con meno spazio verde di quello raccomandato e meno della metà vive entro i 300 m da uno spazio verde pubblico. In Italia, ogni abitante dispone in media di ben 32,5 m 2 di verde urbano, con circa 17 alberi ogni 100 abitanti nei Comuni capoluogo di provincia, ma la situazione è meno buona nelle metropoli dove i valori vanno dai circa 25 m2 di verde pro capite di Firenze ai 9 di Bari (24 di Torino, 22 di Bologna, 18 di Milano, 17 di Roma, 13 di Napoli, 12 di Palermo). La percentuale di verde pubblico sulla superficie comunale resta in generale bassa, con valori inferiori al 4% di verde pubblico in circa 7 Comuni su 10. Inoltre, secondo la Commissione Europea, nel nostro Paese oltre il 20% della popolazione non ha accesso alle aree verdi.
Eppure, come si sottolinea nel Report, “l’aumento del verde complessivo potrebbe evitare fino a quasi 43.000 morti all’anno nelle città europee. Maggiori spazi verdi pubblici e più accessibili sono dunque necessari per garantire “un’adeguata dose di natura” in città a tutti, in modo da soddisfare anche le esigenze di gruppi sociali vulnerabili e svantaggiati.