Nei miei primi anni da attivista ambientale e volontariato nelle comunità indigene e contadine mi sono tenuto lontano da persone che irrispettosamente chiamavo “tecnologi ambientali”, indicando con questo appellativo diversi professionisti formatisi in diverse discipline per fornire servizi ambientali il cui obiettivo finale sembrava essere solo quello di permettere ai loro committenti di soddisfare i requisiti di conformità che l’autorità pubblica richiedeva loro per la realizzazione di progetti ed evitare così la paralisi delle opere per mancanza di certificazione ambientale.
Temevo che i fornitori o consulenti di servizi ambientali cercassero di compiacere il cliente anche a discapito di Madre Natura e di tutte le sue espressioni di vita, tradendo così lo scopo primario della loro professione. In realtà, che si tratti di aziende pubbliche o private, l’interesse del contraente è garantire che le operazioni non si interrompano e, ovviamente, ottenere il massimo profitto (politico o economico) sui relativi investimenti finanziari. Si parla di conflitto di interessi o, al contrario, l’interesse è chiaramente stabilito fin dall’inizio?
Qualche tempo dopo e pur con una diffidenza che credevo ragionevole, mi sono avvicinato a questo mondo che tanto criticavo per vivere dall’interno il processo di pianificazione, organizzazione, esecuzione e monitoraggio dei diversi servizi di consulenza ambientale e, con ciò, essere in grado di esprimere la mia opinione in base a cosa potrebbe cambiare dal punto di vista del fornitore di detti servizi. All’inizio degli anni 90 la mia amica Nivia Teresa mi ha introdotto nell’ambito della legislazione ambientale internazionale, mentre il nostro amico Oscar Elieser ha fatto lo stesso in ambito più tecnico all’inizio degli anni 2000.
Il problema è la norma, non i professionisti dell’ambiente
Ho dovuto correggere i pregiudizi che portavo avanti da anni rispetto al mondo della consulenza ambientale. Ho assistito alle discussioni fatte con alcuni clienti che non accettavano variazioni sostanziali nei loro progetti di costruzione, nei casi in cui la raccomandazione dei professionisti ambientali si basava su misure volte ad evitare, neutralizzare, mitigare e, come ultima opzione, compensare i possibili impatti ambientali che sono stati identificati e analizzati approfonditamente in questi studi predittivi.
Ho assistito a momenti in cui la raccomandazione data al cliente era quella di sospendere i lavori o di non realizzare il proprio progetto di investimento, quando la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) evidenziava l’incompatibilità delle sue pretese economiche con l’ambiente naturale e sociale. Ho capito che esistono professionisti ambientali impegnati nel rispetto e nell’armonia delle condizioni di vita nel pianeta.
Generalmente le VIA vengono effettuate su un progetto di opera già definito, debitamente progettato ed approvato dagli investitori, la cui documentazione è spesso in regola e, nella maggior parte dei casi, i terreni su cui verranno realizzate le opere civili e le modifiche di rilievo sono già disponibili e anche precondizionati. Ciò significa che i professionisti ambientali hanno pochissimo margine di manovra per influenzare le variazioni necessarie che garantiscano un maggiore rispetto della natura, della società e della cultura del territorio. Le VIA, come abbiamo detto, sono analisi preventive o predittive, ma cosa accadrebbe se le facessimo con ancora più anticipo?
Il buon senso impone di anticipare ancora di più le analisi
La dottrina e il buon senso suggeriscono che sul progetto preliminare venga effettuata un’analisi di sensibilità ambientale, molto prima che diventi un impegno di esecuzione. Deve essere fatto con sufficiente anticipo rispetto alla presentazione della proposta di attuazione all’ente che la finanzierà. Lo sanno i professionisti dell’ambiente, ma non i loro clienti, che hanno una certa fretta di ottenere l’approvazione dell’autorità pubblica ambientale. Tuttavia, la legislazione di molti Paesi non prevede questa estesa anticipazione, ma l’applicazione della VIA sui progetti già formulati (praticamente inalterabili).
È così importante andare più indietro in questo tipo di ambito o linea di tempo precedente, applicando la VIA a progetti di legge e ad altre norme legali prima che siano approvate dal parlamento e promulgate dal potere pubblico corrispondente in ciascun Paese. Con mia sorpresa, i professionisti con cui ho collaborato lo avevano già fatto nel 2005 nel caso di un’importante norma giuridica di portata comunale riferita alla pianificazione urbanistica, ciò che mi ha dato lo spunto per parlarne in molti scenari.
Cosa dice Papa Francesco sulle Valutazioni di Impatto Ambientale?
A cinque anni dalla fine del mio breve periodo nella consulenza ambientale, sono stato invitato a fare il relatore in occasione del primo anniversario dell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco (pubblicata originalmente nel 2015), nel quale contesto ho parlato dell’importanza di riconfigurare “la portata precedente” nell’elaborazione di queste analisi predittive a favore dell’ambiente, nonché la rilevanza del motivo per cui il Papa, che oltre ad essere un leader religioso è anche un capo di Stato, ha avuto una posizione chiara riguardo alla portata della Valutazione di Impatto Ambientale. A queste analisi ambientali predittive si riferiscono le note 35, 140, 167 e dalla 182 alla 187 di questa interessante Enciclica.
Le note 182 e 183 parlano dell’ambiguità e della mancanza di indipendenza che ancora vediamo nella pratica delle VIA, a causa del conflitto di interessi tra i fornitori/consulenti di servizi ambientali e i clienti che li assumono, che sono, come abbiamo detto all’inizio, quelli che pagano per questi servizi. La nota 183 allude anche all’importanza di non aspettare che un progetto sia completamente concepito per effettuare successivamente la corrispondente VIA; quindi, il suggerimento indica che gli impatti dell’idea “del progetto produttivo, la politica o il programma” dovrebbero analizzarsi prima della conclusione degli accordi di attuazione.
Qui è evidente che Francesco suggerisce di applicare una VIA alla politica pubblica o ai programmi governativi, qualcosa di altamente innovativo e che sta iniziando a diffondersi solo nel terzo decennio del 21° secolo, anche se alcuni professionisti e attivisti l’hanno applicato e suggerito fin dall’inizio del secolo. Da questa rivoluzionaria innovazione dipenderanno in gran parte la pace politica, l’esercizio della sensibilità sociale e il rispetto ambientale che tutte le nostre società e tutti gli esseri viventi richiedono, nessuno escluso. Parliamo di strumenti tecnici e politici che danno una maggiore sostenibilità al nostro modo di vivere e che permettono, appunto, di tutelare le condizioni di vita ovunque. Speriamo che sia così.