Condividiamo e a maggior ragione pubblichiamo il comunicato di Magistratura Democratica che ha ritenuto di dover far sentire il proprio sostegno e la piena solidarietà a Iolanda Apostolico, contro la campagna politico-mediatica di questi giorni orchestrata a danno dell’immagine della giudice della Sezione Specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania : “La vera imparzialità è equidistanza dalle parti in carne ed ossa del caso concreto, non è, invece, lontananza dalla realtà, indifferenza ai valori e dai principi della Costituzione e delle Convenzioni internazionali”
I decreti di non convalida del trattenimento di tre migranti tunisini nel centro per richiedenti asilo di Pozzallo, come ogni provvedimento giudiziario, rappresentano il frutto di un’operazione tecnica e non ideologica di interpretazione delle norme di legge alla luce dei principi della Costituzione italiana e del dovere del giudice di valutare la conformità delle leggi nazionali al diritto dell’Unione Europea dotato di immediata ed obbligatoria efficacia. Attribuire quegli atti a una presunta intenzione politica della giudice, descrivendoli come il frutto di convinzioni personali vissute nella famiglia e nella libera partecipazione alla vita civile del Paese, costituisce un pericoloso scivolamento verso una grammatica estranea alla Costituzione.
Il principio costituzionale di soggezione dei magistrati soltanto alla legge impone loro di adottare i provvedimenti soltanto sulla base dell’interpretazione delle norme, senza cedere a opinioni dominanti o interessi nazionali in qualunque modo declinati. Sul terreno dell’interpretazione le decisioni giudiziarie possono (devono) essere criticate e possono essere impugnate. Il terreno della maggiore o minore distanza dalla volontà della maggioranza politica del momento, viceversa, non costituisce metro di giudizio del lavoro del giudice in democrazia.
L’indipendenza dei magistrati è costruita appositamente per far in modo che essi possano tutelare i diritti delle persone anche dall’azione dei poteri pubblici, che non è assistita da presunzione di legittimità per definizione, neanche quando è sostenuta dalla forza e dal consenso. L’ordine giudiziario è chiamato a emettere decisioni che possono risultare sgradite alle maggioranze, ai poteri, ai governi. Le uniche credenziali che i magistrati devono esibire a sostegno dei loro provvedimenti sono i diritti e le leggi, esaminati con profondità e meticolosità scientifica. Giovanni Conso ci ha ricordato più volte la definizione che dell’atteggiamento scientifico ha dato John Dewey: “Nel suo lato negativo, è libertà dal dominio dell’abitudine, del pregiudizio, del dogma, della tradizione acriticamente accettata, del mero egoismo; positivamente, è volontà di ricercare, esaminare, decidere, trarre conclusioni solo sulla base delle prove e solo dopo essersi data la pena di procurarsi tutte le prove disponibili”. Sono frasi che scolpiscono il lavoro del giudice indipendente in una democrazia matura.
È questo incessante lavoro di sottrazione ai condizionamenti e di approfondita conoscenza della realtà che offre la vera misura dell’imparzialità del magistrato. L’appassionata partecipazione alla conoscenza e alla critica del mondo, l’impegno civile nella vita del Paese non rendono il magistrato meno imparziale: semmai, lo rendono meno misero e non lo espongono al rischio di cadere vittima del potere e del sapere della parte processualmente più forte. Crediamo non ci sia cittadino, di destra o di sinistra, a volere un giudice sulle nuvole, debole e ignaro. La vera imparzialità è equidistanza dalle parti in carne ed ossa del caso concreto, non è, invece, lontananza dalla realtà, indifferenza ai valori e dai principi della Costituzione e delle Convenzioni internazionali.
Pensare, con riferimento alla vicenda di Iolanda Apostolico, che la partecipazione, cinque anni orsono, a una manifestazione a tutela dei diritti fondamentali della persona getti una luce di sospetto politico sui provvedimenti significa trascurare che i giudici italiani sono tenuti a rendere trasparenti i loro convincimenti attraverso la motivazione. Nel nostro Paese, un giudice non può limitarsi a un verdetto, a un sì o un no, a un annullamento o a una convalida. Deve spiegare le ragioni di quel sì e di quel no, deve dimostrare che la decisione è l’esito di un percorso argomentativo, logico, razionale, attendibile. La motivazione rende ogni giudice, nel momento in cui mette nero su bianco la sua scelta, un palazzo di cristallo dal quale devono essere sgombrate quelle convinzioni soggettive che sono proprie di tutti gli esseri umani, dei magistrati che si impegnano pubblicamente come di quelli che tale impegno legittimamente rifiutano. La motivazione è garanzia della trasparenza del processo decisionale, dell’imparzialità del giudice, della sua sottrazione a condizionamenti che non siano quelli del ragionamento giuridico.
Per tutto questo crediamo che la difesa di Iolanda Apostolico, vittima di un uso spericolato di ingerenze nella sua vita privata, sia difesa dell’intera indipendenza di tutta la magistratura. Difesa, dunque, della democrazia.