Storicamente in occidente, ogni certo numero di anni il potere impazzisce e comincia a fare guai, in patria e fuori. La follia di solito non accade all’improvviso, ma se si guarda a ritroso viene disseminata di indizi, lasciati in ogni dove, specie nella struttura della società e nelle azioni quotidiane di come quel potere appunto, amministra la propria influenza. Ponendo uno sguardo alla contemporaneità, sento il dovere come uomo e padre ma soprattutto come osservatore consapevole dei fatti, di segnalare una deriva oggi, nel potere occidentale, paragonabile a quelle che nel corso della storia passata hanno segnato immani tragedie umane.
È a partire dal 2020, anno del Covid, che il potere in occidente si è fatto sfacciato, duro, irresponsabile, acrimonioso e superbo. Lo ha fatto in un modo che nessuno si aspettava, velocemente, senza attendere repliche. C’è un indizio che, secondo me, va tenuto presente come campanello di allarme sulla decadenza delle democrazie e del potere ad esse collegato, ed è l’assenza del dibattito interno. Perché è ovvio, quando si vuole perseguire velocemente un obbiettivo, specie nelle democrazie che nel dibattitto hanno il loro modo di esistere, meglio tagliare corto, presentare la decisione come già discussa, sbatterla sul tavolo e dire; “così è stato deciso, accontentatevi.” Al vasto stuolo di scribacchini e giornalisti l’arduo compito di rendere la decisione appetibile al grande pubblico.
All’assenza del dibattito, dunque, è intrinseco il depauperamento di principi etici inviolabili che costituiscono l’identità di una società (nel nostro caso quella occidentale) che vengono velocemente sostituiti con altri principi che fino a poco prima si credevano inaccettabili. Si verifica così lo sdoganamento di comportamenti che prima si credevano impossibili da attualizzare. È inevitabile che questo modus operandi: mancanza del dibattito, sdoganamento di principi etici inviolabili, andrà ad incidere sui diritti singoli e collettivi e infine alla percezione di quel che è la giustizia per una società. Non è esagerato dire in questa sede, che si sta rimodulando dal suo interno una società intera. Il cambiamento è inevitabile in quanto, dalla formazione di principi etici inviolabili e dal dibattito ponderato si forma il diritto e da esso scaturisce la giustizia sia come concezione che come applicazione. Esautorato il primo, rimodula, cambia, addirittura si elimina la concezione e l’applicazione di tutti gli altri step che fanno la Democrazia.
Proviamo adesso a passare in rassegna, dal 2020 in poi, questi indizi che per me sono dei veri e propri campanelli di allarme che non vanno affatto trascurati.
Durante il triennio Covid, ad esempio, sono stati passati frettolosamente in rassegna un po’ tutti i principi etici inviolabili, diventati dopo, violabili. Un banco di prova generale attuato in fretta e furia con il beneplacito di tutte le istituzioni.
Il diritto di cura universale, il diritto al lavoro, di circolazione, di riunione, manifestazione, il diritto allo studio, il diritto alla privacy, il principio etico di scegliersi le cure, il principio etico di non sottoporsi ad un trattamento sanitario obbligatorio, il principio di non discriminazione, il principio di non interferenza dello stato nel nucleo famigliare (considerato sacra prima di allora); e ancora; la libertà di parola, di pensiero, la dignità dello stipendio, il concetto di giustizia stesso nella società, (se lo stato può comportarsi così perché non deve farlo il singolo?) a causa di tutte queste mancanze da parte delle istituzioni, sono andate compromesse. Sono entrate come d’incanto in una nebulosa di cui nessuno riesce più a definirne la reale consistenza e appartenenza. È il senso di appartenenza a dei valori condivisi che tutti temono stia crollando. Ed è vera questa sensazione. Perché passata la china, nell’opinione pubblica occidentale, è rimasta la reale sensazione che la perdita di tutti quei principi etici non è stato poi così temporaneo, come gli veniva raccontato. Un po’ come la fine delle regole di un gioco collettivo, adesso si teme che valga tutto, anche il calcio nelle parti basse.
Accade quindi che scoppia la guerra in Ucraina e l’opinione pubblica Occidentale si sveglia dall’incanto del covid, sentendo i propri leader giustificare la fornitura di armi come una mossa diplomatica di alto livello strategico. Fare del male per ottenere del bene. Una nuova concezione di pace.
Ed i sospetti scaturiti dagli indizi lasciati dalla gestione covid, adesso si fanno più preoccupanti.
Nemmeno si fa in tempo ad interiorizzare queste spiacevoli sorprese, che ci si risveglia un mattino, dopo cinque risoluzioni dell’ONU, con il riaccendersi della polveriera in Palestina. L’opinione pubblica subisce un altro duro colpo e un altro ennesimo sdoganamento. Si può bombardare e ridurre alla fame un’intera popolazione se al suo interno c’è il sospetto dell’esistenza di nuclei terroristici. Un po’ come dire bombardiamo Palermo perché ci sono i mafiosi. L’unica cosa che ha da dire la comunità Internazionale, quella che fa della Democrazia il proprio fiore all’occhiello è; “Fate Piano.”
Se durante il Covid potevano sembrare solo degli indizi a quella parte della società più sorniona, per la guerra in Ucraina abbiamo avuto una prova e adesso con la Palestina abbiamo il colpevole.
Il colpevole è l’Occidente con la sua classe dirigente mediocre e incapace di fronteggiare le sfide che gli si presentano. E’ di nuovo allo sbando, perso, odiato, arrabbiato e impazzito. E storicamente, quando l’occidente si trova in questa situazione, è stato solo capace di commettere inenarrabili atrocità.
Questi sono i brutti indizi dei nostri tempi.