Ci sono troppi bambini che “rifiutano il cibo a priori” (il 35% dei casi), mentre hanno “paura di assaggiare nuovi piatti” il 31%; solo il 14% sembra “mangiare con gusto”. Sono alcuni dei risultati dell’8° Rating dei menù scolastici realizzato da Foodinsider e presentato nei giorni scorsi, che fotografa lo stato della mensa e ne traccia l’evoluzione, per scoprire la quantità di scarti, le best practices e i Comuni che migliorano anche grazie all’applicazione dei CAM, i Criteri Ambientali Minimi, la legge che trasforma la mensa in uno strumento di sviluppo del territorio in chiave sostenibile.
Secondo i dati dell’indagine riferita all’anno scolastico 2022/23, continua il trend di miglioramento delle mense scolastiche iniziato nel 2022, dopo la fine del Covid: migliora un Comune su tre. Il risultato è spesso riscontrabile in menù più equilibrati, a minore impatto ambientarle, più variati, con i legumi che aumentano e diventano un secondo piatto in un terzo dei menù analizzati, più prodotti locali e di origine biologica e sempre meno stoviglie usa e getta a favore dei piatti lavabili. I cibi processati, (prosciutto, tonno in scatola, bastoncini di pesce, formaggio spalmabile e budini) invece, crescono del 6%. “Migliora un menù su tre, ma il gap tra centro-nord e sud è evidente: nel meridione le mense sono poche e la qualità non arriva nella fascia dell’eccellenza. Le migliori mense sono cinque al nord con Cremona, Bergamo, Mantova, Parma e Rimini e cinque al centro con Fano, Jesi, Ancona, Perugia e Sesto Fiorentino. Al sud si distinguono per qualità ed equilibrio i menù pugliesi con Lecce e Brindisi, mentre Bari si distingue soprattutto per l’alta percentuale di prodotti biologici.”
La top ten della classifica non offre sorprese: numero uno rimane Fano, seguito da Cremona e Parma, una triade di Comuni virtuosi che ogni anno sembra fare meglio. Molto vicini per qualità ed equilibrio sono i Comuni di Jesi, Sesto Fiorentino, Rimini, Ancona, Bergamo, Perugia e Mantova. Il sud è ancora distante dalle mense più numerose e virtuose del centro e del nord. Si distingue la Puglia con i menù di Lecce e Brindisi con menù equilibrati e con piatti della tradizione gastronomica locale e Bari che eccelle per le alte percentuali di biologico.
Quest’anno è stato indagato anche il legame dei menù con il territorio, evidenziando come un buon 29% delle mense del campione analizzato sia ben radicato sul territorio da cui si rifornisce con più di 10 prodotti locali a settimana e un 13% che ne acquista almeno 5. E’ interessante anche identificare le mense che esprimono la cultura gastronomico del proprio paese come gli spatzli a Trento e Bolzano, i passatelli a Fano e a Rimini, a Brindisi le orecchiette con le cime di rape, a Lecce ciceri e trie, a Bari la purea di fave. Sull’altro fronte, però, ci sono menù che non hanno nessun radicamento e sono uguali sia a nord che a sud e sono quelli che privilegiano i cibi processati.
I menù continuano a essere in prevalenza “muti” (il 61% del campione analizzato) e a non esplicitare la qualità delle materie prime, mentre i menù “parlanti” sono solo il 39%, e si distinguono perché dichiarano quali sono gli alimenti surgelati, il biologico, i prodotti DOP/IGP, quelli a KM0 e a filiera corta. I menù parlanti ci sono e si possono esprimere con icone come nel caso di Bolzano o con informazioni testuali come per il menù di Mantova, due esempi diversi di come si può essere trasparenti attraverso la tabella dietetica.
Tra le novità di quest’anno ci sono i pediatri e gli psicologi che entrano in campo sulle questioni del mangiare a scuola: a Bolzano si organizzano incontri con i pediatri per sensibilizzare genitori e insegnanti sull’importanza di una corretta educazione alimentare e di un’alimentazione più varia fin dalla prima infanzia; ad Aosta gli psicologi sono stati ingaggiati dal Comune per studiare le dinamiche di relazione durante il consumo del pasto in mensa.
Tre le best practices di cui si parla nel report dell’8° Rating: la mensa scolastica gestita dal comitato genitori di Faedis, che da più di 3O anni si occupa degli acquisti, in prevalenza di biologico, da produttori locali; la mensa del Comune di Fano, che non a caso è conosciuto come la “città dei bambini e delle bambine” e da tre anni è in cima alla classifica. La terza realtà virtuosa si chiama Laore, l’agenzia per lo sviluppo rurale della Sardegna, che da più di 10 anni ha avuto mandato dalla Regione per sviluppare progetti di formazione degli insegnanti, tavoli di lavoro sulla mensa per i Comuni e introducendo un nuovo soggetto a supporto dell’educazione dei bambini: la rete delle fattorie didattiche.
Cosa fare per sostenere il processo di miglioramento delle mense scolastiche?
“Le nuove gare d’appalto– si legge nelle conclusioni del Report– che applicano i CAM rendono i menù più radicati alla cultura e alle produzioni locali, hanno più biologico, meno cibo processato e non hanno plastica. Grazie ai CAM, la buona mensa non è più frutto del lavoro di pochi amministratori visionari, ma è un obbligo di legge che i Comuni devono saper applicare con consapevolezza e competenza: la consapevolezza di chi sa che attraverso la mensa non sta lavorando solo per contribuire alla crescita di bambini sani, ma anche per tutelare la fertilità del suolo, per proteggere l’ambiente, per alimentare la ricchezza dei produttori locali e per promuovere una cultura legata alla tradizione culinaria locale e alla salute.”
Per questo, è necessario e urgente dotarsi di un sistema premiante che permetta di finanziare e quindi sostenere quei Comuni che applicano in maniera estensiva le indicazioni dei CAM: più biologico, massiva presenza di prodotti locali, niente plastica e cibo processato, monitoraggio degli scarti. Oltre al necessario coinvolgimento delle famiglie e all’educazione alimentare di tutti gli attori che ruotano intorno alla mensa, fattori chiave tanto quanto la qualità del cibo e l’equilibrio della dieta.